Imprese

Possibile fermare i cantieri per i rincari. Ance: basta pezze, serve norma complessiva

Le stazioni appaltanti possono dichiarare lo stato di necessità per far slittare i termini

di Giorgio Santilli

Un'altra norma parziale, un altro aggiustamento che chiude un buco e ne lascia aperti dieci, un'altra pezza che risolve un problema e ne lascia insoluti altri. Nel decreto legge taglia prezzi approvato venerdì dal governo sono entrati all'articolo 23 due commi per gli appalti pubblici: il primo consente di utilizzare in via di urgenza il 50% del fondo statale per le compensazioni ai rincari di materiali, riparando a norme che per il primo e il secondo semestre del 2021 non hanno funzionato o ci mettono troppo tempo a mettersi in moto; il secondo consente ai responsabili unici del procedimento (Rup) di concedere all'impresa la causa di forza maggiore (non imputabile all'esecutore) per spostare in avanti termini su scadenze e stati di avanzamento dell'opera. Per quanto sia una norma che evita guai peggiori all'impresa e soprattutto sottrae l'appalto a uno stato di pericoloso galleggiamento, l'effetto appare, nella situazione di oggi, paradossale: incapaci di trovare meccanismi di compensazioni e di revisione prezzi efficaci una volta per tutte e soprattutto capaci di dare risposte rapide a una crisi che ha bisogno di risposte rapide, l'unica via di uscita resta sospendere l'opera. Una norma che, se applicata massicciamente, porterà a un cimitero di cantieri da cui si uscirebbe probabilmente solo con una normalizzazione dei prezzi dei materiali.

Addio Pil spinto dagli investimenti pubblici. «È effettivamente - dice Gabriele Buia, presidente dell'Ance - una norma che abbiamo proposto noi per evitare guai ancora peggiori che pagherebbe sempre l'impresa appaltatrice, cui restano accollati i costi dei rincari, in mancanza di compensazioni per le opere in corso e di norme di revisione prezzi adeguate per le nuove opere. Siamo però - aggiunge Buia - di fronte all'ennesima norma parziale perché anche con questa soluzione della causa di forza maggiore le imprese saranno caricate delle spese generali, mentre per la manodopera al momento non è prevista una Cig che abbia come causale il rincaro dei prezzi». Per l'Ance la soluzione resta invece quella di «un tavolo da aprire subito con Mef e Mims per rimettere mano all'intero quadro normativo e definire una norma semplice, efficace e immediatamente applicabile che sollevi l'impresa dai maggiori costi che si sono registrati. Solo in questo momento possiamo evitare di bloccare le opere in corso e di far saltare definitivamente le opere del Pnrr. Ormai non c'è più tempo».

L'intera categoria è ormai mobilitata, come dimostra anche l'assemblera straordinaria tenuta ieri da Assimpredil a Milano. «Il balzo dei prezzi fuori controllo delle materie prime, prodotti e manufatti dell'edilizia cresciuti di oltre il 30% negli ultimi 10 mesi sta bloccando quasi il 20% del Pil italiano che è legato all'edilizia», ha detto la presidente Regina De Albertis. «Così - ha sottolineato - si fermano la salvaguardia del territorio, la messa in sicurezza di scuole e ospedali, la rigenerazione urbana, la riqualificazione energetica e sismica, la riqualificazione delle città e dei quartieri degradati, la casa sociale, mettendo in forse gli interventi del Pnrr e l'attrattività del territorio agli investimenti immobiliari. Dobbiamo trovare un punto di equilibrio».

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