Amministratori

Anci: per i sindaci più limiti alla responsabilità contabile

Necessario distinguere meglio i compiti dei dirigenti e degli organi di governo

di Arturo Bianco

Definire meglio la distinzione dei compiti tra gli organi di governo ed i dirigenti e, soprattutto, limitare la responsabilità amministrativa contabile che può maturare in capo ai sindaci. È questa una delle sei richieste dell'Anci per ridare “dignità” al ruolo degli amministratori e togliere di mezzo alcuni dei lacciuoli che ritardano l'attività amministrativa. Questa richiesta è resa più pressante dall'affermarsi negli ultimi anni di una interpretazione che estende gli ambiti della sua maturazione in capo agli amministratori e dalla introduzione di disposizioni di legge che la fanno maturare in modo quasi automatico nel caso di amministrazioni che si trovano in condizione di difficoltà finanziaria.

A partire dal Dlgs 29/1993 e, per alcuni aspetti, dalla stessa legge 142/1990, con una scelta che è stata rafforzata dalle legge cosiddetta Bassanini del finire degli anni 90, il legislatore ha introdotto il principio della distinzione o separazione dei compiti tra gli organi di governo ed i dirigenti. Ai primi spettano compiti di indirizzo e controllo politico amministrativo ed ai secondi tutti gli atti di gestione, ivi compresi quelli a rilevanza esterna e quelli che hanno un elevato tasso di discrezionalità.

Questo principio, che ha radicalmente modificato le precedenti regole ed i compiti degli amministratori, conosce una possibile eccezione solamente per i Comuni con popolazione inferiore a 5mila abitanti in cui agli amministratori possono essere assegnati compiti gestionali.

Le deroghe devono essere espressamente previste dal legislatore e la gran parte riguarda i compiti assegnati ai sindaci quali ufficiali di governo ed autorità locali di pubblica sicurezza e di sanità, cioè quelle attività in cui i sindaci esercitano poteri di ordinanza, tema su cui non a caso la stessa Anci richiede una revisione della disciplina legislativa. Questo principio si completa, sul terreno della responsabilità amministrativa/contabile, con la previsione dettata dalla legge 20/1994 che esenta gli amministratori dalla sua maturazione nel caso di atti di competenza dei dirigenti di cui essi hanno autorizzato in buona fede la esecuzione. Dal che derivava per la giurisprudenza della Corte dei conti la esenzione della responsabilità degli amministratori in caso di deliberazioni adottate sulla base dei pareri dei dirigenti.

Ma la giurisprudenza contabile ha fortemente ridotto i casi in cui si applica questa cosiddetta esimente politica, ampliando così in modo assai marcato le ipotesi di maturazione di responsabilità in capo agli amministratori: è stato affermato che essa non matura solamente nel caso in cui gli amministratori si siano espressamente opposti. Ed ancora, la sfera della responsabilità amministrativa, sulla base dei principi fissati dalla sentenza della Corte costituzionale n. /2007, si è significativamente ampliata, visto che a essa è stata assegnata, oltre alla natura risarcitoria dei danni subiti dall'ente, anche una funzione di deterrenza e sanzionatoria di natura pubblicistica. Inoltre, non viene più giudicato indispensabile che il danno sia irreversibile. Tale insieme di interpretazioni ha prodotto il risultato di ampliare in misura assai rilevante la maturazione di questo tipo di responsabilità in capo agli amministratori.

Nella stessa direzione va la sua estensione, con connotati quasi automatici, ai casi in cui nell'ente matura una condizione di dissesto: questo semplice fatto determina l'avvio di una azione di responsabilità in capo agli amministratori in carica, peraltro con procedure molto sommarie e sulla base di una responsabilità di fatto oggettiva, il che solleva numerosi dubbi di legittimità costituzionale.

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