Amministratori

Non candidabili gli amministratori del Comune sciolto per mafia

In caso contrario verrebbe compromesso, il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione

di Giampaolo Piagnerelli

Non si possono candidare a ricoprire cariche delle amministrazioni comunali, provinciali o regionali, quei soggetti che abbiano avuto in passato collegamenti con ambienti mafiosi (Comune sciolto per mafia). Se così non fosse, verrebbe compromesso, il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. E' quanto chiarisce la Cassazione con l'ordinanza di oggi n. 41736.

L'incandidabilità
Si legge nella decisione che la dichiarazione di incandidabilità degli amministratori che "hanno dato causa allo scioglimento dei consigli comunali e provinciali" prevista dall'articolo 143, comma 11, del Dlgs 267/00, non impone la verifica della commissione di un illecito penale o dell'esistenza dei presupposti per l'applicazione di una misura di prevenzione. Non si tratta, infatti, di una misura sanzionatoria secondo i principi elaborati dalla Corte Edu, ma di una misura interdittiva di carattere preventivo, i cui presupposti di applicazione sono ben individuati e, quindi, prevedibili, disposta all'esito di un procedimento che si svolge nel pieno contraddittorio delle parti (si veda anche la sentenza n. 15038/18). La finalità perseguita dalla norma è di evitare il rischio che quanti abbiano cagionato il grave dissesto dell'amministrazione comunale, rendendo possibili ingerenze al suo interno delle associazioni criminali, possano aspirare a ricoprire cariche identiche o simili a quelle già rivestite e, in tal modo potenzialmente perpetuare l'ingerenza inquinante nella vita delle amministrazioni democratiche locali (sul punto si veda anche la sentenza della Cassazione n. 2749/21).

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