Appalti

Caro-materiali, nuova tegola sulle compensazioni: bocciato anche il decreto Mims sul secondo semestre 2021

Il Tar Lazio ribadisce le obiezioni sui criteri di valutazione dei rincari dei materiali edili e chiede al ministero di rivalutare «la conguità dei dati rilevati»

di Mauro Salerno

Nuova tegola sul meccanismo delle compensazioni messo in piedi dal ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili (Mims) per tamponare il caro-materiali che da quasi due anni tiene stretto in una morsa il settore costruzioni. Dopo lo stop al decreto che metteva nero su bianco la valutazione di rincari avvenuti nel primo semestre del 2021, il Tar Lazio, ha bocciato anche il secondo decreto emesso dal ministero, il Dm 4 aprile 2022 (pubblicato sulla Gazzetta n.110 del 12 maggio 2022), con le rilevazioni dell'aumento dei prezzi dei materiali registrati nel secondo semestre dell'anno scorso.

Se con il ricorso relativo al primo decreto l'Associazione costruttori aveva contestato le valutazioni effettuate su 15 dei 56 materiali inclusi nel paniere del ministero, questa volta a finire nel mirino sono 13 prodotti da costruzione (tra cui vari tipi di lamiere in acciaio, tubazioni in ferro, acciaio e Pvc, legname in abete e fibre in acciaio per il calcestruzzo rinforzato).

Nella sentenza (n. 8512/2022, depositata venerdì 16 settembre) il Tar, anche alla luce della sentenza con cui ha bocciato il primo decreto, ribadisce le perplessità sui metodi di rilevazione alla base della misurazione dei prezzi «non risultando esperita dall'amministrazione una adeguata istruttoria e valutazione critica dei dati trasmessi dagli enti rilevatori, soprattutto nella parte in cui gli stessi evidenziano risultati significativamente differenti tra di loro e notevoli scostamenti percentuali». In particolare, i giudici evidenziano che all'interno dei prezzi dei materiali esistono scostamenti che vanno «dal 20% a oltre il 40% - laddove le Linee guida per la rilevazione sui prezzi dei materiali da costruzione prescrivono la necessità di "evitare differenze anomale tra le varie fonti (e, all'interno di ciascuna fonte, tra i vari territori o tra materiali simili)"».

Un gap giudicato troppo alto e tale, agli occhi dei giudici, da suggerire l'accoglimento della sospensiva «a fini riesame». Con la sentenza il Tar ordina dunque alle Infrastrutture di rivalutare le proprie conclusioni «previa motivata relazione del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, in ordine alla congruità dei dati rilevati nonché alla coerenza dei risultati trasfusi nel decreto impugnato, con riferimento alle categorie di materiali oggetto delle
contestazioni», nel giro di trenta giorni dalla notifica della sentenza. Ora dunque la palla passa al ministero. La decisione finale arriverà a valle dell'udienza di merito messa in agenda per il 21 dicembre.

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