Appalti

Il ddl delega appalti passa all'Aula del Senato: i principali emendamenti approvati

Dopo il via libera della commissione Lavori pubblici, il testo - frutto dell'intesa governo-maggioranza - non sarà modificato. Stesura del codice affidata al Consiglio di Stato

di Giorgio Santilli

Passo avanti decisivo per la legge delega di riforma del codice appalti, una delle priorità del Pnrr, come ha detto spesso Mario Draghi. La commissione Lavori pubblici del Senato ieri ha approvato il testo che si può considerare definitivo, tanto più che è corroborato da un solido accordo fra maggioranza e governo. Oggi il testo approderà in Aula, dove passerà senza ulteriori modifiche, senza fiducia: la maggioranza infatti non presenterà emendamenti ulteriori. Poi, la seconda lettura alla Camera. Il Pnrr prevede l'approvazione della legge entro il 30 giugno e il codice entro il 31 marzo 2023. La legge accelera, però, i tempi prevedendo il termine per la delega in sei mesi. Sono passati in commissione 25 emendamenti, spesso sostenuti trasversalmente da tutte le forze della maggioranza. Fra le approvazioni più rilevanti c'è sicuramente l'emendamento Margiotta (Pd) che prevede l'obbligo per le stazioni appaltanti di prevedere la clausola della revisione pezzi nei bandi e negli avvisi «al verificarsi di particolari condizioni di natura oggettiva e non prevedibii al momento della formulazione dell'offerta». E l'estensione dell'obbligo a tutte le opere e oltre il 2023.

«Era importante - dice Margiotta - mandare un segnale chiaro alle imprese che in questo momento stanno soffrendo e che sono un tassello fondamentale per l'attuazione del Pnrr». Margiotta apprezza anche il metodo politico. «È molto positiva la mediazione raggiunta tra Parlamento e Governo - dice - su alcuni punti dirimenti del Ddl sui contratti pubblici: è la dimostrazione che in questa legislatura si possono trovare punti di sintesi e intese nonostante le profonde differenze tra le forze politiche di maggioranza, evitando pericolosi incidenti parlamentari che metterebbero a rischio le sorti dell'esecutivo». Dall'approvazione esce rafforzato il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, che ha sempre creduto nella possibilità di arrivare a un accordo per un testo condiviso, limitando molto le modifiche, quasi tutte inserite nel solco dei principi di delega già previsti dal testo governativo.

Tra i principali emendamenti approvati ci sono: la inderogabilità delle norme a tutela del lavoro, per la sicurezza e per il contrasto al lavoro illegale o irregolare; le tutele per le piccole e microimprese con il divieto di accorpamento artificioso di lotti; la previsione di un regolamento a capitoli scritto «in relazione alle diverse tipologie di contratto»; il rafforzamento della qualificazione e della selezione delle stazioni appaltanti anche con percorsi di formazione ad hoc per le «centrali»; l'introduzione dei criteri ambientali minimi (Cam) che possono essere valorizzati economicamente nelle procedure di affidamento, l'introduzione di un sistema di rendicontazione degli obiettivi energetico ambientali; i contratti-tipo formulati da Anac per le opere in leasing e per i servizi di pubblica utilità resi in regime di concessione; la revisione del sistema delle garanzie fideiussorie, «prevedendo in relazione alle garanzie dell'esecuzione dei contratti la possibilità di sostituire le stesse mediante l'effettuazione di una ritenuta di garanzia proporzionata all'importo del contratto in occasione del pagamento di ciascun Stato Avanzamento Lavori».

Sulla questione politicamente più spinosa, la possibilità per il governo di dare mandato al Consiglio di Stato per scrivere il testo del codice appalti, l'emendamento M5s, che puntava a cancellare questa possibilità, è stato notevolmente alleggerito. Il mandato al Consiglio di Stato resta e l'unica limitazione introdotta, più formale che sostanziale, è che il Consiglio di Stato «sarà tenuto» ad avvalersi di competenze esterne. Non cambia di fatto nulla: il Consiglio di Stato avrebbe comunque istituito una commissione costituita da «magistrati di tribunale amministrativo regionale, esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell'Avvocatura generale dello Stato».L'altra modifica introdotta con l'emendamento M5s prevede il parere rafforzato del Parlamento sul testo del codice qualora il primo parere non sia stato accolto dal governo. Questo parere rafforzato, però, sarà espresso solo a condizione che non si sfori con i tempi previsti.

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