Imprese

Settimana corta in azienda: intese individuali o collettive

Anche fra le aziende italiane si fanno strada esperimenti di rimodulazione dell’orario di lavoro. Tra le formule giuridiche disponibili, quella da preferire appare l’accordo collettivo

di Boris Martella

Identificare criteri e modalità di valutazione qualitativa delle prestazioni e monitorare i risultati: sono due aspetti fondamentali degli accordi di rimodulazione dell’orario di lavoro che cominciano a prendere piede in alcune aziende anche in Italia.

L’orario di lavoro da sempre è uno dei temi giuslavoristici di maggiore rilevanza e sensibilità, in quanto criterio fondamentale per determinare la retribuzione e i tempi di riposo, ed è una delle materie di maggiore interesse nell’ambito delle relazioni sindacali.

Nell’attuale dibattito è sempre più discussa la possibilità di superare la tradizionale impostazione dell’orario di lavoro a tempo pieno (in Italia tipicamente connotata dalle otto ore giornaliere e 40 ore settimanali), per abbracciare nuovi sistemi di quantificazione e determinazione di tempi di lavoro più flessibili.

Analogamente a quanto già sperimentato con il lavoro agile, tale dibattito è alimentato da una crescente istanza collettiva – in parte frutto dell’esperienza pandemica – che travalica i confini nazionali e coinvolge lavoratori di ordinamenti molto differenti tra loro, sempre più interessati alla ricerca di un migliore bilanciamento tra il lavoro e la vita personale.

Le opzioni possibili

Sono due le principali opzioni che possono essere vagliate, entrambe accomunate dalla riduzione di un giorno lavorativo a settimana, a parità di retribuzione:

la prima prevede il mantenimento dell’orario di lavoro complessivo, che viene “spalmato” sui restanti giorni lavorativi;

la seconda comporta invece una riduzione dell’orario di lavoro.

Nel contesto continentale europeo i principali esempi sono offerti dalle esperienze del Belgio (dove una legge prevede la possibilità di distribuire l’orario di lavoro su quattro giorni alla settimana), della Spagna (nella quale è in atto una fase sperimentale che prevede la riduzione dell’orario settimanale a 32 ore), dell’Islanda (dove, all’esito di una sperimentazione durata quattro anni, è stata introdotta la settimana lavorativa di quattro giorni e la conseguente riduzione dell’orario di lavoro a 35 o 36 ore) e del Regno Unito (nel quale la settimana lavorativa di quattro giorni è già ampiamente diffusa). Analoghe misure si registrano anche in Usa, Nuova Zelanda, Giappone, Emirati Arabi Uniti, Canada e Australia.

I vantaggi

Diversi studi hanno evidenziato vantaggi connessi all’adozione di tali misure, tra i quali un miglioramento del benessere dei lavoratori, una rilevante riduzione delle ore di malattia, una maggiore capacità di trattenere le risorse e attrarre nuovi talenti, e un aumento della produttività. Anche in Italia alcune aziende stanno già compiendo i primi passi verso una rimodulazione dell’orario di lavoro.

Da un punto di vista tecnico, le aziende possono adottare tali misure in via unilaterale (purché non impattino sullo stipendio e non si traducano nella trasformazione dei rapporti da full time a part time), tramite accordi individuali o collettivi.

Come per il lavoro agile, sarebbe tuttavia riduttivo affrontare tale tematica in un’ottica di mera riduzione quantitativa dei giorni lavorativi o dell’orario di lavoro, senza cogliere l’opportunità di superare l’approccio tradizionale dell’orario di lavoro inteso come mera messa a disposizione delle energie lavorative, per focalizzarsi maggiormente sulla qualità della prestazione.

In tale prospettiva, l’accordo collettivo è l’opzione auspicabile. ha infatti il pregio di individuare consensualmente la platea dei lavoratori interessati alla rimodulazione dell’orario, di determinare le migliori modalità e tempistiche per implementare la misura, utili a contemperare al meglio le esigenze aziendali con quelle dei lavoratori, e, con l’occasione, di definire obiettivi e criteri di valutazione qualitativa della prestazione, idonei a garantire livelli di produttività pari o superiori a quelli connessi all’orario di lavoro tradizionale.

Gli step necessari per le aziende

1- Scelta della misura: in primo luogo occorre scegliere se, a fronte dell'eliminazione di una giornata lavorativa a settimana, sia preferibile ridurre di conseguenza l'orario di lavoro complessivo (ad esempio a 32 ore) o mantenerlo inalterato e spalmarlo sui restanti giorni lavorativi (ad esempio prevedendo 9 ore lavorative per 4 giorni a settimana).

2- Identificazione della platea dei lavoratori interessati: occorre valutare la possibilità di applicare la misura a tutta la platea aziendale oppure solo a specifiche categorie di lavoratori o reparti. In tale seconda ipotesi è consigliabile giustificare la disparità di trattamento tra lavoratori/reparti sulla base di criteri oggettivi di natura tecnica/organizzativa/produttiva, al fine di evitare comportamenti eventualmente qualificabili come discriminatori.

3- Scelta dello strumento giuridico: occorre poi decidere se attuare la misura in via unilaterale (mediante l'adozione di un regolamento aziendale che ridefinisca l'orario di lavoro a tempo pieno in termini migliorativi per i lavoratori) o in via negoziale (mediante la sottoscrizione di accordi individuali con ciascun lavoratore o di un accordo collettivo con i sindacati a livello aziendale/territoriale, al quale far eventualmente seguire la firma di accordi individuali).

4- Determinazione della durata della misura: è consigliabile prevedere una fase iniziale sperimentale, all'esito della quale confermare o meno in via definitiva la misura, a seconda dei risultati registrati.

5- Identificazione di criteri e modalità di valutazione qualitativa della prestazione: al fine di garantire buoni livelli di produttività, specie nell'ipotesi in cui si optasse per la riduzione complessiva dell'orario di lavoro, è consigliabile individuare nel regolamento aziendale o nell'accordo sindacale e negli accordi individuali criteri e parametri oggettivi per valutare qualitativamente la prestazione lavorativa, in termini di risultati e obiettivi da conseguire entro termini predefiniti.

6- Eventuale coordinamento della misura con il lavoro agile: al fine di ottenere i massimi benefici in termini di benessere dei dipendenti e di produttività e organizzazione aziendale, occorre valutare la possibilità di coordinare e organizzare al meglio la settimana lavorativa corta con il lavoro agile.

7- Monitoraggio e valutazione dei risultati: è consigliabile infine monitorare costantemente l'attività e lo stato di soddisfazione dei lavoratori interessati, sulla base di indicatori e parametri oggettivi e soggettivi e di questionari o sondaggi anonimi che consentano di evidenziare i vantaggi e gli eventuali svantaggi determinati dall'adozione di tale misura.

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