Fisco e contabilità

Regioni già in ritardo sul recupero di milioni di cure saltate per il Covid

I piani per spendere 500 milioni previsti entro il 31 gennaio rinviati a oggi ma ne mancano ancora quattro

di Marzio Bartoloni

Qualcuno l’ha definita la “pandemia nascosta”. Di certo è una emergenza sanitaria che affianca quella del Covid ma che molto probabilmente si trascinerà più lungo, anche per alcuni anni. È quella della montagna di cure saltate in due anni di pandemia: si stimano almeno 14 milioni di visite specialistiche perse, 2 milioni di ricoveri rinviati, 600mila operazioni chirurgiche rimandate e 4 milioni di screening oncologici mai effettuati. Un lockdown delle altre cure che ha costretto spesso tanti malati a rimandare visite e controlli aggravando le loro condizioni di salute e che per tanti italiani si è tradotto in mancate diagnosi: sarebbero almeno 15mila solo quelle di tumore che si sono perse per strada secondo gli oncologi.

Dunque si tratta di una priorità assoluta su cui bisogna correre in questi mesi ora che il virus comincia ad arretrare con i reparti ospedalieri che si svuotano di pazienti Covid, ma che potrebbero tornare a riempirsi il prossimo autunno se il virus rialzasse la testa. Una priorità su cui il ministro della Salute Roberto Speranza ha trovato nell’ultima manovra altri 500 milioni per il recupero delle liste d’attesa dopo quelli stanziati nel 2020. Peccato che anche stavolta, esattamente come un anno fa, le Regioni non hanno rispettato i tempi: la scadenza ultima per presentare i nuovi piani era infatti quella del 31 gennaio ma di fronte ai ritardi di diverse amministrazioni il ministero che nel frattempo ha predisposto anche delle linee guida ha rinviato la scadenza a oggi. Un rinvio che potrebbe non bastare: al momento quattro Regioni - Abruzzo, Calabria, Puglia e Bolzano - non hanno ancora presentato nulla, ma anche per altre Regioni la documentazione potrebbe non essere completa. Con i tempi per far partire i piani che dunque potrebbero slittare ancora. Un film purtroppo già visto quando dopo le prime violente ondate di Covid erano saltati - secondo il monitoraggio della Scuola Sant'Anna di Pisa e dell'Agenas - quasi il 50% degli screening per tumori e si era registrato anche un forte calo dei ricoveri programmati (-24,15%), di quelli in day hospital (-29,66%), degli interventi chirurgici (-26,22%), ma anche di quelli urgenti per infarto (-11,5%), ictus (-12,62%), angioplastica (-14,43%) e by-pass aortocoronarico (-24,5%). Un crollo contro il quale il ministro Speranza aveva voluto, già nell'estate del 2020, un primo stanziamento di 500 milioni per provare a recuperare le cure saltate. Fondi che però sono stati in diversi casi spesi male e in forte ritardo:  i piani regionali che dovevano essere pronti entro il settembre successivo sono arrivati con molti mesi di ritardo - anche a causa delle nuove ondate del Covid - e senza un effettivo monitoraggio di quanto speso. Secondo una fotografia della Corte dei conti che risale a giugno scorso, le Regioni avrebbero utilizzato solo il 67% dei fondi (300 milioni su 500 milioni) con alcune Regioni del Sud che sarebbero rimaste a secco.

Con i nuovi 500 milioni anche stavolta le Regioni attraverso le Asl potranno pagare prestazioni extra di medici e infermieri (gli straordinari saranno pagati 80 euro lordi l’ora per i primi e 50 euro, sempre lordi, per gli infermieri), ma stavolta fino a 150 milioni potranno essere spesi per acquistare prestazioni dagli ospedali privati accreditati.

«Non si può più sbagliare su questo tema così delicato anche perché il tempo a disposizione non è un anno ma forse otto mesi: dobbiamo recuperare le cure entro ottobre visto che è altamente probabile che da novembre gli ospedali potrebbero soffrire di nuove ondate anche se meno violente a meno che, e questa è la grande sfida, si riesca a non bloccare più le altre prestazioni come invece è avvenuto in questi due anni», avverte Tonino Aceti presidente di Salutequità. Che sottolinea come serva «una governance forte da parte del ministero nel monitorare che ci sia un effettivo recupero delle cure e nei tempi controllando i piani regionali non solo formalmente ma anche sostanzialmente prevedendo cronoprogrammi, come fanno alcune Regioni, per raggiungere certe percentuali di prestazioni entro scadenze precise». Non solo per il presidente di Salutequità il recupero delle prestazioni deve diventare un obiettivo anche per i direttori generali degli ospedali «che devono essere valutati nella capacità di raggiungere questo target costruendo anche un cruscotto nazionale che renda trasparente per i cittadino quanto le Regioni stiano facendo sulle liste d’attesa».

Il nodo però non è solo quello solito della burocrazia e dell’incapacità di programmare la spesa. Un altro scoglio potrebbe essere quello della carenza di personale disponibile a lavorare extra per il recupero delle prestazioni saltate. «Ci sarà da svolgere un lavoro straordinario che potrebbe durare almeno tre anni. Bisogna rendere in qualche modo appetibile questo lavoro per il personale medico che è già stremato e che piuttosto che lavorare preferirebbe andare in ferie dopo due anni di incredibile stress», avverte Carlo Palermo segretario di Anaao Assomed, la sigla principale dei medici ospedalieri. «Servirebbe un aumento del personale - aggiunge Palermo - ma in giro non ce n’è disponibile anche perché siamo al massimo della curva dei pensionamenti e ci sono tanti colleghi che preferiscono licenziarsi dagli ospedali andando al privato. Insomma mancano i medici specialisti e per questo l’unica cosa possibile potrebbe essere quella di assoldare i giovani medici che si stanno specializzando dal terzo anno di corso in poi: si tratta - spiega il segretario dell’Anaao - di circa 15mila giovani dottori che possono dare una grande mano».

Per il rappresentante dei medici ospedalieri un altra soluzione può arrivare con la defiscalizzazione degli straordinari al personale impegnato nel recupero delle liste d’attesa: «Le trattenute dello Stato sugli straordinari sono alte e invece bisogna rendere allettante il lavoro perché degli 80 euro lordi di straordinario ne rimangono in tasca al medico 30-40 euro. Così molti preferiscono godersi le ferie saltate»

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