Fisco e contabilità

L’altalena della Tari nelle città ignora la qualità del servizio alle imprese

Tari, l’imposta per la gestione dei rifiuti, svincolata dalla qualità del servizio fornito a commercianti, artigiani e imprenditori. Così può accadere che, per esempio, in un capoluogo (Grosseto) dove c’è un bassissimo livello di raccolta differenziata, un mediocre servizio e una Carta del servizio del tutto inadeguata il tributo lo scorso anno è stato rivisto al ribasso con cali intorno al 9 per cento.
Più o meno come a Pordenone dove la Tari 2017 è molto più leggera e alla qualità del servizio viene attribuito un ottimo mentre la raccolta differenziata supera il 75 per cento.

I dati analizzati
È quanto evidenzia uno studio di Ref Ricerche per Il Sole 24 Ore. Nello studio è stato analizzato l’andamento del tributo per metro quadro in 76 capoluoghi di provincia con oltre 50mila abitanti per quattro tipi di attività: albergo, un supermercato, un parrucchiere per finire con un negozio di ortofrutta. Sono stati inoltre valutati le caratteristiche e la qualità del servizio, la quota percentuale di raccolta differenziata, la completezza della Carta del servizio per finire con l’attenzione alle imprese.
«I dati colpiscono per la forte variabilità della spesa dal Nord al Sud dello Stivale - commenta Donato Berardi, direttore del Laboratorio sui servizi pubblici locali di Ref Ricerche -. Oltre che per l’entità degli aumenti e delle riduzioni nel costo del servizio nell’ultimo anno, colpisce il fatto che la spesa sia sganciata dalla qualità del servizio: contesti a bassa spesa e buona qualità convivono con contesti in cui il costo è elevato e la qualità mediocre».
Lo scorso anno il trend della Tari è stato stabile con tendenza al ribasso ma quasi sempre si tratta di limature generalmente nell’ordine di pochi punti percentuali. Quando invece le amministrazioni decidono di imboccare la strada dei rincari (si veda Il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 26 febbraio) lo fanno con determinazione, facendo scattare aumenti anche a due cifre. È quanto è accaduto nel 2017 a Andria, Cagliari e Chieti, tre capoluoghi dove il tributo ha segnato gli incrementi più forti rispetto l’anno precedente.

La mappa della Tari
Scorrendo la mappa della Tari, la tassa per la gestione dei rifiuti, si scopre che in trenta capoluoghi di provincia con oltre 50mila abitanti è stata ridotta. In altri 18 mantenuta sugli stessi livelli del 2016 mentre nei restanti 27 il tributo è aumentato.
Il costo al metro quadro per un albergo oscilla tra un minimo di 1,89 a un massimo di 12,34 euro, un parrucchiere o un’attività di estetista da 2,5 a 17,2 euro, per un supermercato il range è compreso tra i 4,8 e i 25,7 euro. Per finire con il caso di un fruttivendolo: per lui la Tari parte da un minimo di 8,5 euro a un massimo “stellare” di 99 euro. Questa l’imposta “mostruosa” applicata ad Asti che segna il record nazionale. Ipotizzando un negozietto di 30 metri il prelievo schizza a quasi 3mila euro.
«Le concause sono molte come le regole non chiare su quali sono i costi ammissibili, per cui non si può escludere che le tariffe finanzino anche spese che poco hanno a che fare con il servizio stesso vista l’ampia discrezionalità degli enti locali - rimarca Berardi -. Ci sono inoltre diversi livelli di efficienza delle gestioni con servizi organizzati in modi assai diversi e bacini di utenza disuguali».
Per un albergatore è meglio puntare a città dove la Tari è light come, per esempio, Belluno, Udine e Cuneo e in più nel 2017 la tariffa è calata. Invece sul podio del tributo pesante salgono Cosenza, Napoli e Roma. Tra le grandi città Milano vede un calo di pochi decimi di punto, Torino stabile mentre Bologna, Genova e Firenze hanno costi più che doppi.
C’è un salto di parecchi multipli che separa i parrucchieri ed estetiste del Mezzogiorno, dove il tributo supera i 10 euro al metro quadro, fino ai 17 di Cosenza, da alcuni colleghi del Nord dove non superano i 4 euro. Come si è visto Asti è il capoluogo meno ortolano friendly d’Italia. Tariffe record anche a Venezia, Genova, Napoli, Roma, Brindisi dove si superano i 45 euro al metro quadro mentre in poco più di un terzo delle città osservate non si superano i 20 euro. Per quanto riguarda i supermercati in quasi un capoluogo su due la forchetta del tributo è compresa tra i cinque e i dieci euro e un altro 10% supera la soglia dei 20 euro al metro quadro.
«La Legge di bilancio 2018 ha assegnato all’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera), i compiti di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti urbani, nell’auspicio di assicurare condizioni di economicità ed efficienza delle gestioni, qualità del servizio agli utenti finali e lo sviluppo industriale delle gestioni - conclude Berardi -. Dovrà occuparsi di linee guida per definire i costi pertinenti del servizio, i contratti di servizio, standard di qualità, promuovere l’efficienza e la salvaguardia del principio “chi inquina paga”. Alle competenze di regolazione economica si affiancano quelle di tutela dei consumatori, con la fissazione di standard minimi di qualità del servizio». Con l’auspicio che il gettito dalla Tari finanzi solo il ciclo dei rifiuti.

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