Fisco e contabilità

Niente riversamento dei compensi percepiti senza autorizzazione: la prescrizione parte dalla scoperta del danno

Il dies a quo è differito al momento della scoperta effettiva del pregiudizio patrimoniale

di Corrado Mancini

Svolgere incarichi retribuiti che non siano conferiti o preventivamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, conseguentemente senza alcuna comunicazione, può configurare un'ipotesi di occultamento doloso del danno per effetto del quale il dies a quo del termine prescrizionale risulta differito al momento della scoperta effettiva del pregiudizio patrimoniale. Lo afferma la Corte dei conti sezione giurisdizionale per la Regione Lazio con la sentenza n. 108/2022.

Per il Collegio giudicante il mancato riversamento delle somme indebitamente percepite è fonte di danno erariale sub specie di mancata entrata, in base al comma 7-bis dell'articolo 53 del Dlgs 165/2001 (Corte conti, Ssrr in sede giurisdizionale n. 26/2019) e, con riferimento ai termini prescrizionali, specifica che, in base all'articolo 1, comma 2, legge 20/1994, l'azione di responsabilità amministrativo contabile si prescrive in cinque anni, a decorrere dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta.

Il Collegio giudicante ha ritenuto che la mancata comunicazione all'Amministrazione di appartenenza costituisca un'ipotesi di occultamento doloso del danno. Quest'ultimo, affermano i Magistrati, per la più recente giurisprudenza contabile (Corte conti, II Sezione d'appello, sentenza n. 165/2021) deve leggersi come «fattispecie rilevante non tanto soggettivamente (in relazione ad una condotta occultatrice del debitore), ma obiettivamente, in relazione all'impossibilità dell'amministrazione di conoscere il danno e, quindi, di azionarlo in giudizio ex art. 2935 c.c. ( Corte conti, Sez. II n. 592 del 2014 e n. 1094 del 2015)»; ciò in particolare alla luce delle differenze testuali che caratterizzano l'articolo 1, comma 2, della legge 20/1994, rispetto al regime ordinario civilistico previsto dall'articolo 2941, comma 1, n. 8, del codice civile. Quest'ultima norma, infatti, fa esplicito riferimento all'attività di occultamento del debitore, riferimento non presente, invece, nella legge 20/1994, con la conseguenza che l'occultamento doloso può realizzarsi anche attraverso un comportamento semplicemente omissivo del debitore avente a oggetto un atto dovuto, cioè un atto cui il debitore sia tenuto per legge.

A tal fine, l'amministrazione di appartenenza deve essere posta nella condizione di conoscere, preventivamente, la quantità e la qualità degli incarichi di volta in volta ricevuti dal proprio dipendente, anche per poter valutare eventuali conflitti di interesse, mediante comunicazione ad hoc e richiesta di autorizzazione.

Non assume rilievo, ai fini dell'esclusione dell'occultamento, la circostanza che il lavoratore non si sia "attivato" per nascondere alla Pa di appartenenza le attività extraistituzionali, ma le abbia esercitate apertamente, provvedendo ai correlati adempimenti fiscali e contributivi, come pure la mera menzione dei progetti relativi agli incarichi contestati nei curricula vitae, trasmessi all'amministrazione pubblica di appartenenza e pubblicati sul sito della stessa. Tali documenti, infatti, non costituiscono comunicazioni ufficiali, oggetto di riscontro o controllo da parte dell'amministrazione.

In tali circostanze si verte in situazione di occultamento doloso con la conseguenza che il dies a quo del termine prescrizionale risulta differito al momento della scoperta effettiva del pregiudizio patrimoniale, che nel caso di specie viene a coincidere con la data della segnalazione della Guardia di finanza, concernente gli esiti delle indagini effettuate.

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