Appalti

Compiti disgiunti assegnati a più Rup, la stazione appaltante deve rispettare le competenze

Sono illegittimi gli atti adottati qualora non si rispettassero i ruoli

di Stefano Usai

La pronuncia del giudice lombardo (Tar Lombardia, sezione IV, n. 164/2022) riveste una sicura importanza sotto il profilo pratico in tema di compiti del Rup e sui limiti, e conseguenti implicazioni, nel caso di una (sempre possibile) distinzione tra le varie attività/compiti/adempimenti a cui, per Codice dei contratti (articolo 31), è tenuto il responsabile unico del procedimento.
Già sul tema, la stessa Corte costituzionale (con sentenza n. 166/2019) ha chiarito l'unicità del ruolo del Rup come centro di riferimento sia in funzione propositiva ma anche – e soprattutto - in funzione di coordinamento e in certi casi anche come soggetto che direttamente è tenuto ad adottare certi provvedimenti a valenza esterna (a pena di illegittimità degli atti adottati).
La sentenza della Corte costituzionale, anch'essa di indubbia valenza pratico/operativa non nega la possibilità di una scissione/distinzione, ed attribuzione, dei vari compiti che spettano al Rup nelle macro fasi della programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione. Qualora però, il dirigente/responsabile del servizio individui più soggetti come abilitati a svolgere micro fasi rimane ferma l'esigenza di individuare un unico, e solo, referente che assuma la responsabilità dei compiti/atti attribuiti ad altri soggetti.
Figura che la stessa autorità anticorruzione ha individuato come il responsabile del progetto. Questo soggetto che, evidentemente, coincide con il Rup potrà poi assegnare, se dirigente, micro fasi/sub-procedimenti soggetti distinti che assumono, però, il ruolo di responsabili di procedimento ai sensi della legge 241/1990. Con ovvie implicazioni sia sulla impossibilità di adottare atti a valenza esterna sia sotto il profilo, di conseguenza, della stessa responsabilità.
La sentenza torna sul tema con conseguente affermazione di illegittimità degli atti adottati qualora non si rispettassero i ruoli anche, come nel caso di specie, ben declinati nella determinazione a contrarre. Atto che avvia il procedimento (non la procedura) che riveste una importanza fondamentale nell'attività contrattuale (e non a caso l'Anac afferma l'illegittimità degli atti adottati in caso di omessa adozione dell'atto in parola).

La questione
Nel caso trattato dal giudice lombardo, limitandoci alla questione relativa al Rup, dalla determina a contrarre emergeva una distinzione di compiti tra dirigente/responsabile del servizio e responbile del procedimento. Il primo manteneva le fasi relative alla procedura di affidamento e ai controlli sugli atti relativi all'aggiudicazione; al secondo venivano assegnati i compiti e la conseguente «responsabilità del procedimento ai sensi dell'art. 31 del d.lgs. 50/2016 e della l. 241/1990 per le fasi della progettazione e dell'esecuzione».
Dall'esame degli atti, su sollecito/censura del ricorrente che lamentava lo svolgimento della verifica della congruità dell'offerta da soggetto non «abilitato, è emerso che detta verifica non risultava svolta dal RUP (ovvero il dirigente che assegnava a sé stesso funzioni e compiti sulla procedura di affidamento) ma dal responsabile del procedimento che, nella determina a contrarre, avrebbe dovuto occuparsi delle sole fasi di progettazione ed esecuzione del contratto. In sostanza, la verifica della congruità dell'offerta, si legge in sentenza, veniva svolta da un soggetto senza che risultasse "alcuna delega specifica».
Né si può dubitare, rileva l'estensore della sentenza, che dette funzioni potessero ritenersi riconducibili ai compiti "parcellizzati" e ben declinati nella determina a contrare «a cagione della chiarezza del dettato della determinazione a contrattare che fa riferimento anche alla fase della procedura di affidamento» assegnata al dirigente responsabile del servizio.
L'ovvia conclusione – con conseguente illegittimità degli atti adottati - è che non «può ritenersi che il Rup potesse essere di fatto persona diversa da quella indicata nella determinazione a contrattare, in quanto tale atto costituisce la prima fase della procedura di gara (art. 32 c.2 del Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) ed in quanto solo la nomina radica la competenza all'adozione degli atti endoprocedimentali ai sensi dell'art. 5 della Legge 241/90 ed in particolare della valutazione di congruità dell'offerta».

Considerazioni
La sentenza riveste una importanza pratica di grande rilievo in quanto suggerisce agli enti di ben chiarire «chi fa che cosa» fin dalla determinazione a contrarre.
L'attuale quadro normativo codicistico, quindi, pur consentendo una parcellizzazione dei compiti impone l'esigenza di individuare un riferimento unico (riconducibile, in caso di dubbi, sempre al dirigente responsabile del servizio) come momento di approdo della responsabilità e degli atti compiuti.
É ovvio, evidentemente, che nel momento in cui i compiti vengono articolati/disgiunti, e quindi individuati i ccosiddetti responsabili di fase, dette prerogative costituiscono precisi vincoli/limiti che devono essere rispettati.
Nel caso di specie, quindi, la sub-fase della verifica ben avrebbe potuto essere svolta da un responsabile di procedimento ma con riconduzione, quanto alla responsabilità finale, al dirigente/responsabile del servizio (Rup, in assenza di riferimenti espliciti, ex lege).
Un'ultima annotazione riguarda il riferimento, nell'attribuzione di compiti al Rup, a una sorta di delega del dirigente/responsabile del servizio.
Sotto il profilo pratico l'attribuzione di compiti dovrebbe, in realtà, sostanziarsi semplicemente in un ordine di servizio finalizzato ad organizzare l'attività lavorativa.

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