Personale

Chi si rifiuta rischia la sospensione dal lavoro

Mansioni inferiori (se possibile) o esonero dal servizio fino a dicembre 2021

di Marcello Floris

Dopo molteplici dibattiti e polemiche il Dl 44/2021 ha introdotto l’obbligo di vaccino contro il Covid in ambito lavorativo. L’obbligo è stato limitato ai soli «esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali» (articolo 4, comma 1).

Il decreto precisa che la vaccinazione costituisce un requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.

È possibile evitare o posticipare l’obbligo di vaccino solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale.

La norma istituisce anche una complessa procedura per individuare chi sia soggetto all’obbligo di vaccinazione. Gli ordini professionali devono trasmettere l’elenco degli iscritti alla Regione o Provincia autonoma in cui ha sede. I datori di lavoro devono trasmettere agli stessi enti l’elenco dei propri dipendenti con qualifica di operatore sanitario di interesse. Nei 10 giorni successivi Regioni e Province devono incrociare i dati e, ove necessario, l’Asl invita l’interessato a produrre la documentazione che prova la vaccinazione, l’omissione o il differimento della stessa. In mancanza, il soggetto viene formalmente invitato a vaccinarsi entro un termine dato. Se ciò non accade, l’Asl informa il datore di lavoro, l’ordine professionale e l’interessato.

Sembra in verità difficile che questa mole di adempimenti possa essere realizzata nei tempi molto stretti previsti dal decreto.

La prima conseguenza del mancato vaccino accertato dall’Asl è la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio.

Mansioni più basse

La sospensione è seguita dall’attribuzione al lavoratore – ove possibile – di mansioni diverse che non implicano rischi di diffusione del contagio. Le mansioni possono essere anche di livello inferiore e, se così è, il trattamento economico sarà corrispondente a quello dei compiti di categoria inferiore. Con ciò il Dl 44/2021 realizza una evidente deroga alle regole generali poste dall’articolo 2103 del Codice civile, che consente la modifica delle funzioni in senso deteriore solo in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incida sulla posizione del lavoratore o in casi previsti dai contratti collettivi e comunque senza riduzione della retribuzione, non ammissibile nel nostro ordinamento se non con l’accordo del lavoratore, al fine, solitamente, di conservare il posto di lavoro.

Stop a servizio e stipendio

L’assegnazione di mansioni diverse potrebbe però non essere realizzabile e probabilmente così è nella maggior parte dei casi. Difficile immaginare, ad esempio, che un infermiere possa essere adibito a compiti che non comportino contatti interpersonali. In questo caso il lavoratore è esentato dalla prestazione lavorativa e non gli è dovuta la retribuzione. La sospensione dura fino all’assolvimento dell’obbligo di vaccino o fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.

Da un lato, quindi, questa disposizione esclude che il dipendente che rifiuta di vaccinarsi possa essere licenziato. D’altra parte, però, consente una sospensione dalla prestazione e dalla retribuzione, che di fatto realizza un effetto sanzionatorio messo in atto al di fuori delle garanzie del procedimento disciplinare previste dallo Statuto dei lavoratori. Anche in questo caso, quindi, il decreto attua una significativa deroga alle regole generali, tuttavia giustificata dalla situazione di emergenza.

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