Appalti

Appalti, soccorso istruttorio escluso per rimediare alla violazione della certificazione di qualità

Il Tar Lazio si è pronunciato su un contenzioso insorto tra Autostrade per l'Italia e un'impresa partecipante a una gara d'ingegneria in Toscana

di Pietro Verna

È escluso il soccorso istruttorio per rimediare alla violazione della legge di gara che prevede quale requisito di partecipazione il possesso della certificazione di qualità. In questi termini il Tar Lazio ( sentenza n.4449/2022) si è pronunciato all'esito di un contenzioso insorto tra Autostrade per l'Italia S.p.A. (stazione appaltante) e un'impresa partecipante alla gara d'appalto indetta per l'affidamento di servizi di ingegneria e architettura per la progettazione di grandi opere sulla rete autostradale toscana. Gara che nell'allegato al disciplinare intitolato "Possesso certificazioni sistema integrato QUAS certificato" aveva previsto che «il concorrente, al fine di ricevere il relativo punteggio, deve dimostrare di possedere le certificazioni previste dal "Sistema Integrato QAS" (Qualità – Ambiente – Sicurezza), ovvero ISO 9001:2015 (…) in corso di validità all'atto della presentazione dell'offerta (…) e dovrà produrre nell'offerta tecnica copia conforme all'originale delle certificazioni».

La sentenza del Tar Lazio
L'impresa terza classificata aveva chiesto l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione per violazione del disciplinare di gara e della disciplina in materia di soccorso istruttorio perché la stazione appaltante aveva consentito all'impresa risultata aggiudicataria di "regolarizzare" la certificazione ISO 9001:2015 scaduta ( e non valutabile) con la presentazione della certificazione in corso di validità. Mentre la stazione appaltante aveva sostenuto che «non v'è stata alcuna integrazione postuma dell'offerta, trattandosi semplicemente di dare atto dell'esistenza di un dato "storico", e cioè il possesso della versione "aggiornata" o in corso di validità della certificazione» e che la certificazione oggetto della sanatoria sarebbe stata prorogata per effetto dell'articolo 103, comma 2, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 ( «Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati […] in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza»). Tesi che non ha colto nel segno.

Il Tar ha confermato l'orientamento secondo cui:
- la linea di confine tra le nozioni di "regolarizzazione documentale" ed "integrazione documentale" deve desumersi dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del "soccorso istruttorio" è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla lex specialis ( Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 25 febbraio 2014, n. 9; Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 13 febbraio 2013, n. 889: è ammissibile la rettifica di errori contenuti nell'offerta presentata in sede di gara a condizione che si tratti di correzione di " errore materiale ", necessariamente riconoscibile, e che non si sostanzi in operazioni manipolative e di adattamento dell'offerta, risultando altrimenti violati la par condicio, l'affidamento nelle regole di gara e le esigenze di trasparenza e certezza);
- il ricorso al soccorso istruttorio non si giustifica nei casi in cui confligge con il principio generale dell'autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione, con la conseguenza che, in presenza di una previsione chiara e dell'inosservanza di questa da parte di un concorrente, l'invito alla integrazione costituirebbe una palese violazione del principio della par condicio, che verrebbe vulnerato dalla rimessione in termini (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 28 novembre 2018, n. 6752, che richiama le sentenze 12 luglio 2018, n. 4266 e 25 maggio 2016, n. 2219);

In secondo luogo il Collegio ha escluso che le certificazioni di qualità possano essere qualificate alla stregua di "atti amministrativi" e, quindi, prorogate ai sensi dell' articolo 102, comma 2, del decreto legge n. 18/2020. Ciò alla luce dell'orientamento della Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenze 29 novembre 2007 , C- 393/05 e C-404/05) e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ( sentenza 5 aprile 2019, n. 9678) secondo cui gli organismi di certificazione esercitano una «discrezionalità non già amministrativa bensì meramente tecnica, in relazione alla quale in capo ai soggetti privati relativi destinatari insorgono invero posizioni di diritto soggettivo, la cui tutela rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria».

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