Fisco e contabilità

Rischio disavanzo per il fondo di garanzia dei debiti commerciali

A febbraio scorso gli enti non in regola hanno dovuto stanziare il fondo nel proprio bilancio

di Alessandro Festa ed Elena Masini

L'esercizio 2021 ha visto l'effettiva entrata in vigore del fondo di garanzia dei debiti commerciali, previsto dai commi 858-872 della legge 145/2018. A febbraio scorso gli enti non in regola hanno dovuto stanziare il fondo nel proprio bilancio da un minimo del 1% a un massimo del 5% degli stanziamenti per acquisto di beni e servizi, al fine di ridurre la capacità di spesa e garantire il rispetto dei tempi di pagamenti, nei tempi previsti dal Dlgs 192/2012.

L'approssimarsi del nuovo bilancio di previsione e la necessità di mettere mano alla nuova manovra obbliga a chiedersi come gli enti interessati debbano gestire questo fondo. Per effetto delle modifiche apportate al comma 862 a opera dell'articolo 2 comma 4-quater del Dl 183/2020 il Fondo di garanzia «a fine esercizio confluisce nella quota accantonata del risultato di amministrazione» per rimanervi, in base al comma 863, fino al venire meno delle cause che ne hanno obbligato il calcolo (tempi di pagamento e stock di debito scaduto).

Benché non vi sia alcuna modifica agli schemi di bilancio per il 2022-2024, che in forza di quanto previsto dal XIV° decreto correttivo (Dm 12 ottobre 2021) decorreranno solamente a partire dal 2023 (con specifica evidenziazione tra gli accantonamenti del Fondo di garanzia dei debiti commerciali), gli enti si troveranno costretti, nella quantificazione del risultato presunto di amministrazione 2021, a dare seguito alle disposizioni normative citate iscrivendo tra gli altri accantonamenti anche questo fondo. A meno che non dimostrino che l'andamento della gestione 2021 è in grado di ripristinare una situazione di virtuosità tale per cui al 31 dicembre sarà ridotto lo stock del debito del 10% rispetto all'anno precedente (o comunque l'ammontare dei debiti scaduti e non pagati non supera il 5% delle fatture ricevute nell'anno) e l'indicatore di ritardo non assumerà valori positivi.

Tale accantonamento potrebbe, ulteriormente, peggiorare la situazione economica degli enti che sono stati costretti a quantificare il fondo di garanzia dei debiti commerciali. Da un lato è certamente condivisibile supporre che le amministrazioni, soprattutto in momenti come quello attuale, siano – anche eticamente – tenute ad onorare i debiti con i propri fornitori entro 30 giorni dal ricevimento delle fattura, dall'altro va anche tenuto presente che gli enti che non hanno rispettato la scadenza media o non hanno ridotto il proprio stock di debito, sono anche quelli che verosimilmente si trovano costretti a gestire, non senza difficoltà, frequenti tensioni di liquidità e, verosimilmente, anche una o più tipologie di disavanzo di amministrazione.

Non è da escludere, quindi, che per una determinata platea di enti tale obbligo renderà manifesto un nuovo maggior disavanzo, derivante dall'accantonamento del fondo di garanzia che, allo stato attuale, non gode di alcuna norma specifica di ripiano e che, quindi, dovrà essere riassorbito quale disavanzo ordinario.

Partendo da considerazioni meramente teoriche il maggior disavanzo non dovrebbe rappresentare un rischio concreto: se l'analisi del bilancio di parte corrente è rispettosa degli equilibri sanciti dal comma 821 della legge 145/2018 (ovvero se il saldo tra le entrate correnti accertate detratte le spese correnti e per il rimborso dei mutui e prestiti impegnate, presenta un valore non negativo) non si dovrebbe prospettare un maggior disavanzo. Se però si considerano anche le somme iscritte sulla missione 20, non impegnabili, che confluiranno nella quota accantonata del risultato di amministrazione (rif. O2 del prospetto), tale valore potrebbe diventare negativo, generando un maggior disavanzo derivante dalla gestione competenza, che potrebbe essere generato dall'obbligo di accantonare la quota del fondo garanzia debiti commerciali.

Al verificarsi di tale ipotesi, esplicitata nel prospetto del risultato presunto di amministrazione, scatterebbe l'obbligo di procedere al ripiano del maggior disavanzo presunto in sede di predisposizione del bilancio di previsione. Non godendo di un trattamento specifico, il maggior disavanzo da accantonamento al Fgdc rientra nell'ambito dell'applicazione dell'articolo 188 del Dlgs 267/2000 ovvero il ripiano nelle tre annualità del bilancio di previsione e comunque entro il termine della consiliatura. A ciò va anche aggiunta la necessità di iscrivere nella prima annualità del bilancio anche la previsione della quota del Fgdc derivante dal presunto mancato rispetto del miglioramento dei tempi di pagamento e dello stock di debito, che sarà oggetto di costituzione definitiva, anche in esercizio provvisorio o gestione provvisoria, entro il prossimo 28 febbraio.

L'unica consolazione, da questo punto di vista, arriva dal comma 2, lettera b) dell'articolo 9 del decreto Pnrr varato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 27 ottobre, che estende agli esercizi 2022 e 2023 la facoltà di quantificare lo stock di debito scaduto e il tempo medio di ritardo dei pagamenti, facendo riferimento ai dati contabili dell'ente e non ai dati disponibili sul Portale di Certificazione dei Crediti (Pcc).

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