Appalti

Abuso d'ufficio, la Corte promuove la riforma: necessaria per la ripresa defli investimenti

Burocrazia difensiva: freno e fattore d'inefficienza dell'attività della pubblica amministrazione

di Pierluigi Piselli (*) e Stefano de Marinis (**)

La sentenza della Corte Costituzionale n.8, depositata il 18 gennaio scorso, merita considerazione speciale in quanto confermativa della legittimità delle impegnative scelte del legislatore volte a modificare la configurazione del reato di abuso d'ufficio a mezzo dell'articolo 23 del decreto 16 luglio 2020, n. 76, cosiddetto "semplificazioni", convertito senza modifiche sul punto dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, poste in dubbio dal giudice remittente.

La decisione, nell'attestare in modo più che autorevole l'esistenza di un problema espressamente definito come "amministrazione (o burocrazia) difensiva" o "paura della firma", da superare nel l'interesse dell'intero Paese, altresì rileva come la questione si ponga da tempo, ben prima cioè del manifestarsi delle più negative conseguenze legate al diffondersi della pandemia da Covid-19 che, viceversa, può ben rappresentare l'occasione per risolverlo, peraltro condividendo con il legislatore l'analisi delle cause e le scelte effettuate per risolverlo, identificate sul versante della responsabilità, non solo penale ma anche erariale, del pubblico funzionario che agisce.

In tal senso, significativi sono i passaggi dove si legge che ... benché l'esigenza di contrastare la "burocrazia difensiva" e i suoi guasti, agendo sulle cause del fenomeno, fosse già da tempo avvertita, la scelta di porre mano all'intervento è maturata solo a seguito dell'emergenza pandemica da Covid-19, nell'ambito di un eterogeneo provvedimento d'urgenza volto a dare nuovo slancio all'economia nazionale; e che … la norma censurata, si abbina, nell'ambito del l'apposito capo del "decreto semplificazioni" dedicato alle «[r]esponsabilità» (il Capo IV del Titolo II), a disposizioni volte a "tranquillizzare" i pubblici amministratori rispetto all'altro rischio che accompagna il loro operato: vale a dire la responsabilità erariale.

A specifica conferma dell'esistenza di un obiettivo unitario che accomuna l'intervento sull'abuso d'ufficio di cui all'articolo 23 del decreto semplificazioni a quello sulla responsabilità per danno erariale di cui all'articolo 21, rileva altresì il passaggio secondo cui il provvedimento si occupa … delle due principali fonti di "timore" per il pubblico amministratore (e, dunque, dei suoi "atteggiamenti difensivistici"): la responsabilità erariale e la responsabilità penale. Entrambe vengono fatte oggetto di modifiche limitative e all'insegna della maggiore tipizzazione. In tale contesto, anche un altro importante argomento di frequente speso nel dibattito da tempo in corso sul tema risulta peraltro confermato: quello dei negativi effetti che anche solo l'apertura di un procedimento nei confronti del funzionario pubblico, indipendentemente dall'esito, che nella grande maggioranza dei casi a lui favorevole, genera sul funzionamento della macchina amministrativa.

Poco conta - afferma la Corte - l'enorme divario, che pure si è registrato sul piano statistico, tra la mole dei procedimenti ... promossi e l'esiguo numero delle condanne definitive pronunciate in esito ad essi. Il solo rischio, ubiquo e indefinito, del coinvolgimento in un procedimento … , con i costi materiali, umani e sociali (per il ricorrente clamore mediatico) che esso comporta, basta a generare un "effetto di raffreddamento", che induce il funzionario ad imboccare la via per sé più rassicurante. Tutto ciò, peraltro, con significativi riflessi negativi in termini di perdita di efficienza e di rallentamento dell'azione amministrativa, specie nei procedimenti più delicati.

Trattasi di affermazioni senza dubbio significative anche nei toni; la circostanza di essere, a questo punto, condivise nella dialettica istituzionale sviluppatasi tra Governo che le ha adottate e difese, Parlamento che le ha approvate senza modifiche, e Corte che ne ha confermato la legittimità, ancorché giudicando solo dell'articolo 23 ma in realtà estendendo all'intero contesto dell'intervento le proprie valutazioni, conferisce ad esse non secondario peso anche nel preventivato ulteriore evolversi del quadro normativo, specie riferito ai contratti pubblici.

Non v'è dubbio, infatti, che la relativa disciplina, assieme al codice ambientale e alla legislazione sul procedimento amministrativo, sia quella maggiormente implicata nel processo di cosiddetta "messa a terra" degli investimenti, finalmente favoriti dal Pnrr. Le strette tempistiche fissate per attuarli peraltro impediscono, nell'immediato, riscritture organiche di un quadro normativo di per sé complesso e sempre più stratificato anche per via dei recenti, ma comunque necessari, interventi correttivi disposti per decreto. L'adozione del nuovo Codice dei contratti, dove le considerazioni rese dalla Corte potranno ottenere opportuno riscontro, resta peraltro attuale, ancorché legato all'obiettivo temporale di giugno 2023 assunto dal Governo nello stesso Pnrr, ciò che conferma come, almeno fino a tale data, i contratti pubblici saranno gestiti con la vigente disciplina, la quale, senza i riferiti interventi sul fronte della responsabilità dei dipendenti pubblici, avrebbe non poco contribuito al diffondersi dei stigmatizzati atteggiamenti difensivistici.

Venendo al merito delle questioni sottoposte al vaglio della Corte, specificamente riferite all'abuso d'ufficio, secondo il giudice rimettente le eccezioni di incostituzionalità implicanti gli articoli 77, 3 e 97 della Carta, riguardavano sia il procedimento di produzione della norma, la scelta di modificare disposizioni penali con decreto legge, sia i contenuti stessi della modifica, che limita la fattispecie operando su tre fronti: l'oggetto, dovendo la violazione commessa riguardare un regola di condotta e non, ad esempio, una regola organizzativa; le fonti, dovendo la regola violata essere specifica ed espressamente prevista da una legge o da un atto con forza di legge, escluse quindi le norme regolamentari; i contenuti, dovendo la regola violata non lasciar spazio alcuno alla discrezionalità di chi sia chiamato ad operare.

Nel respingere le obiezioni, la Corte ha individuato la ratio complessiva dell'intervento, pur attuato con norme eterogenee, nel fatto di esser tutte le previsioni accomunate dall'obiettivo di promuovere la ripresa economica del Paese, ciò che rende legittimo il ricorso al decreto legge anche sul fronte dell'abuso d'ufficio onde evitare che il "rischio penale", specie quello legato alla scarsa puntualità e alla potenziale eccessiva ampiezza dei confini applicativi della relativa fattispecie, si ponga come uno dei motori della "burocrazia difensiva" che, come detto, costituisce freno oltreché fattore d'inefficienza dell'attività della pubblica amministrazione.

Le modifiche dell'articolo 323 del codice penale, che peraltro incidono solo sulla prima parte delle condotte ivi delineate, rilevano non solo, come evidenziato dalla dottrina e dalla stessa Corte, per impedire che si riconduca all'ambito dei comportamenti rilevanti ai fini della sanzione anche la violazione di norme di principio, quali quelle ricavabili dall'articolo 97 della Costituzione (principio di buon andamento), ma altresì per il fatto che nella disciplina dei contratti pubblici esiste un'ampia gamma di comportamenti, previsti in linee guida, regolamenti, circolari ed altre disparate fonti, che laddove inapplicate, anche solo per l'obiettiva difficoltà di apprenderne l'esistenza e/o l'evoluzione, ampliano a dismisura i rischi di veder configurato il reato e i conseguenti presupposti per comportamenti difensivi.

Ma v'è di più: anche nel contesto delle fonti di rango legislativo, la nuova formulazione della prima parte dell'articolo 323 opera una delimitazione rilevante, escludendo la possibilità di identificare come abuso d'ufficio tutti quei casi in cui la norma non indica un comportamento vincolato, rimettendo al pubblico funzionario, in via di esercizio di una recuperata attività discrezionale, la scelta di come operare per il miglior conseguimento dell'interesse pubblico al quale è preposto.Orbene, al di là della distinzione tra la cosiddetta discrezionalità interna, all'esercizio della quale soltanto la modifica apportata sarebbe applicabile, ed esterna, tuttora soggetta a verifica da parte del giudice penale, risulta evidente che le scelte operate dal legislatore, ritenute legittime dalla Corte, sono assolutamente coerenti con l'esigenza di superare le remore del pubblico ufficiale o del l'incaricato di pubblico servizio, ad operare senza dover trovare in una sorta di campo minato, in dispregio del principio generale di tassatività delle fattispecie comportamentali di rilievo penale.

Quanto al parallelo intervento sulla disciplina erariale, al di là degli spunti già resi sulla valutazione finalistica comune alle due norme, va qui semplicemente ricordato come in esso si colga in modo ancor più evidente l'obiettivo del legislatore, che riserva l'esclusione della rilevanza della colpa grave, ferma in ogni quella del dolo, solo per chi agisce, nongià per chi omette di farlo. Peraltro, le scelte operate sul punto dal decreto 76, temporalmente circoscritte alla fase emergenziale, non solo risultano confermate dal successivo analogo provvedimento, n.77, del 2021, ma la relativa durata viene da questo allineata non tanto e non solo all'esaurirsi di tale fase, bensì al completamento del citato processo di ridefinizione dell'intera disciplina dei contratti pubblici, quindi, come detto, a tutto giugno 2023.

Alla luce della sentenza della Corte sembra quindi potersi confermare che gli articoli 21 e 23 del decreto n.76/2020, rappresentano le previsioni forse più importanti dell'intera manovra varata in continuità dai governi da ultimo succedutisi per favorire la ripresa del Paese anche in chiave di trasformazione e riforme, per dar corso a quel processo di rinnovamento che il Pnrr ci spinge a compiere come parte rilevante del contesto europeo, anch'esso richiesto di crescere trasformandosi.

(*) Founding partner Piselli&partners (**) of counsel Piselli&partners

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