Appalti: a ottobre affidati lavori per 7,2 miliardi, a fine anno rischio imbuto Pnrr da 20 miliardi
Cresme: confermata la ripartenza della macchina a pieni giri dopo il rallentamento da extracosti. Decreto Mef finanzia 1.463 lavori, obbligatoria la gara entro dicembre
È ripartita a ottobre la girandola degli appalti di opere pubbliche dopo quattro mesi di “riflessione” da extracosti: l’Osservatorio Cresme registra per quel mese 7,2 miliardi di opere aggiudicate, un dato mensile superato nella storia italiana degli appalti soltanto da maggio 2022 (9,3 miliardi) e dicembre 2021 (8,8 miliardi). È l’effetto Pnrr che è tornato evidentemente ai massimi livelli dopo un primo trimestre 2022 in cui le aggiudicazioni avevano viaggiato a una media mensile di 2,7 miliardi e un quadrimestre giugno-settembre in cui la media mensile era stata di 3,9 miliardi. Il Cresme accredita l’interpretazione che il Pnrr - dopo alcuni mesi in cui le stazioni appaltanti hanno scontato il tempo necessario per ridefinire i prezzi delle opere e sospendere o ripetere le gare - sia ripartito ora con una fortissima accelerazione e che così sarà ancora nei prossimi mesi.
Altri segnali vanno effettivamente in questa direzione. Anzitutto il decreto del Ragioniere generale dello Stato che ripartisce 8,1 miliardi del «fondo opere indifferibili» proprio per compensare gli aumenti di costi che le stazioni appaltanti grandi e piccole porteranno in gara. Per il Pnrr sono finanziati ben 1.463 interventi che dovranno essere tutti appaltati (o almeno banditi) entro fine anno come condizione per non perdere i finanziamenti. Un imbuto senza precedenti che probabilmente farà crollare tutti i record sugli importi delle opere messe in gara, ma rischia anche di stressare ulteriormente la macchina degli appalti Pnrr. Questa enorme girandola di gare e affidamenti da fare in pochi giorni vale non meno di 20 miliardi, considerando, con una stima prudente, che gli extracosti finanziati oscillano mediamente fra il 20 e il 30% dell’importo originario e in alcuni casi di grandi opere toccano il 35-40%.
Di questi finanziamenti straordinari una fetta del 73%, pari a 5,9 miliardi va a opere che ricadono nella competenza del ministero delle Infrastrutture (4,4 miliardi a opere Pnrr ma ci sono anche 263 milioni per il Piano nazionale complementare e 679 milioni per i commissari straordinari).
Altre conferme che sarà un finale d’anno con il botto arrivano dalla più grande stazione appaltante italiana in assoluto e del Pnrr in particolare, Rete ferroviaria italiana (gruppo Fs). Nei dati Cresme fermi a ottobre resta in prima posizione nel 2022 sia per importi banditi (7.231 milioni) sia per importi aggiudicati (8.436 milioni). Ma un’occhiata a quel che sta accadendo ora conferma la ripartenza e, ancor più, il grande ingorgo di fine anno. Lo sprint di aggiudicazioni tra fine ottobre e fine novembre vale per Rfi 2,4 miliardi (Palermo-Catania, collegamento con l’aeroporto di Venezia e nodo av di firenze) e porta il totale annuale a 10 miliardi, con 13 miliardi di bandi lanciati (6,6 sono Pnrr in senso stretto, poi ci sono opere commissariate e Pnc). Ma soprattutto Rfi ha in programma nuove gare nei prossimi venti giorni per altri 7 miliardi.
Tutto bene quindi per il Pnrr e sono ingiustificati gli allarmi del nuovo governo sul rischio paralisi di una parte del Piano? Niente affatto. Nessuno potrebbe sostenere oggi che il Pnrr sia immobile, certo. Ma, oltre al rischio imbuto, le difficoltà sono molte e in alcuni casi aspettano soluzioni.
Il primo ordine di difficoltà riguarda il livello dei progetti messi in gara. Se è vero che il Pnrr ha drasticamente accorciato la fase dell’aggiudicazione, uno dei grandi ritardi italiani, riducendo i tempi medi fisiologici a sei mesi, è altrettanto vero che spesso, soprattutto per le grandi opere, va in gara un progetto che va completato per essere portato a livello esecutivo. Quindi passano ancora mesi prima di aprire i cantieri.
Questo non è un male in sé, c’è una fisiologia nei tempi di progettazione, comprimibili fino a un certo punto. Basterebbe prendersi i tempi di progettazione, opera per opera, anche dei tempi d’oro dell’Alta velocità e della legge obiettivo per vedere che nessuno ha la bacchetta magica. Le procedure restano complesse anche dopo dosi massicce di semplificazioni come nel caso del Pnrr.
Semmai dai Report di queste settimane sulle grandi opere Pnrr viene fuori che l’altro ostacolo più insidioso in Italia, i tempi di autorizzazione dei progetti, resta sempre in agguato. Anche su questo fronte, il comitato speciale del Consiglio superiore dei lavori pubblici sta facendo ottime cose: a settembre aveva emesso 13 pareri tecnici entro i 50 giorni previsti e tre determinazioni motivate entro 15 giorni, con 13 progetti in conferenza di servizi e dieci dibattiti pubblici conclusi su undici. Eppure spuntano ritrovamenti archeologici sulla variante Napoli-Cancello dell’Alta velocità, si allungano i tempi per criticità di natura geologica sulla linea Apice-Hirpinia, le interferenze con i sottoservizi allungano i tempi della Bicocca-Catenanuova, le autorizzazioni paesaggistiche tardano sulla Av Salerno-Reggio Calabria (Battipaglia-Romagnano) e manca la firma del Mic ai decreti di Via, sulla Milano Rogoredo Pavia manca il decreto di compatibilità ambientale Mite-Mic, la verifica di interesse culturale frena il lotto 1.2 Liguria-Alpi, le delibere regionali hanno frenato la Roma-Pescara. E si potrebbe continuare quasi all’infinito con decine di pagine di questi Report che indicano sui singoli lotti quali sono gli intoppi e le ragioni dei rallentamenti.
Probabilmente è a questo cui faceva riferimento il ministro per il Pnrr, Raffaele Fitto, quando diceva, al question time di mercoledì, che entro la prima metà di gennaio sarà varato un decreto per accelerare le procedure delle opere infrastrutturali. Intanto per venerdì della prossima settimana ha convocato la cabina di regia Pnrr per fare il punto sui target di fine anno.