Fisco e contabilità

Caos Tari, per Ifel le norme fiscali prevalgono sulla delibera Arera per la qualità del servizio

I provvedimenti dell'Autorità possono avere valore di raccomandazione per i Comuni

di Giuseppe Debenedetto

La legislazione ordinaria in materia di Tari prevale sulle delibere dell'Arera (Autorità di Regolazione Energia, Reti e Ambiente), che possono al più avere valore di mera raccomandazione per i Comuni, tenuti a rispettare il principio di riserva di legge in campo fiscale.

É quanto affermato dall'Ifel (fondazione dell'Anci) con una nota pubblicata ieri, a oggetto la compatibilità tra i poteri regolatori di Arera e i principi della legislazione statale in materia di potestà normativa dei Comuni.

Il riferimento è alla delibera n. 15/2022 (su NT+ Enti locali & edilizia del 31 marzo) sulla regolazione della qualità del servizio rifiuti, con la quale Arera è entrata a gamba tesa in un'area demandata alla competenza del legislatore statale (dichiarazione, riscossione, rateizzazione, rimborsi, eccetera).

L'Arera ritiene di poter regolare anche aspetti finora disciplinati dai Comuni nell'esercizio della potestà regolamentare sulle proprie entrate. I Comuni dovrebbero quindi conformarsi alle disposizioni dell'Arera, modificare i regolamenti Tari e cambiare le procedure da seguire.

L'Ifel sottolinea il rischio di sconnessione della disciplina del finanziamento del servizio, che per i rifiuti è fondata su un impianto di natura tributaria ed è, anche nei casi di modello corrispettivo, fortemente ancorata a prescrizioni normative esplicite.

La Fondazione dell'Anci procede quindi ad una disamina delle principali attribuzioni conferite dalla legge ai Comuni e offre una lettura critica dei punti più controversi della delibera n. 15/2022 dell'Autorità, che si ritiene necessario vengano armonizzate con i principi di legge ad oggi vigenti.

In primo luogo, sul concetto di «attivazione del servizio», che l'Arera utilizza impropriamente per fare riferimento alla dichiarazione iniziale di occupazione, l'Ifel evidenzia che questa è già disciplinata dalla legge 147/2013, che prevede il termine di presentazione del 30 giugno dell'anno successivo eventualmente riducibile dai Comuni. Pertanto, un diverso termine perentorio, seppure fissato dall'Autorità in 90 giorni, confligge con l'autonomia regolamentare dei Comuni, per cui l'obbligatorietà di questa nuova prescrizione non è praticabile senza una modifica normativa.

Inoltre, sulla periodicità di riscossione, le scadenze del pagamento della Tari sono determinate dal Comune in virtù di una disciplina specifica alla quale fare riferimento (comma 688 della legge 147/2013 e articolo 5-bis del Dl 34/2019), che prevale sulla differente disposizione dell'Autorità.

Anche sugli interessi le prescrizioni dell'Arera dovrebbero passare da una modifica normativa da formulare presso il Parlamento e il Governo, potendo al più essere considerate come raccomandazioni.

Come pure la previsione di Arera sui rimborsi, da effettuare entro 120 giorni, in contrasto al diverso termine di 180 giorni espressamente previsto dal comma 164 della legge 296/2006.

Per non parlare poi degli adempimenti a carico degli Uffici (numero verde obbligatorio, fax, tracciabilità dei procedimenti, eccetera) che appesantiscono di molto i Comuni, specie quelli di piccole dimensioni.

In conclusione, la delibera n. 15/2022 di Arera rischia di aumentare l'incertezza e l'incoerenza nella disciplina della gestione del prelievo sui rifiuti.

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