Amministratori

Accesso civico, illegittimo il «no» per tutelare segreti tecnici e commerciali senza la prova concreta del pregiudizio da evitare

In termini di indebito vantaggio a terzi e di conseguente distorsione della concorrenza

di Michele Nico

Per negare l'istanza di accesso civico generalizzato non basta che il soggetto pubblico evochi la necessità di tutela di segreti tecnici e commerciali, ma deve dare prova concreta del pregiudizio che la conoscenza della documentazione richiesta potrebbe comportare all'ente, in termini di indebito vantaggio a terzi e di conseguente distorsione della concorrenza. Questo il principio affermato dal Tar Lombardia, Sezione III, con la sentenza n. 590/2023, che ha confermato il carattere d'eccezione da assegnare ai limiti previsti per questa forma di accesso.

Il fatto
Una società a totale capitale pubblico ha negato a un'impresa attiva nel riciclo e recupero dei rifiuti l'accesso agli atti relativi al procedimento per la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti organici e produzione biometano, nonché l'accesso alle determinazioni inerenti all'affidamento del servizio di smaltimento della frazione umida nel territorio dei Comuni soci.
Va precisato che, nel caso di specie, l'istanza era stata formulata sia ai sensi degli articoli 5 e seguenti del Dlgs 33/2013 (accesso civico generalizzato), sia ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 241/1990 (accesso documentale).
La partecipata ha negato l'istanza articolando la motivazione come segue:
a) quanto alla richiesta di accesso documentale, per la ravvisata mancanza di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata" (articolo 22, lettera b) della legge 241/1990);
b) quanto all'istanza di accesso civico, per il fatto che la documentazione richiesta conterrebbe informazioni riservate, in quanto relative a strategie commerciali e rientranti nel know-how aziendale, e sarebbe pertanto sottratta all'accesso civico ai sensi dell'articolo 5-bis, secondo comma, lettera c), del Dlgs 33/2013.
Al che l'impresa si è rivolta al Tar lombardo per ottenere la condanna della società pubblica al rilascio di copia della documentazione oggetto di diniego, previo accertamento del diritto all'ostensione degli atti richiesti. Il Tar adito ha accolto il ricorso e ha condannato la partecipata all'ostensione degli atti sulla base delle seguenti argomentazioni.

Il diniego all'accesso
La Sezione ha ravvisato, in primis, la sussistenza di un interesse attuale e concreto dell'impresa ad avere accesso alla documentazione richiesta, ritenendo bastevole a tal fine la circostanza che la realizzazione del nuovo impianto potrebbe determinare una contrazione del volume d'affari della ricorrente e che la conoscenza di tale documentazione sarebbe quindi funzionale alla tutela dei suoi interessi.
Il collegio ha poi ritenuto che, nel caso in esame, non possa trovare applicazione il limite all'accesso civico di cui all'articolo 5-bis, lettera c), del Dlgs 33/2013. Tale disposto, osservano i giudici, vieta la possibilità di esercitare il diritto di accesso civico generalizzato quando esso sia suscettibile di arrecare un pregiudizio concreto alla tutela di un interesse di carattere economico e commerciale.
La ratio della norma risiede nell'interesse degli operatori economici che svolgono attività in regime di libero mercato a mantenere riservati dati che, se resi noti, comporterebbero un indebito vantaggio a terzi con una distorsione della concorrenza.
Di qui la necessità che il diniego all'istanza di accesso indichi le ragioni del possibile pregiudizio derivante dalla conoscenza della documentazione richiesta, in linea con il tenore del disposto sopra citato.

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