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Risorse Ue, nuove regole per investire su infrastrutture e città. Ance: è necessaria una nuova strategia Paese

di Massimo Frontera

Con la nuova programmazione 2021-2027 la Commissione ha cambiato le “regole del gioco” sull'accesso ai fondi strutturali e ai fondi per realizzare le reti Ten. La novità dovrebbe preoccupare l'Italia, perché implica una ridefinizione della “strategia Paese” per poter continuare a intercettare i fondi Ue da spendere sulle infrastrutture e sulle città. Una prima novità, per esempio, è che per realizzare le reti di trasporto nel Mezzogiorno, diversamente dal passato, bisognerà puntare sempre di più sui fondi per le reti Ten (attraverso un bando) e sempre meno sui più “sicuri” fondi strutturali.

È questo, in estrema sintesi, l’elemento principale emerso dal seminario che l'Ance ha diffuso on line lo scorso 25 giugno, nel quale sono state illustrate le novità per l'Italia della nuova programmazione 2021-2027 (evidenziando le differenze con la programmazione 2014-2020) . Il seminario è stato condotto da Alessandro Carano, super-tecnico Ue del gabinetto della commissaria ai Trasporti Violeta Bulc, e da Romain Bocognani, esperto del centro studi dell'Ance su questi temi.

Il seminario è servito a fare un primo punto sulle risorse comunitarie per investimenti, ma anche a lanciare un primo “warning” sulla possibilità che l'Italia possa perdere una quota rilevante di finanziamenti a causa della sua lentezza nella spesa. Una difficoltà aggravata dal fatto che nel periodo compreso tra il 2019 e la fine del 2023 (termine ultimo per spendere i fondi 2014-2020), l'Italia deve anche impostare la sua “strategia Paese” sulla programmazione 2021-2027. In altre parole, l'Italia dovrà gestire nello stesso tempo un'agenda europea che vede la sovrapposizione di due programmazioni (una da liquidare e una da programmare) con il rischio di non riuscire a difendere fondi Ue acquisiti.

L'“imbuto” 2019-2023: rush finale della spesa e avvio della nuova programmazione
Va ricordato che la proposta della Commissione sulla nuova programmazione 2021-2027, ufficializzata nel giugno scorso sarà approvata la primavera del prossimo anno, al termine di una discussione con il Parlamento e il Consiglio europeo. Ma la cornice, l'impianto e la strategia non cambieranno. Intanto, c'è una prima questione da affrontare: la spesa delle risorse Ue. L'Italia finora è tra i paesi più bravi ad acquisire risorse ma è tra i peggiori nello spenderle. Nella lista dei 27 paesi Ue, l'Italia è infatti al secondo posto (dopo la Polonia) nella quota di fondi strutturali 2014-2017, ma è al penultimo posto come avanzamento della spesa dei fondi Fesr (prima della Slovacchia). È proprio per questo che suscita preoccupazione il rush finale della spesa dei fondi 2014-2017 da chiudere entro il 31 dicembre 2023. Il nodo - ricorda l'Ance – sta nel fatto che nel triennio 2021-2023 l'Italia dovrà rendicontare l'ultima maxi-tranche del 64% delle risorse della vecchia programmazione, e contemporaneamente lavorare ai primi tre anni della nuova programmazione 2021-2027. Un doppio lavoro, in cui c'è una scadenza importante: nel 2025, avverte l'Ance, ci sarà una prima verifica di metà periodo sulla nuova programmazione, con appunto il rischio di un definanziamento. In altre parole, se l'Italia si allinea – come storicamente ha fatto – sui target di rendicontazione “comodi” concessi dall'Europa, rischia di rimanere indietro sui nuovi piani e, proprio per questo, di perdere i fondi. In altre parole – è questo il warning dell'Ance – l'Italia rischia di incartarsi da sola in una “trappola perfetta”.
FONDI UE/1. LA SPESA DA RENDICONTARE FINO AL 31 DICEMBRE 2023
FONDI UE/2. RIPARTIZIONE DALLA SPESA PER PAESE
FONDI UE/3. RIPARTIZIONE DALLA SPESA 2021-2027

Le risorse 2021-2027: più fondi Ten meno fondi strutturali
E sarebbe un peccato, perché c'è una buona notizia per l'Italia nella nuova programmazione 2021-2027: nonostante il taglio ai fondi per le politiche di coesione, spiega l'Ance, il nostro Paese manterrà una quota di fondi uguale, se non superiore, rispetto al passato. Il problema è – semmai – difendere queste risorse. E qui c'è la seconda, rilevante, novità, che riguarda le infrastrutture, in particolare di trasporto. La nuova programmazione modifica le quote di finanziamenti tra fondi strutturali e fondi per le reti Ten, dando più soldi a quest'ultimo capitolo. Se prima, per le infrastrutture, l'Italia ha preso 2,5 miliardi circa dal capitolo delle reti Ten e 3 miliardi dai fondi strutturali, ora la nuova proposta della Commissione inverte la proporzione: tre miliardi di circa sulle reti Ten e 2 miliardi di fondi strutturali (sempre a grandi linee, i conti si devono ancora fare). Ma questi due capitoli sono molto diversi: i fondi Ten vengono assegnati attraverso un bando europeo e a un determinato progetto, mentre i fondi strutturali sono preassegnati al Paese, che li gestisce con ampia libertà (anche riassegnadoli in corsa ad altri progetti). Questo, sottolinea l'Ance, vuol dire che i capitoli da “aggredire” sono cambiati, e che serve una nuova strategia Paese. Una prima conseguenza importante, segnala l'Ance, è che, diversamente dal passato, bisognerà pensare a finanziare con i fondi Ten anche molte infrastrutture al Sud, che prima venivano realizzate con i più comodi (e sicuri) fondi strutturali. Occorre affrontare una agguerrita concorrenza europea sui bandi Ten; e poi bisogna essere anche bravi a spendere i soldi che, altrimenti, vengono revocati e riassegnati (sempre con bando). A preoccupare gli imprenditori dell'Ance è che l'Italia, notoriamente brava a conquistare risorse, ha crescenti difficolta a spenderle.
FONDI UE, IL QUADRO EUROPEO 2021-20237

Niente più fondi Ue a termovalorizzatori, materiale rotabile e aeroporti
Una delle novità della nuova programmazione europea è l'attenzione al riciclo, all'allungamento del ciclo di vita di materiali e prodotti, alla riduzione delle emissioni inquinanti e alla produzione di energia da fonti rinnovabili. Tradotti in pratica, questi principi hanno comportato, nel caso delle infrastrutture, l'esclusione dal finanziamento di opere e interventi di cui finora l'Italia ha largamente beneficiato. Per esempio, non si finanziano più aeroporti, perché gli aerei producono grandi quantità di emissioni inquinanti. Non si finanziano più neanche termovalorizzatori e discariche, perché l'Europa non vuole incentivare misure contrarie al riciclo. Non si finanzia più l'acquisto di materiale rotabile per servizi di Tpl che non siano stati messi in gara. E non si finanziano più neanche infrastrutture per la banda larga nelle zone dove già esistono almeno due operatori (con l'obiettivo di dirottare i fondi solo nelle zone dove i business plan sono insostenibili) .
I PRINCIPALI INTERVENTI NON PIÙ FINANZIABILI CON RISORSE UE

La strategia per le città: serve una (vera) agenda urbana strategica
All'intervento sulle città, la nuova programmazione riserva una quota di spesa minima del 6 per cento. Secondo l'Ance, questo significa due cose. La prima è che l'Italia potrà contare su 2-3 miliardi di euro di fondi Fesr; la seconda è che questa opportunità va sfruttata in modo diverso da quanto fatto in passato. Non che finora l'Italia non abbia fatto niente. Il problema è che ha fatto “male”, nel senso che la prima esperienza fatta sulla programmazione 2014-2020 mostra che le regioni si sono mosse in modo autonomo, creativo e senza seguire una strategia nazionale. L'Emilia Romagna, per esempio, ha puntato sugli incubatori culturali, la Lombardia ha pianificato un intervento per gli alloggi sociali nella cintura milanese, la Puglia ha finanziato progetti per tutti i comuni sopra i 5mila abitanti. Il fatto che l'Unione europea abbia rilanciato questa misura – è il messaggio dell'Ance - ci impone di ripartire da queste esperienze “spontanee” per costruire una agenda urbana nazionale con delle priorità che consentano operazioni di riqualificazione urbana come si fanno negli altri paesi. In sintesi, l'Europa concede le risorse ma chiede una strategia che abbia un senso e che sia condivisa.
SPESA 2014-2020 DELLE REGIONI SUGLI ASSI CITTÀ

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