Progettazione

Massimo Alvisi, «architetto di periferie»: da Grotta Perfetta (Roma) ad Hanoi, da Casa Italia a Chicago

di Mariagrazia Barletta

Va avanti concentrandosi su Sora (Frosinone) l'attività del G124, il gruppo di lavoro creato da Renzo Piano per il rammendo delle periferie. Ad affiancare Piano, nel G124, c'è Massimo Alvisi co-fondatore, con Junko Kirimoto, dello studio Alvisi Kirimoto + Partners. Il progetto per la scuola di Sora va avanti. «Di fronte alla scuola, stiamo anche lavorando al primo cantiere di Casa Italia», racconta Alvisi, tra i più importanti esperti di riqualificazione urbana e architettonica in Italia, tanto da entrare nell'équipe chiamata a dare impulso a “Casa Italia”, il piano pluriennale di promozione della sicurezza del Paese a fronte dei rischi naturali, avviato dal governo Renzi subito dopo il terremoto del Centro Italia (la struttura di missione fu trasformata in dipartimento di Palazzo Chigi da Gentiloni, poi, a luglio, con il nuovo governo, nel decreto sul riordino dei ministeri, è stato disposta la soppressione del dipartimento e il trasferimento delle relative funzioni alla Presidenza del Consiglio). L'architetto racconta il progetto per nuove infrastrutture a Grotta Perfetta, nella periferia sud-est di Roma, arrivato a un punto di svolta. «È una notizia quasi straordinaria», commenta Alvisi che con il suo studio si è aggiudicato il concorso internazionale nel 2007.

Diversi i progetti che lo studio romano ha in corso sul tema della rigenerazione, in Italia e all'estero. Tra questi, la riqualificazione della parte più antica di Hanoi, che, però, ha subito una momentanea battuta di arresto. «Il Vietnam non è la Cina, ha bisogno di digerire con molta più lentezza e di trovare i fondi», riferisce Alvisi. E poi un laboratorio sperimentale-culturale per bambini e adulti all'interno di un centro commerciale nella periferia di Nanjing, in Cina. Tra i cantieri aperti, un edificio di social housing in zona 167 a Barletta. Lo studio è anche in attesa del responso del concorso, ad inviti, per il masterplan che guiderà l'espansione dell'Università Campus Bio-medico di Roma (Ucbm) a Trigoria (a sud del Gra). Concorso al quale ha partecipato in team con lo studio newyorkese Diller Scofidio + Renfro. Al di fuori del tema delle periferie, c'è un progetto, appena realizzato, per nuovi uffici che occupano l'interno piano di un grattacielo al centro di Chicago. Non si sbottona sul cliente, Massimo Alvisi: «È una società di investimento - dice -, un cliente privato, che ci ha affidato l'incarico per realizzare i suoi uffici, che includono anche spazi per l'esposizione di opere d'arte».

Architetto, a 12 anni dal lancio delle quarta edizione del concorso “meno è più”, è arrivato ad un punto di svolta il progetto per nuove attrezzature pubbliche a Grotta Perfetta, a Roma. È così?
Sì, questa è una notizia quasi straordinaria. È un concorso di 12 anni fa che si è arenato per un periodo, per varie vicissitudini: si sono alternate le amministrazioni, è stato necessario fare anche delle verifiche dal punto di vista geologico, idrogeologico, urbanistico e ambientale, non specificatamente per la nostra area, ma in generale su tutto il comparto. Quello è infatti un progetto a scomputo degli oneri e quindi viene ripagato dalle imprese che realizzeranno un comparto residenziale. Il nostro progetto riguarda un asilo nido, un centro civico e un parco. Ci sarà anche un piccolo museo per i ritrovamenti archeologici presenti in zona.

È una bella sorpresa
Per noi non è una sorpresa, abbiamo lavorato in questi anni dal momento in cui si è sbloccato il progetto. Qualche anno fa lo abbiamo ripreso, abbiamo completato il definitivo che abbiamo presentato al comune, ovviamente anche alla committenza. È stato approvato e quindi è stata lanciata la gara (un appalto integrato bandito a maggio dal Consorzio Grottaperfetta, nda). Ora siamo in attesa delle ultime formalizzazioni burocratiche anche da parte del comune.

Di cosa si sta occupando con il G124, il gruppo di lavoro di Palazzo Giustiniani?
Negli ultimi anni il senatore Piano ha deciso di occuparsi di un progetto ambizioso: la scuola innovativa di Sora. Piano, con il gruppo G124, ha regalato il progetto della scuola e stiamo andando avanti. Di fronte alla scuola, stiamo anche lavorando al primo cantiere di Casa Italia. La cosa bellissima di questo progetto è che mette insieme tutta una serie di cose: il prototipo della scuola, la realizzazione di un parco, il primo progetto di Casa Italia, il rammendo delle periferie e soprattutto l'ascolto della comunità fatto attraverso i giovani architetti del gruppo G124. Il tutto diventa un unico comparto con una piazza in mezzo.

Anche qui parliamo di periferia?
Siamo in un'area molto disagiata. Sora è una città molto bella, una cittadina piena di ricchezze, ma la scuola si trova in una zona periferica della città. Noi stiamo riqualificando un pezzo di città. Come al solito abbiamo coinvolto i ragazzi del G124 che hanno lavorato tutto l'anno per attività costanti di ascolto e di workshop. Si chiamano Roberto Fioretti e Maria Paola Persico, sono stati scelti attraverso curriculum e sono bravissimi, stanno seguendo non solo la parte progettuale, ma anche tutta la parte di analisi, ricerca, ascolto, come lo chiamiamo noi: il laboratorio di quartiere. Sono i nostri “architetti condotti”!

In cosa consiste in particolare il progetto-prototipo di Sora?
L'idea di Casa Italia è quella di prendere residenze pubbliche, destinate a fasce sociali protette, e di riqualificarle per poterle adeguare ai criteri di sicurezza sismica. È un edificio di due piani, molto semplice, di 250-300 metri quadrati, abitato da due famiglie e l'idea è quella di riqualificarlo, rigenerarlo, mantenendo le famiglie all'interno dell'edificio. Lo rendiamo, anche dal punto di vista energetico, molto più efficiente e sostenibile.

È un edificio realizzato prima del 1971?
Sì, ed è in struttura mista.

Mi ha parlato del coinvolgimento della comunità, uno dei punti cardine dei cantieri di Casa Italia era quello di alimentare la cultura della sicurezza, questo è sempre un obiettivo?
Esattamente. La parte importante di questo progetto è che può essere anche un modello. Quindi verranno coinvolte le università, le associazioni, non soltanto nella fase progettuale, ma anche poi di cantiere e quindi sarà un laboratorio costante per chiunque voglia apprendere e capire come si possa realizzare un intervento di messa in sicurezza sismica leggero.

Ma precisamente, a che punto è il lavoro sulla scuola di Sora?
Siamo andati avanti nell'ultimo anno, abbiamo già concluso la progettazione definitiva architettonica. Siamo andati avanti anche rispetto ai passaggi con il comune, il sindaco ha già iniziato le attività per la procedura di cambio di destinazione urbanistica (la scuola è destinata a sorgere al posto di un ex mattatoio, nda) e anche l'attività legata alla possibilità di approntare le aree per la realizzazione della scuola. Poi soprattutto devono partire le indagini per la diagnostica dell'edificio, quello esistente residenziale. Quindi siamo in attesa di verificare nei prossimi mesi l'attuazione del progetto.

La competenza della diagnostica è del G124?
No, di Casa Italia.

Per quanto riguarda l'edificio residenziale, avete già svolto delle analisi?
Sull'edificio residenziale abbiamo fatto certamente delle analisi iniziali, sono stati verificati gli intonaci, è stata fatta una prima analisi termografica per capire quale fosse lo stato dell'edificio, poi ci saranno quelle più accurate e approfondite per la definizione degli interventi da fare successivamente. È stato fatto un progetto di massima per capire quale potrebbe essere l'idea da sviluppare come intervento di messa in sicurezza, che poi deve essere approfondito in seguito alle indagini diagnostiche.

Ma voi ricevete ancora input dalla Presidenza del Consiglio, relativamente ai cantieri “Casa Italia”?
Noi stiamo lavorando su questo progetto di Sora, sugli altri non ci lavoriamo.

Lei è stato uno dei 17 esperti chiamati a collaborare al progetto Casa Italia. La sua missione è terminata?
Il mio incarico è cessato perché ho concluso la mia attività che è durata un anno circa.

Era un lavoro finalizzato all'individuazione dei piani d'azione, poi delineati, per promuovere la sicurezza a fronte dei rischi naturali?
Esattamente.

Restando sul tema della scuola, perché è importante portare avanti in Italia una sperimentazione progettuale?
È importantissimo per almeno quattro motivi. Il primo è che deve essere adeguata la normativa che è ferma al decreto del '75. Il secondo è collegato alla necessità di allineare la progettazione architettonica agli strumenti pedagogici ed educativi della scuola. Noi abbiamo modelli architettonici raffinatissimi, modelli educativi straordinari, ma le due cose non dialogano e non dialogano con la normativa esistente. Quindi questa è una cosa che va riallineata.

Il terzo motivo?
Terzo punto: la scuola deve diventare un presidio di sicurezza per le comunità, un centro civico. Deve essere un luogo vivo durante tutto l'arco della giornata.

C'è altro?
La scuola deve anche essere il luogo in cui si incontrano le generazioni. Dopodiché c'è anche l'idea che la scuola sia un modello aperto, che possa accogliere le trasformazioni che la pedagogia e la città stessa richiedono. Sono tantissimi i motivi per cui bisogna mettere mano alle scuole, c'è un motivo non simbolico, ma comunque fondamentale, legato alla sicurezza: il 40 per cento delle scuole italiane esistenti è in condizioni precarie e non di sicurezza sismica.

Con la scuola di Sora state sperimentando, ma la legge del ‘75 è lì, quindi l'ostacolo resta.
Sì, un ostacolo, però noi stiamo andando avanti in modo testardo su questo tema della scuola, ormai da anni, e se come immagino e spero, la scuola di Sora si farà, io ritengo che ovviamente poi il modello legislativo si trasformerà e si adeguerà. Bisogna anche ricordare che ci sono già modelli legislativi molto avanzati, le provincie autonome dell'Alto Adige e del Trentino ne sono un esempio, quindi è possibile avere un modello adeguato. Io sono fiducioso che ciò avvenga, non è possibile ritardare oltre questo adeguamento.

A Battipaglia (Salerno), con la definizione delle linee guida del Puc, insieme a Christian Iaione (LabGov), ha sperimentato l'urbanistica collaborata, un metodo che è risultato efficace, riconosciuto come modello. Oggi le pratiche urbanistiche evolvono: in ragione di ciò, crede sia necessario mettere mano alle leggi urbanistiche?
Non credo sia necessario lavorare ad una nuova legge urbanistica, ma bisogna portare avanti questa idea dei patti di collaborazione, questa elica a tre, questa forza che si esprime attraverso tre elementi: il privato che ha delle necessità, il pubblico che deve tutelare il bene comune e le associazioni. Questi tre soggetti devono giungere a dei patti di collaborazione che in molte esperienze, anche americane, o nord-europee, arrivano alla stesura di progetti basati su un contratto fatto a tre e che quindi supera lo strumento urbanistico, perché di fatto lo strumento urbanistico è realizzato da un contratto tra privato, pubblico e associazioni.

In pratica quello che succede a Bologna, ma applicato ad una scala più ampia?
Esattamente.

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