Urbanistica

Immobiliare, Breglia: denatalità impatterà sul mercato residenziale riducendo i volumi. Puntare sulla qualità

Il presidentre di Scenari: riduzione del 10-20% della popolazione in due terzi delle città nei prossimi 10 anni

di Massimo Frontera

Non bastava lo smart working a imporre un ripensamento, da parte degli operatori del real estate, delle strategie e del prodotto immobiliare su cui puntare per i prossimi anni. Anzi, l'accelerazione dei cambiamenti nell'attività dei lavori che si svolgono in una sede fissa, potrebbe produrre un cambiamento meno duraturo di quello che si annuncia per il mercato immobiliare, un cambiamento più profondo e strutturale che porta con sé conseguenze da misurare sulla quantità e sulla qualità del business: quello della progressiva riduzione della popolazione, a causa della denatalità in atto da tempo in Italia e che la pandemia ha accelerato.

Ad accendere un faro sul fenomeno è Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, che ne parla nell'intervista uscita oggi sull'ultimo numero, uscito oggi, dei "Quaderni dell'Osservatorio" (pubblicazione a cura della Direzione centrale Servizi estimativi e osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle Entrate). «Un paese che invecchia e che non ha giovani, con città in forte declino, comporta la necessità di ripensare tutti i mercati attuali - spiega Breglia intervistato dal direttore della DC Seomi dell'Agenzia delle Entrate, Gianni Guerrieri -; e soprattutto tener conto della prevedibile contrazione dei volumi». «È necessario entrare in una nuova dimensione culturale anche nel settore edilizio/immobiliare - prosegue Breglia -: l'aspetto dimensionale sarà sostituito da quello qualitativo. Faccio l'esempio delle città: entro dieci anni i due terzi delle città italiane subiranno un calo tra il 10 e il 20 per cento della popolazione».

Giusto ieri, l'Istat ha certificato che nel 2020, l'Italia ha toccato il nuovo record negativo delle nascite, con 15mila bambini in meno rispetto all'anno prima (420.084 nati rispetto ai 404.892 nati del 2020). Il calo delle nascite - come appare evidente dalla serie storica - è in atto dal 2008. Il fatto nuovo, sottolinea l'Istat, è che la pandemia ha accelerato il fenomeno. Lo si evince dal fatto che - si parla sempre del 2020 - il calo (-2,5% nei primi 10 mesi dell'anno) si è accentuato a novembre (-8,3% rispetto allo stesso mese del 2019) e dicembre (-10,7%), cioè i «mesi in cui si cominciano a contare le nascite concepite all'inizio dell'ondata epidemica». Nessuna sorpresa che l'andamento sia confermato anche nell'anno in corso, di cui l'Istat fornisce i dati (provvisori) dei primi nove mesi, secondo cui «le minori nascite sono già 12 mila 500, quasi il doppio di quanto osservato nello stesso periodo del 2020».

Natalità e fecondità in Italia (anni 2008, 2010, 2012 e 2014-2020) - Fonte: Istat

«Cosa accadrà agli appartamenti vuoti, ai negozi che chiudono, agli uffici deserti, alle scuole chiuse? - si chede Breglia -: nelle città attrattive si cercheranno case piccole e per brevi periodi, soprattutto in affitto; i centri commerciali probabilmente subiranno una forte contrazione; sarà quasi impossibile edificare il nuovo e la riqualificazione sarà complicata». «È uno scenario carico di incertezze, e con una crescente richiesta di innovazione nei prodotti e nei servizi», conclude il presidente di Scenari.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©