Appalti

Torino-Lione/3. Così la struttura di missione di Delrio ha fatto la project review delle opere ferroviarie

di Angela Stefania Bergantino (*)

(*) Professore ordinariodi Economia applicata all’Università di Bari, presidente della Società italiana di economia dei trasporti e della logistica, membro della Struttura tecnica di missione del Mit con il ministro Graziano Delrio

Come ha spiegato Andrea Boitani su lavoce.info, in Italia non siamo all'anno zero nella rivisitazione dei progetti sulle infrastrutture dei trasporti. Dal 2015, anche grazie alla nuova Struttura Tecnica di Missione (di cui chi scrive ha fatto parte), il Ministero dei Trasporti ha superato la logica degli elenchi di “opere strategiche” e di finanziamenti a piè di lista, propria del vecchio strumento della Legge Obiettivo del 2001. Con l'approvazione, nell'aprile del 2017, delle Linee guida per la valutazione degli investimenti in opere pubbliche (DM 300/2017) si è così aperta la fase della revisione di progetto (project review) delle grandi opere pubbliche.

I progetti in corso sono stati suddivisi in tre tipi: opere invarianti, da rivedere e “immature”.

Le opere invarianti sono opere già in corso, dunque approvate e finanziate, per le quali le amministrazioni pubbliche hanno già assunto obbligazioni giuridicamente vincolanti. Si tratta di opere da completare nella configurazione progettuale ereditata, per le quali non si è avviata alcuna attività di analisi.

Il terzo gruppo di opere (immature) sono quelle per le quali la progettazione è immatura e per le quali si deve ripartire dalla progettazione di fattibilità e dalla valutazione dei costi e dei benefici ex-ante. Questi del terzo gruppo sono progetti da ripensare completamente.

Il secondo gruppo di opere (da rivedere) si trova in una posizione intermedia: per esse non sono stati sottoscritti contratti vincolanti, sono state giudicate utili ma le scelte progettuali non risultano in tutto o in parte convincenti, perché o molto costose o impattanti sul territorio e non pienamente giustificate secondo i criteri contenuti nel Codice degli appalti del 2016-2017 e nelle Linee guida. Vanno sottoposte a una revisione progettuale (project review) – che non pregiudichi l'intera fattibilità dell'opera – per delineare, a parità di prestazione dell'opera (in termini di benefici attesi), progetti meno onerosi o, in alternativa, progetti con prestazioni e benefici minori ma con costi più che proporzionalmente bassi.

Tale operazione di gardening finanziario-progettuale ha preso in esame 108 interventi, di cui una cinquantina sono risultati migliorabili o ingiustificabili (secondo e terzo gruppo). Per il solo settore ferroviario - quello autostradale richiederebbe un ragionamento apposito - l'operazione ha condotto a una riduzione di costo degli interventi previsti per 13 miliardi su una spesa iniziale prevista di circa 40 miliardi.
Non si è trattato solo di riduzione dei costi a parità di prestazioni (ovvero in misura più che proporzionale alla riduzione dei benefici), ma di rendere i progetti più “snelli”. Non solamente, dunque, qualche foglia secca tolta di mezzo ma una vera e propria potatura.
Rimangono ancora da sottoporre a project review opere per 24 miliardi. Se si proseguirà sulla strada imboccata, utilizzando le migliori prassi internazionali in uso per valutare il rapporto costi-benefici come i tecnici recentemente nominati dal Ministro hanno dichiarato, sono pertanto da attendersi ulteriori significativi risparmi rispetto alle cifre inizialmente previste.
Tra le più rilevanti project review in ambito ferroviario va menzionata quella riguardante la tratta italiana del collegamento Torino-Lione. Essa da sola ha comportato una riduzione dell'investimento previsto da 4,39 a 1,91 mld €, con un risparmio di 2,48 mld €. Va sottolineato che, con la delibera CIPE del 22 dicembre 2017, la project review della Torino Lione è già stata recepita, e RFI è stata autorizzata a procedere celermente con la progettazione definitiva dell'opera. Anche sull'altra opera di cui si discute in questi giorni, l'alta velocità nella tratta Padova-Brescia, la revisione ha portato alla cancellazione di opere collaterali, diminuendo gli impegni previsti da 6,23 a 5,21 mld €. E' ancora troppo, come sostengono coloro che vorrebbero bloccare la progettazione di questa tratta nel cuore economico del Nord? Se ne può discutere, ma la strada per arrivare alla soluzione migliore è tracciata.
I costi sempre esorbitanti delle grandi opere nel nostro Paese si possono dunque ridurre, ad esempio eliminando le varianti e le integrazioni che spesso vengono “imposte” a livello locale e che non di rado risultano antieconomiche. Contemperare esigenze generali ed esigenze locali, senza cedere alla sindrome NIMBY e a localismi oggi francamente inspiegabili (perché sulla Torino-Lione dovrebbero decidere i soli cittadini piemontesi? Le tasse con cui viene pagata sono solo loro?), è possibile.
Senza dimenticare però che giudicare le opere infrastrutturali solo sui ritorni stimabili oggi e non su benefici a più ampio raggio e di carattere diverso (wider economic benefits), rimane compito della politica e non dei tecnici.

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