Imprese

Servizio idrico al Sud, rischio statalizzazione per gli enti in ritardo

Sostegno di Invitalia e poteri sostitutivi se non arriva l’affidamento

di Stefano Pozzoli

A livello governativo cresce la preoccupazione per le inadempienze delle regioni meridionali nel servizio idrico integrato, problema oggi acuito sia dalla siccità, che rende palesi le debolezze infrastrutturali, sia dagli impegni presi a livello comunitario.

Da qui i bandi Pnrr aperti solo a contesti in regola con il quadro normativo con il risultato, però, di non dare accesso a finanziamenti nati per il riequilibrio Nord-Sud proprio ai territori in cui il servizio è più disastrato. Ovvia quindi la necessità di intervenire.

Nel decreto Aiuti-bis una norma sul «rafforzamento della governance della gestione del servizio idrico integrato» sembra la strada scelta dal governo. Secondo la disposizione, gli enti d’ambito che non abbiano ancora provveduto all'affidamento del servizio idrico integrato devono adottare gli atti di loro competenza entro 90 giorni. Se non vi provvedono è dovere del Presidente della regione esercitare i poteri sostitutivi, affidando il servizio entro 60 giorni.

Per l’adozione degli atti necessari, gli enti di governo dell’ambito o i Presidenti delle regioni, «possono avvalersi di un soggetto societario a controllo interamente pubblico che abbia maturato esperienza in progetti di assistenza alle amministrazioni pubbliche impegnate nei processi di organizzazione, pianificazione ed efficientamento dei servizi pubblici locali, individuato con decreto del ministro della Transizione ecologica» da adottare entro trenta giorni.

Fin qui sembrerebbe il tradizionale affidamento del ruolo di sostegno procedurale a un soggetto come Invitalia, che ha certamente tutti i requisiti per assumere il ruolo di consulente delle Regioni e degli ambiti territoriali in materia idrica, salvo riuscire poi a dispiegare la piena soddisfazione delle richieste nel tempo previsto.

E non stupiscono i tempi brevi imposti agli enti territoriali, già previsti e superati serenamente più volte fin dal 5 gennaio 1994, data di approvazione della legge Galli (legge 36/1994).

Ma c’è una novità. Perché se neppure il Presidente della regione provvede, è il Governo ad esercitare i poteri sostitutivi, «su proposta del ministro della Transizione ecologica di concerto con il ministro dell’Economia e delle finanze e con il ministro per il Sud e la coesione territoriale», incaricando la società pubblica individuata dal Mite di provvedere alla gestione del servizio idrico integrato in via transitoria e per una durata non superiore a quattro anni, comunque rinnovabile, in caso di mancata adozione dei provvedimenti di competenza dell’ente di governo dell'ambito entro sei mesi precedenti la scadenza della durata.

I costi sostenuti da questo soggetto, che diventa dunque il gestore del servizio idrico, saranno le entrate tariffarie e, se insufficienti, resteranno a carico degli enti inadempienti, «che provvedono prioritariamente al soddisfacimento dei crediti nei confronti della società affidataria del servizio, mediante risorse indisponibili fino al completo soddisfacimento dei predetti crediti, che non possono formare oggetto di azioni da parte di creditori diversi dalla società affidataria».

A questo punto, al di là di quale sarà il soggetto pubblico individuato, che deve avere anche un profilo gestionale specialistico, sembra che la minaccia di un commissariamento delle Regioni inadempienti si faccia assai concreta.

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