Appalti

Appalti, senza bando l'affidamento diretto non lede la libertà di scelta

La Cassazione: il reato presuppone che l’ente abbia fissato regole comparative; delitto escluso anche in caso di condotte perturbatrici tese a evitare la gara

di Patrizia Maciocchi

Per l'imprenditore che ottiene un appalto in affidamento diretto, anche se grazie ad azioni tese ad evitare la gara, non scatta il reato di turbata libertà nella scelta del contraente, se l'ente pubblico non aveva fissato regole o criteri selettivi per individuare il migliore tra vari competitor. La Corte di cassazione, con la sentenza 5536, sgombra il campo dalla possibilità di considerare l'affidamento diretto penalmente rilevante (articolo 533-bis del Codice penale) quando questo è il risultato di una trattativa privata, svolta nell'ambito di un procedimento amministrativo che non prevede alcuna "gara", anche se informale, né un criterio comparativo tra diversi concorrenti. La Suprema corte prende così le distanze da una lettura estensiva dell'articolo 353-bis, fornita da un orientamento giurisprudenziale che aveva aperto alla possibilità di affermare il reato in questione, in caso di affidamento diretto, anche quando non c'è un bando di gara né, come recita la norma un «altro atto equipollente».

Ed è proprio quest'ultima locuzione che ha offerto il margine per affermare la tesi disattesa, secondo la quale per «altro atto equipollente» si dovrebbe intendere «ogni atto che abbia l'effetto di avviare la procedura di scelta del contraente». Nelle precedenti decisioni - considerate superate dalla Suprema corte - il reato poteva configurarsi, dunque, ogni volta che l'affidamento diretto venisse e utilizzato in modo distorto per scongiurare la gara. Secondo questa lettura l'articolo 353-bis avrebbe lo scopo di anticipare la tutela penale, superando il "paletto" dell'indizione formale e prevenendo il rischio di bandi tarati sulle caratteristiche di determinati operatori. Sarebbe così assicurata una tutela ad ampio spettro del principio della libera concorrenza anche quando - tuttavia - può non esistere un confronto tra offerte concorrenti. Una tesi, avverte la Cassazione, che entra in rotta di collisione con il divieto di applicazione in malam partem.

Ad essere bocciata è la ricostruzione che, valorizzando la stessa ratio, finisce per considerare penalmente significative condotte che superano il chiaro e univoco tenore letterale della norma incriminatrice. Viene poi leso anche il principio di legalità, con l'introduzione di un nuovo elemento strutturale: l'inquinamento teso a evitare la gara, invece che volto a condizionarla. Per la Cassazione però non può esserci il reato, previsto dall'articolo 353-bis, se l'affidamento diretto è il risultato di una scelta amministrativa fatta al di fuori di interlocuzioni assimilabili a una forma di competizione, con regole prefissate, tra vari aspiranti al contratto. In tali circostanze, va infatti esclusa a priori, la possibilità che sia stato leso il diritto degli imprenditori a gareggiare in condizioni di parità, e potranno, in caso, essere ipotizzati reato diversi, come ad esempio l'abuso d'ufficio. Partendo da questo principio la Cassazione accoglie il ricorso di due dirigenti pubblici e di un imprenditore, condannati per aver turbato, prospettando anche una falsa urgenza, il procedimento finalizzato alla stipula di un contratto relativo a un sistema di sicurezza, in occasione delle Universiadi del 2013.

Per il professor Vittorio Manes, difensore di uno degli imputati, si tratta di una sentenza importante, che supera un conflitto giurisprudenziale senza passare per le Sezioni unite, ribadisce il valore del significato letterale e riafferma il divieto di analogia in materia penale. «Con questa decisione - dice Manes - si precisano opportunamente i presupposti e soprattutto i limiti di configurabilità del reato di turbata libertà nella scelta del contraente in caso di affidamento diretto. Una rara affermazione dell'interpretazione letterale e del principio di legalità, con tutto il suo rigore, a tutela della certezza del diritto per i cittadini e per le imprese».

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