Settimana corta in azienda: intese individuali o collettive
Anche fra le aziende italiane si fanno strada esperimenti di rimodulazione dell’orario di lavoro. Tra le formule giuridiche disponibili, quella da preferire appare l’accordo collettivo
Identificare criteri e modalità di valutazione qualitativa delle prestazioni e monitorare i risultati: sono due aspetti fondamentali degli accordi di rimodulazione dell’orario di lavoro che cominciano a prendere piede in alcune aziende anche in Italia.
L’orario di lavoro da sempre è uno dei temi giuslavoristici di maggiore rilevanza e sensibilità, in quanto criterio fondamentale per determinare la retribuzione e i tempi di riposo, ed è una delle materie di maggiore interesse nell’ambito delle relazioni sindacali.
Nell’attuale dibattito è sempre più discussa la possibilità di superare la tradizionale impostazione dell’orario di lavoro a tempo pieno (in Italia tipicamente connotata dalle otto ore giornaliere e 40 ore settimanali), per abbracciare nuovi sistemi di quantificazione e determinazione di tempi di lavoro più flessibili.
Analogamente a quanto già sperimentato con il lavoro agile, tale dibattito è alimentato da una crescente istanza collettiva – in parte frutto dell’esperienza pandemica – che travalica i confini nazionali e coinvolge lavoratori di ordinamenti molto differenti tra loro, sempre più interessati alla ricerca di un migliore bilanciamento tra il lavoro e la vita personale.
Le opzioni possibili
Sono due le principali opzioni che possono essere vagliate, entrambe accomunate dalla riduzione di un giorno lavorativo a settimana, a parità di retribuzione:
la prima prevede il mantenimento dell’orario di lavoro complessivo, che viene “spalmato” sui restanti giorni lavorativi;
la seconda comporta invece una riduzione dell’orario di lavoro.
Nel contesto continentale europeo i principali esempi sono offerti dalle esperienze del Belgio (dove una legge prevede la possibilità di distribuire l’orario di lavoro su quattro giorni alla settimana), della Spagna (nella quale è in atto una fase sperimentale che prevede la riduzione dell’orario settimanale a 32 ore), dell’Islanda (dove, all’esito di una sperimentazione durata quattro anni, è stata introdotta la settimana lavorativa di quattro giorni e la conseguente riduzione dell’orario di lavoro a 35 o 36 ore) e del Regno Unito (nel quale la settimana lavorativa di quattro giorni è già ampiamente diffusa). Analoghe misure si registrano anche in Usa, Nuova Zelanda, Giappone, Emirati Arabi Uniti, Canada e Australia.
I vantaggi
Diversi studi hanno evidenziato vantaggi connessi all’adozione di tali misure, tra i quali un miglioramento del benessere dei lavoratori, una rilevante riduzione delle ore di malattia, una maggiore capacità di trattenere le risorse e attrarre nuovi talenti, e un aumento della produttività. Anche in Italia alcune aziende stanno già compiendo i primi passi verso una rimodulazione dell’orario di lavoro.
Da un punto di vista tecnico, le aziende possono adottare tali misure in via unilaterale (purché non impattino sullo stipendio e non si traducano nella trasformazione dei rapporti da full time a part time), tramite accordi individuali o collettivi.
Come per il lavoro agile, sarebbe tuttavia riduttivo affrontare tale tematica in un’ottica di mera riduzione quantitativa dei giorni lavorativi o dell’orario di lavoro, senza cogliere l’opportunità di superare l’approccio tradizionale dell’orario di lavoro inteso come mera messa a disposizione delle energie lavorative, per focalizzarsi maggiormente sulla qualità della prestazione.
In tale prospettiva, l’accordo collettivo è l’opzione auspicabile. ha infatti il pregio di individuare consensualmente la platea dei lavoratori interessati alla rimodulazione dell’orario, di determinare le migliori modalità e tempistiche per implementare la misura, utili a contemperare al meglio le esigenze aziendali con quelle dei lavoratori, e, con l’occasione, di definire obiettivi e criteri di valutazione qualitativa della prestazione, idonei a garantire livelli di produttività pari o superiori a quelli connessi all’orario di lavoro tradizionale.
Gli step necessari per le aziende
1- Scelta della misura: in primo luogo occorre scegliere se, a fronte dell'eliminazione di una giornata lavorativa a settimana, sia preferibile ridurre di conseguenza l'orario di lavoro complessivo (ad esempio a 32 ore) o mantenerlo inalterato e spalmarlo sui restanti giorni lavorativi (ad esempio prevedendo 9 ore lavorative per 4 giorni a settimana).
2- Identificazione della platea dei lavoratori interessati: occorre valutare la possibilità di applicare la misura a tutta la platea aziendale oppure solo a specifiche categorie di lavoratori o reparti. In tale seconda ipotesi è consigliabile giustificare la disparità di trattamento tra lavoratori/reparti sulla base di criteri oggettivi di natura tecnica/organizzativa/produttiva, al fine di evitare comportamenti eventualmente qualificabili come discriminatori.
3- Scelta dello strumento giuridico: occorre poi decidere se attuare la misura in via unilaterale (mediante l'adozione di un regolamento aziendale che ridefinisca l'orario di lavoro a tempo pieno in termini migliorativi per i lavoratori) o in via negoziale (mediante la sottoscrizione di accordi individuali con ciascun lavoratore o di un accordo collettivo con i sindacati a livello aziendale/territoriale, al quale far eventualmente seguire la firma di accordi individuali).
4- Determinazione della durata della misura: è consigliabile prevedere una fase iniziale sperimentale, all'esito della quale confermare o meno in via definitiva la misura, a seconda dei risultati registrati.
5- Identificazione di criteri e modalità di valutazione qualitativa della prestazione: al fine di garantire buoni livelli di produttività, specie nell'ipotesi in cui si optasse per la riduzione complessiva dell'orario di lavoro, è consigliabile individuare nel regolamento aziendale o nell'accordo sindacale e negli accordi individuali criteri e parametri oggettivi per valutare qualitativamente la prestazione lavorativa, in termini di risultati e obiettivi da conseguire entro termini predefiniti.
6- Eventuale coordinamento della misura con il lavoro agile: al fine di ottenere i massimi benefici in termini di benessere dei dipendenti e di produttività e organizzazione aziendale, occorre valutare la possibilità di coordinare e organizzare al meglio la settimana lavorativa corta con il lavoro agile.
7- Monitoraggio e valutazione dei risultati: è consigliabile infine monitorare costantemente l'attività e lo stato di soddisfazione dei lavoratori interessati, sulla base di indicatori e parametri oggettivi e soggettivi e di questionari o sondaggi anonimi che consentano di evidenziare i vantaggi e gli eventuali svantaggi determinati dall'adozione di tale misura.