Amministratori

Nuova Cdp al via, Franco resta alla Ragioneria

Regge il patto di governo sulle prime nomine e parte il nuovo corso di Cassa depositi e prestiti. Ieri l’assemblea dei soci ha nominato il Cda, incoronando presidente l’ex numero uno di Mps Massimo Tononi, indicato dalle Fondazioni bancarie, e ad Fabrizio Palermo, finora direttore finanziario, fortemente voluto al timone di Cdp dai Cinque Stelle con l’assenso della Lega. Nel board entra come vicepresidente Luigi Paganetto, preside della facoltà di economia di Tor Vergata proposto dal ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Dal Mef arriva in Cdp Fabrizia Lapecorella, confermata dal Consiglio dei ministri anche al dicastero come direttore generale delle Finanze. Tria ha incassato dal Cdm di ieri altri due risultati: la nomina di Alessandro Rivera alla direzione generale del Tesoro (contropartita per aver rinunciato a Dario Scannapieco al vertice della Cassa) e la riconferma di Daniele Franco alla guida della Ragioneria generale dello Stato,c he era sembrata vacillare dopo le polemiche con il vicepremier Luigi Di Maio sulla relazione tecnica al decreto dignità.

Gli altri consiglieri di Cassa depositi e prestiti sono Fabiana Massa Felsani, docente di diritto commerciale all’Università di Sassari; Valentino Grant, presidente della Bcc San Vincenzo de’ Paoli, in quota Lega; l’imprenditore napoletano Francesco Floro Flores, fondatore e presidente del gruppo Trefin. Le Fondazioni hanno scommesso invece sull’avvocato Matteo Melley, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Spezia, e su Alessandra Ruzzu, che ha subito rassegnato le dimissioni dal Cda del Banco di Sardegna.

La nuova compagine di Cdp, la cassaforte dei risparmi postali degli italiani, e le caselle chiave coperte a Via XX Settembre fotografano gli equilibri fragili di un governo sempre più a tre teste, con i tecnici (Tria e gli uomini a lui vicini) nel ruolo di guardiani dei conti e della stabilità.

Che i rapporti non siano distesi lo dimostrano le altre partite ancora aperte, a cominciare dalla Rai. La giornata di ieri non si era aperta sotto i migliori auspici. Interpellato sul “casting” annunciato dal vicepremier Matteo Salvini per scegliere presidente e amministratore delegato della Tv pubblica (nomine che spettano formalmente al Mef), Tria aveva ostentato indifferenza: «Se c’è necessità di qualcuno di incontrare le persone per rafforzare le proprie convinzioni, nonsignifica che questo condizioni le scelte del ministro competente. In genere si usa condividere le cose, poi ognuno si assume le proprie responsabilità». Una chiara rivendicazione di competenza rispetto all’iperattivismo dei due vicepremier sulla questione.

È toccato di nuovo al premier Giuseppe Conte convocare un vertice con Di Maio, Salvini e Tria, che si è prolungato fino a tarda sera, per tentare di sbrogliare la matassa e indicare i vertici della Rai prima dell’assemblea già rinviata a venerdì. La rosa di nomi per la poltrona di Ad si è ristretta a tre: in pole Fabrizio Salini, un passato in La7 e in Fox, Andrea Castellari di Viacom International e Marcello Ciannamea, direttore dei Palinsesti Rai e consigliere di Auditel. Più complicata la partita della presidenza, dopo il freno da Forza Italia e da ambienti pentastellati alla candidata leghista Giovanna Bianchi Clerici. Dubbi (non solo di Fi) anche sull’altro nome circolato ieri, quello di Gianmarco Mazzi. Ma è sulle direzioni dei Tg che si consuma il vero scontro sottotraccia tra M5S e Lega. Con il Tg1, dove i Cinque Stelle sognano Milena Gabanelli, ambito anche dal Carroccio.

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