Appalti

Corte Ue, procedura di infrazione all'Italia per il trattamento delle acque reflue urbane

La Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi incombenti in forza della direttiva Cee del 1991

di Amedeo Di Filippo

La Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi incombenti in forza degli articoli da 3 a 5 e 10 della direttiva 91/271/Cee del 21 maggio 1991, sul trattamento delle acque reflue urbane, in quanto ha omesso di dotare di reti fognarie un elevato numero di agglomerati urbani, garantire che le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento secondario o equivalente o «più spinto» laddove previsto, garantire che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia pari almeno al 75% per il fosforo totale e almeno al 75% per l'azoto totale, provvedere affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e che la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico. È quanto ha disposto la sesta sezione della Corte di giustizia Ue con la sentenza del 6 ottobre nella causa C-668/19.

La procedura di infrazione
La Commissione europea ha chiesto ai giudici euriopei di contestare all'Italia di non aver assunto le disposizioni conseguenti alla direttiva 91/271, relativa alla raccolta, trattamento e scarico delle acque reflue urbane e al trattamento e scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali. La direttiva ha in particolare imposto agli Stati membri di provvedere affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie, entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti superiore a 15mila ed entro il 31 dicembre 2005 per quelli compresi tra 2mila e 15mila. Ha inoltre imposto che le acque reflue che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento secondario o equivalente. E che la progettazione, costruzione, gestione e manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali.
La Commissione ha in particolare contestato che 817 agglomerati italiani – intesi come aree in cui la popolazione e/o le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un impianto di trattamento o un punto di scarico finale – e 55 aree qualificate come «sensibili» non erano conformi ai requisiti della direttiva.

Le violazioni
Nel suo controricorso, la Repubblica italiana è stata costretta a riconoscere che diversi agglomerati non erano provvisti di reti fognarie e che in molte parti del territorio mancava il trattamento secondario o equivalente. Per questo la Corte dichiara l'infrazione con la sentenza appena pubblicata, per essere venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'articolo 4 della direttiva 91/271 omettendo di garantire che le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o trattamento equivalente. Lunghissimo l'elenco degli agglomerati, situati su tutto il territorio nazionale.
Molto più contenuto il numero di quelli nei quali non risulta garantito che le acque reflue siano sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento più spinto di quello di cui all'articolo 4 della direttiva 91/271. Ancora, omettendo di garantire che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia pari almeno al 75% per il fosforo totale e almeno al 75% per l'azoto totale, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi relativamente alle aree sensibili del bacino drenante nel Delta del Po e nell'Adriatico, del lago di Varese, del lago di Como e del bacino drenante Golfo di Castellammare in Sicilia. Infine, ha omesso di provvedere affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e che la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico.

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