Urbanistica

Ponti, viadotti e gallerie: il grande buco nero delle strade di Comuni e Province

Ansfisa, possibili solo stime: dati sconosciuti e censimento mai completato

di Massimo Frontera

I dati necessari ai controlli per la sicurezza stradale sono «ridotti, limitati e lacunosi su circa 800mila chilometri di rete stradale italiana, ovvero quella che fa capo a regioni, province, città metropolitane e comuni». Si legge nella prima relazione di Ansfisa presentata oggi dal direttore Fabio Croccolo alla presenza del ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini. L'Agenzia per la sicurezza di ferrovie, strade e autostrade è stata voluta dal governo dopo il crollo del ponte Morandi di Genova, nell'agosto del 2018, ma è operativa solo dal 30 novembre scorso.

L'Agenzia prende in carico l'onere di tenere alta l'attenzione sulla sicurezza delle principali infrastrutture di collegamento in Italia. E già dalla sua prima relazione - a pochi mesi dall'operatività - fa capire la complessità della mission, dovuta sia alla vastità del campo d'azione, sia alla forte disomogeneità delle condizioni di partenza. Mentre infatti sulla rete ferroviaria c'è già una tradizione di controlli e manutenzione periodica (al punto che, come si legge nella relazione, le cause di incidente sono soprattutto esogene) sulle strade la situazione è pressoché all'anno zero.

Peraltro, la stessa Agenzia è largamente sottodimensionata, in quanto conta ad oggi 164 unità di personale sulle 569 previste dalla legge. Le due strutture dell'Agenzia - dedicate a strade/autostrade e ferrovie - promuovono la sicurezza su 840mila km di strade e autostrade, 17.530 km di ferrovie nazionali e regionali (con 5.443 passaggi a livello, 18.847 ponti, viadotti e gallerie, 3.236 stazioni, 30.818 scambi o intersezioni), 1.130 km di ferrovie isolate (con 944 passaggi a livello, 1529 ponti, viadotti e gallerie, 288 stazioni) e, infine 225 km di rete di metropolitana (di cui 131,6 km in galleria) in sette città.

Dalla questa prima relazione emerge chiaramente che il vero "buco nero" è costituito dalla stragrande maggioranza di strade locali, non solo perché il patrimonio è sconosciuto ma anche perché disperso in una pluralità di gestori/proprietari. «La stratificazione normativa, i frequenti passaggi di gestione e la vetustà delle opere - si spiega nella relazione - rendono attualmente molto difficile avere dati certi sul perimetro della rete e sulle sue caratteristiche». Su 668.673 km di rete comunale (79,64% del totale) e 135.691 km di rete provinciale (16,16% del totale), «le ultime rilevazioni utili» risalgono al 1999. Inoltre, «mancano anche le informazioni qualitative, fondamentali per la definizione di moderni Sistemi di gestione della sicurezza da parte dei gestori o dei proprietari».


Complessivamente, la rete nazionale ammonta a quasi 840mila km con 8.055 proprietari/gestori in totale, di cui «un numero elevatissimo» sulla rete di rango inferiore e «un numero limitato di soggetti strutturati che gestisce la rete autostradale e stradale con continuità da diversi decenni». Un solo gestore - Anas - controlla una rete di 27.259 km (3,25% del totale) mentre 27 concessionari autostradali controllano poco più di 8mila km (0,95%); 123 enti, tra città metropolitane, regioni e province, controllano 135.691 chilometri. Il grosso della rete stradale - 668.673 chilometri - è invece in capo a 7.904 Comuni.

Il corollario di questa grande lacuna di conoscenza della rete è anche la grande lacuna di conoscenza di tutte le opere d'arte che vi sono incluse - ponti, viadotti e gallerie - su cui l'Agenzia ammette di essere al momento al buio. «È del tutto impossibile, allo stato e con il livello di affidabilità necessario all'Agenzia, dare indicazioni sul numero e sulle caratteristiche delle opere d'arte» della rete comunale, si legge sulle slide di presentazione illustrata da Croccolo. Tale situazione, si sottolinea nella relazione, «rappresenta una macroscopica criticità del sistema che richiede, evidentemente, l'urgente completamento, secondo metodi uniformati a livello nazionale, del censimento e classificazione di tutte le opere gestite dai singoli soggetti proprietari/gestori, primo elemento necessario all'instaurarsi di idonei sistemi di gestione della sicurezza».

Ovviamente, per conoscenza si intende non solo l'esistenza dell'infrastruttura o dell'opera d'arte, ma anche la sua situazione di salute, come ben dimostra il caso del Ponte Morandi. La struttura collassata nell'agosto del 2018 era tra le più importanti e note tra le opere d'arte del sistema delle autostrade. Le autostrade, peraltro - ricorda la relazione - sono le uniche infrastrutture di tipo stradale di cui si conosce l'esatto numero: 6.320 cavalcavia, 21.072 tra ponti e viadotti e 2.179 gallerie.

La strada per realizzare un buon livello di conoscenza - funzionale alla tutela della sicurezza - non è quella di un controllo accentrato e "dall'alto" ma passa per il coinvolgimento degli stessi gestori. Ed è anche questa la strada indicata da Croccolo parlando dei sistemi di gestione della sicurezza. «Il nostro impegno - ha detto - si traduce in un crescente coinvolgimento dei gestori delle infrastrutture e delle aziende di trasporto che con Sistemi di Gestione della Sicurezza certificati dovranno programmare la manutenzione e il controllo dei rischi nella loro area di competenza. L'Ansfisa promuoverà una sicurezza proattiva e costante su questi processi». L'Agenzia, ha anticipato Croccolo, metterà a breve in consultazione le linee guida per la certificazione dei Sistemi di Gestione della Sicurezza. Una volta emanato ufficialmente il testo «consentirà il completamento del ciclo delle attività di vigilanza, con l'adozione delle procedure di supervisione e controllo nei vari settori di interesse stradale», analogamente a quanto già in essere nel settore ferroviario. Solo il settore autostradale, segnala l'Ansfisa, applica sistemi di gestione della sicurezza, autovalutati dallo stesso gestore, (su 7.232 km degli 8.006 km totali della rete autostradale).

Come si diceva, la situazione è diversa e migliore per la infrastrutture ferroviarie, dove l'incidentalità è per la gran parte dovuta a cause esterne alle responsabilità del gestore. «Nel 2020 - si legge nel documento - gli incidenti sulla rete ferroviaria nazionale e regionale si attestano a 86, in crescita rispetto al 2019, ma inferiori alla media dell'ultimo quinquennio e tra i livelli più bassi registrati in Europa. Le vittime (morti e feriti gravi) sono complessivamente 70, di cui 64 sulla rete Rfi e 6 sulle ferrovie regionali interconnesse». «Il 65% degli incidenti - spiega la relazione - è ancora attribuibile a comportamenti errati di utenti e cittadini che si traducono in investimenti sui binari o presso i passaggi a livello. Questa tipologia nel 2020 conta 56 eventi e 58 vittime, di cui 37 decessi (su 43 totali) e 21 feriti gravi (su 27 totali)». Secondo l'Agenzia, per ridurre questa causa di incidentalità «è necessario lavorare sull'educazione e sul rispetto delle regole in ambito ferroviario attraverso campagne di sensibilizzazione». Circa il 28% degli incidenti è invece legato a cause interne alla gestione dell'infrastruttura ferroviaria. Tra le cause, la relazione segnala «l'aumento degli errori nell'attuazione delle procedure, mentre rimangono costanti i valori della manutenzione. Spesso si tratta di una tipologia di eventi strettamente legata al fattore umano su cui la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture in generale deve lavorare».

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