Appalti

Fondi Sud/2. Monti (Italferr): «Da 25 anni è stato smarrito l'obiettivo del riequilibrio della spesa»

di Carmine Fotina

«Non c'è bisogno di ricette magiche. Basterebbe dare continuità ad alcune misure in cantiere, tutte insieme, e per un periodo di diversi anni». Riccardo Monti, ex presidente dell’Agenzia Ice per il commercio estero, ora presidente Italferr, ha dedicato al Mezzogiorno il saggio “Sud, perché no?”.

Qualche anno fa l’Ice varò un piano export per il Sud. La conferma che servono iniziative straordinarie per recuperare i divari con il Centro-Nord?

Si partiva da una dato eclatante. Il Sud che esprime il 24% del Pil ma meno del 10% dell'export. Con quel piano abbiamo coinvolto circa 10mila imprese, consentendo loro di restare agganciate al boom delle esportazioni nazionali. Altre cose sono state fatte dai governi degli ultimi anni, ma va data continuità.

Pensa a politiche territoriali?

Mi riferisco ad esempio alle Zone economiche speciali, che puntando su sburocratizzazione e logistica consentirebbero al Sud di partecipare meglio alle catene globali del valore. Ma anche alla decontribuzione totale per i neo assunti e ai finanziamenti agevolati di “Resto al Sud”, iniziative positive da portare avanti nel tempo.

Oggi è alla presidenza di Italferr. Non crede che la spesa per infrastrutture abbia penalizzato il Mezzogiorno negli ultimi decenni?

È evidente che da 25 anni almeno è stato smarrito il principio dell’equilibrio della spesa in base alla popolazione di riferimento. Mi auguro che il decreto sul 34% di investimenti al Sud, ancora non attuato, venga portato al traguardo. Non sono più concessi indugi, perché anche il tema delle infrastrutture concorre a quello che per me è il grande paradosso del Mezzogiorno.

Che cosa intende?

Voglio dire che non c'è forse tema più approfondito e dibattuto del ritardo del Mezzogiorno. Ma tutto questo non è bastato a farne una priorità nazionale anche nei fatti. E di tempo ne resta sempre meno perché sono in atto cambiamenti demografici epocali. L'Istat prevede che nel 2065 il Sud avrà un terzo della popolazione di oggi, una tendenza irreversibile se non costruiamo sul territorio possibilità reali di sviluppo e occupazione.

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