Progettazione

Rischio incendi negli edifici, ecco come scegliere i materiali più sicuri (e vigilare sulla corretta posa in opera)

Dopo il casi di Londra e Milano, una breve guida per tecnici, proprietari e amministratori di condominio

di Mariagrazia Barletta

L'incendio che in una manciata di minuti, il 29 agosto, ha coinvolto l'intera torre di via Antonini a Milano, trasformandola in una torcia e lasciando senza casa circa 70 famiglie (fortunatamente senza stroncare vite), riporta all'attenzione un tema più che delicato per la progettazione: la sicurezza antincendio dei sistemi e dei materiali utilizzati per rendere energeticamente più efficienti gli edifici. Tematica che incrocia anche il decollo del superbonus. L'utilizzo di rivestimenti, di isolanti combustibili, di facciate con intercapedini d'aria aumenta il rischio di propagazione del fuoco all'interno degli edifici e anche a quelli adiacenti. Tutte le dovute precauzioni devono essere considerate sia in fase di progetto che di esecuzione, coinvolgendo esperti di antincendio dal progetto alla chiusura dei lavori, perché ogni fase è delicata e anche eventuali varianti in fase esecutiva vanno ben gestite.

Come capire se un materiale è sicuro
Per capire se un materiale inserito in facciata, che sia un sistema a cappotto, una facciata ventilata o un semplice rivestimento, faciliti o meno la propagazione di un incendio bisogna far riferimento alla reazione al fuoco, una caratteristica che, associata ad un materiale da costruzione, rappresenta il suo grado di partecipazione al fuoco a cui è sottoposto. Un materiale con una classe idonea di reazione al fuoco limita la velocità di propagazione dell'incendio, limita la possibilità che il fuoco possa propagarsi ad altri materiali combustibili e, se l'incendio corre più lentamente, le persone hanno più tempo a disposizione per abbandonare l'immobile in fiamme. La reazione al fuoco ci dice cioè come il materiale si comporta se viene coinvolto in un incendio e se può ostacolarne o favorirne la propagazione. Il materiale viene sottoposto a prove in laboratori autorizzati tenendo conto delle specifiche condizioni di applicazione (i metodi di prova e i criteri di classificazione sono stabiliti a livello europeo da specifiche norme). Viene così associata al materiale una classe di reazione al fuoco che, per i prodotti per i quali vi è l'obbligo di marcatura Ce, funziona un po' come le etichette energetiche. Esistono sette classi principali (euroclassi) identificate con una lettera, A1 indica i materiali incombustibili, ossia che, sottoposti al calore o al fuoco, non bruciano, non aiutano la combustione e non sprigionano gas infiammabili. Le lettere A2, B, C, D e F identificano i materiali combustibili, con velocità di combustione crescente dalla lettera A2 alla F. Le euroclassi dunque danno informazioni importanti sulla pericolosità di un materiale. Per i prodotti muniti di marcatura Ce, la classe di reazione al fuoco è riportata nelle informazioni che accompagnano la marcatura stessa. Vi è poi un'ulteriore classificazione dei materiali per le classi da A2 a D che dà indicazioni riguardo alla produzione di fumo e al gocciolamento di materiale fuso durante la combustione.

Materiali pericolosi se installati male
Più la classe di reazione al fuoco è elevata (la migliore è la A1), più il materiale è sicuro, meglio inoltre se emette poco fumo e se il gocciolamento di parti incandescenti è assente o limitato. Seppure si scelgano materiali con classi di reazione al fuoco che assicurano un buon comportamento in caso di incendio, non è detto che poi le prestazioni effettive corrispondano alle classi prescelte. Il materiale va infatti posato in opera conformemente alle condizioni di prova. Dunque la classificazione è valida ed assicurata per precise tipologie di installazione. Ad esempio, un isolante classificato B-s2, d0, testato su una parete non ventilata con intercapedine maggiore di 40 mm o su un substrato incombustibile, mantiene quella classe di reazione al fuoco solo se si rispettano quelle condizioni di installazione. Per i materiali a marcatura Ce, tutte le informazioni utili sulle modalità di posa in opera sono contenute nei rapporti di classificazione. Un altro esempio è il materiale utilizzato per la facciata della Grenfell Tower incendiatasi a Londra a giugno 2017 causando 72 morti. Lo stesso materiale di rivestimento ha dimostrato un comportamento al fuoco completamente diverso a seconda della tipologia di ancoraggio utilizzata (pannelli rivettati o scatolati).

Cosa dice la normativa
La normativa antincendio italiana non consente di trasformare un edificio, come la Torre dei Moro, in una torcia, mettendo in pericolo la vita di occupanti e soccorritori. E non lo consentiva nemmeno in passato (dunque nemmeno ai tempi della costruzione del grattacielo di via Antonini). Andando a ritroso nel tempo troviamo il regolamento di attuazione della direttiva Ue sui prodotti da costruzione (Dpr 246 del 1993), secondo cui per essere sicuro sotto il profilo antincendio, un edificio deve essere concepito e costruito in modo da garantire la stabilità degli elementi portanti per un tempo utile ad assicurare il soccorso agli occupanti, deve consentire agli occupanti di uscire indenni, deve limitare la propagazione del fuoco e dei fumi, anche alle opere vicine e deve consentire ai soccorritori di lavorare in condizioni di sicurezza. Pochi ed essenziali criteri che ogni progetto antincendio non può ignorare. Questi criteri sono stati aggiornati, ampliati e confermati poi con il regolamento Ue 305 del 2011 (Regolamento Cpr, entrato in vigore il 1° luglio 2013), diventato operativo negli stati membri senza necessità di recepimento, che invece è richiesta per le direttive.

Dunque, tra i requisiti di base a cui un'opera da costruzione deve rispondere vi è la sicurezza in caso di incendio, che non può essere rispettata in pieno se nell'edificio non viene ostacolata la propagazione e la generazione del fuoco e del fumo all'interno o verso altri edifici. Il rispetto dei principi essenziali del Regolamento contrasta anche con la possibilità che parti della facciata, prendendo fuoco, possano staccarsi mettendo a rischio la vita dei soccorritori e le fasi di esodo. Ed ancora, il Dlgs 139 del 2006 ricorda che, in campo antincendio, le soluzioni tecniche devono ben tener presenti tre obiettivi primari: la sicurezza della vita umana, l'incolumità delle persone e la tutela dei beni e dell'ambiente. E, se non bastasse, esistono dal 1987 le norme per la sicurezza antincendio degli edifici di civile abitazione (Dm 246 del 16 maggio) di altezza antincendio pari o superiore a 12 metri che obbligano alla suddivisione dell'edificio in compartimenti, ossia in "scatole" che inglobano anche più piani, costituite da prodotti o elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l'azione del fuoco e per un determinato intervallo di tempo, la resistenza al fuoco della struttura. Semplificando, la normativa non permette di progettare e realizzare un edificio in cui in pochi minuti il fuoco possa propagarsi da un piano all'altro coinvolgendo addirittura l'intero immobile.

Le guide tecniche emanate dal 2010
Con l'innovazione tecnologica che ha interessato gli involucri edilizi, la sicurezza delle facciate è diventata un argomento sensibile per il progetto antincendio. Nel 2010 i Vigili del Fuoco hanno emanato una guida tecnica a carattere volontario che indica i requisiti antincendio delle facciate negli edifici civili di altezza antincendio superiore a 12 metri. La guida è stata poi aggiornata nel 2013 e pubblicata come documento di volontaria applicazione. Per il classico isolamento senza intercapedini d'aria si raccomanda di verificare, in corrispondenza di ogni solaio con funzione di compartimentazione, la resistenza al fuoco delle fasce di piano, ossia delle porzioni di facciata poste tra le aperture di due piani successivi, con attenzione anche alla presenza di eventuali aperture che potrebbero compromettere le prestazioni di resistenza al fuoco. Inoltre, secondo la guida tecnica, i prodotti isolanti presenti in facciata devono avere precisi requisiti di reazione al fuoco, devono essere almeno di classe B-s3-d0. Ad esclusione delle fasce (di larghezza pari a 60 cm) intorno ai vani finestra e porta-finestra e della parte basamentale (per un'altezza di almeno 3 metri) è consentito l'utilizzo di isolanti di classi inferiori alla B-s3-d0, che, però, vanno protetti con materiali incombustibili di adeguato spessore.

In ultimo, per interventi sulle facciate c'è da considerare il Dm 25 gennaio 2019 con il quale è stata modificata la regola tecnica del 1987 sulla sicurezza antincendi per edifici di civile abitazione. Il Dm richiama i tre requisiti già espressi dalle linee guida, da rispettare quando si realizzano interventi che riguardano più del 50% della superficie complessiva delle facciate di un edificio e nelle nuove costruzioni. Dunque, per la realizzazione di un «cappotto» o di una facciata ventilata, il decreto obbliga al soddisfacimento di tre obbiettivi: evitare che attraverso la facciata l'incendio possa coinvolgere i compartimenti adiacenti a quello di primo innesco; limitare la probabilità che una facciata possa incendiarsi a causa di un fuoco di origine esterna, e qui va considerata l'esposizione diretta alle fiamme e anche la propagazione per irraggiamento; evitare che parti di facciata nel cadere possano compromettere l'esodo in sicurezza e l'intervento delle squadre di soccorso. È chiaro che se si verifica la condizione stabilita dal Dm del 25 gennaio 2019 (intervento che incide per oltre il 50% della superficie delle facciate) bisogna attestare la rispondenza all'obbligo normativo e occorre la Scia (e anche la valutazione del progetto per i condomìni in categoria B o C se c'è aggravio di rischio). Va ricordato, infine, che Il Comitato centrale tecnico scientifico (Ccts) dei Vigili del Fuoco ha approvato in via definitiva, il 15 giugno, la nuova regola tecnica verticale per la sicurezza antincendio delle facciate e delle coperture di edifici civili (si veda l'articolo dello scorso 16 giugno). La bozza ancora non è stata notificata in Commissione Ue per le verifiche di rito.

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