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Rischio di incidente rilevante, guida in dieci tappe per attuare le indicazioni delle Protezione civile

In Gazzetta le nuove linee guida - rivolte a prefetti, regioni, comuni e gestori di aziende - per predisporre i piani di emergenza esterna delle aziende a rischio di incidente rilevante

di Mariagrazia Barletta

È stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 7 febbraio la direttiva del ministro per la Protezione civile che approva le linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna agli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. La direttiva contiene inoltre le istruzioni da seguire per sperimentare i piani e per informare la popolazione sui rischi e le azioni compiere in caso di incidente. Si tratta di documenti, predisposti da un gruppo di lavoro interistituzionale, coordinato dal dipartimento di Protezione civile, che forniscono un supporto operativo alle prefetture, ma che sono indirizzati anche alle regioni e agli enti locali, alle strutture che si occupano di pianificazione e gestione dell'emergenza in ambito industriale e ai gestori degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. La direttiva attua le disposizioni del Dlgs 105 del 2015 con cui è stata recepita la cosiddetta Seveso III (direttiva 2012/18/Ue).

Il Piano di emergenza esterna (Pee), predisposto dal prefetto, d'intesa con le regioni e gli enti locali interessati e sentito il comitato tecnico regionale, serve ad organizzare la risposta di protezione civile e di tutela ambientale per mitigare gli effetti dannosi di un incidente rilevante. Il tutto sulla base degli scenari che individuano le zone a rischio dove presumibilmente si faranno sentire gli effetti dell'eventuale incidente, che può comportare: emissioni, incendi, esplosioni importanti, generando un pericolo grave per la salute umana o per l'ambiente. La direttiva – va precisato – fa salve le disposizioni e le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.

Un documento multidisciplinare condiviso
Un buon piano di emergenza esterna deve innanzitutto essere multidisciplinare e condiviso sin dal principio. Per questo le linee guida prevedono che per l'elaborazione il prefetto istituisca un apposito gruppo di lavoro, un tavolo tecnico che può essere costituito da Vigili del Fuoco, Arpa, Ausl, Forze dell'ordine, Comune, Città metropolitana o Provincia, Protezione civile della Regione, gestore dello stabilimento, rappresentanti delle infrastrutture interessate dagli effetti degli scenari di danno esaminati, soggetti esperti, etc.. Il coinvolgimento è fondamentale anche in vista della sperimentazione del piano, che servirà a testare il livello di conoscenza delle procedure da attivare e le capacità operative di ciascun soggetto che sarà chiamato ad agire. È questo – secondo le linee guida – l'iter giusto, che «agevola, di fronte a un intervento reale, l'efficienza delle azioni di tutti gli enti coinvolti e favorisce il coordinamento delle attività rendendo gli interventi operativi tempestivi ed efficaci».

La redazione: importante individuare gli scenari incidentali
Alla base del piano di emergenza esterna vi è l'acquisizione delle informazioni sullo stabilimento, sulle sostanze presenti o che possono essere detenute, sui possibili rilasci accidentali (come, ad esempio, il rilascio di una sostanza pericolosa a seguito della rottura di una valvola). Operazioni fondamentali per stabilire le caratteristiche dei pericoli a cui potrebbe essere esposta la popolazione e definire gli scenari incidentali che possono interessare una determinata area oltre i confini dello stabilimento. Gli scenari che possono concretizzarsi al verificarsi dell'evento sorgente, come un incendio, un'esplosione o la dispersione di sostanze tossiche o eco-tossiche, devono essere individuati dal Pee insieme alle relative aree di danno e ai possibili effetti. L'individuazione degli scenari che possono determinare effetti pericolosi al di fuori dello stabilimento è fondamentale per circoscrivere le aree a rischio (elevata letalità, lesioni irreversibili e reversibili) e le zone di soccorso e di supporto alle operazioni. Riconoscere gli scenari che possono verificarsi a partire dall'incidente interno allo stabilimento e valutare i possibili effetti sul territorio e sulla popolazione sono azioni imprescindibili per pianificare correttamente la risposta all'emergenza con l‘obiettivo di limitare i danni alle persone e all'ambiente.

Attenzione agli elementi vulnerabili
Il piano di emergenza esterna deve anche tener conto degli elementi territoriali e ambientali vulnerabili, comprese le strutture strategiche e rilevanti, come le scuole, gli ospedali, le grandi vie di comunicazione, presenti nell'area circostante lo stabilimento. Attenzione anche – raccomandano le linee guida – alla presenza di attività produttive che, se coinvolte nello scenario incidentale, potrebbero innescare un effetto domino.

Ruoli e responsabilità chiari e ben definiti
Il piano di emergenza esterna deve definire in modo chiaro i ruoli, le responsabilità e le modalità per l'attivazione dei sistemi di allarme in funzione della possibile evoluzione degli scenari. Il modello organizzativo di intervento si basa sulla centralità del coordinamento del prefetto e tutto deve funzionare affinché le azioni di difesa per la popolazione e la tutela dell'ambiente siano efficaci e tempestive. Dunque, vanno anche individuati quei fattori che condizionano le modalità d'intervento e che, se trascurati, potrebbero ingigantire le criticità, ne sono un esempio la difficile accessibilità dei mezzi di soccorso o la presenza nel luogo dell'incidente di un elevato numero di non addetti ai lavori. «Ciò implica necessariamente un'attività di coordinamento delle operazioni sul luogo dell'incidente fin dai primi momenti dell'intervento, che non può essere improvvisata ad evento in corso, ma che è necessario pianificare in via preventiva, individuando precise figure di responsabilità», viene precisato nelle linee guida.

La strategia generale di intervento prevede quattro passaggi basilari. Innanzitutto, vanno definite le procedure per i vari stati (attenzione, preallarme, allarme-emergenza, cessato allarme) con i relativi flussi di informazione tra le sale operative territoriali e centrali, in modo da assicurare la repentina attivazione delle procedure di intervento. Vanno, inoltre, individuate le figure che operano nei centri di coordinamento. Il piano deve anche indicare le attività prioritarie da eseguire in caso di emergenza, attribuendo precisi compiti alle strutture che intervengono per prime. Infine, è essenziale individuare le modalità di cooperazione tra il prefetto ed il sindaco nella prima assistenza alla popolazione e nella diffusione delle informazioni, anche mediante l'istituzione di un Centro operativo comunale.

Informazione alla popolazione, anche preventiva
Il piano deve riportare tutte le iniziative che servono per fornire alla popolazione informazioni specifiche, che riguardano, in particolare, le caratteristiche dei rischi connessi alle sostanze pericolose e i comportamenti da adottare in caso di incidente. Queste campagne informative devono essere svolte sia in via preventiva sia in fase di emergenza. Ed è compito del Comune effettuare l'informazione preventiva secondo le istruzioni del Pee, divulgando le informazioni di interesse collettivo concordate con il prefetto. «Un'adeguata informazione preventiva rende la popolazione consapevole delle misure di autoprotezione da adottare e dei comportamenti da assumere in caso di evento incidentale», specificano le linee guida. Alle modalità di divulgazione dell'informazione alla popolazione sono dedicate le linee guida ad hoc inserite nella seconda parte della nuova direttiva. Queste sostituiscono quelle emanate con Dpcm del 16 febbraio 2007.

Esercitazioni per verificare la conoscenza del Piano di emergenza
È necessario, inoltre, che siano programmate e realizzate esercitazioni per verificare la conoscenza del Pee ed il livello di consapevolezza della popolazione nei confronti del rischio di incidente rilevante. In particolare, la direttiva appena pubblicata contiene un ampio capitolo dedicato agli indirizzi per la sperimentazione dei piani di emergenza esterna degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante.

Il piano di protezione civile comunale coordinato con il piano di emergenza
Il piano di protezione civile comunale deve tener conto dei dati e delle informazioni contenute nel Pee, quali gli elementi territoriali considerati nella pianificazione dell'emergenza esterna, i dati relativi allo stabilimento, agli scenari incidentali ed al modello organizzativo di intervento. Deve, inoltre, riportare le attività che il sindaco deve effettuare in attuazione del Pee.

Aggiornamento prima dei tre anni
Come previsto dal Dlgs 105 del 2015, il prefetto deve riesaminare periodicamente il Pee, sperimentarlo e, se necessario, aggiornarlo, previa consultazione della popolazione. Ciò va fatto ad intervalli appropriati e, comunque, non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti negli stabilimenti e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidenti rilevanti. «Tale adempimento – avvertono le linee guida - costituisce un preciso obbligo nei confronti dell'Unione europea, l'inottemperanza del quale potrebbe comportare l'apertura di una procedura di infrazione».

Sperimentazione tramite esercitazioni
Oltre ad essere aggiornato, il Pee va anche sperimentato, tramite esercitazioni, almeno ogni tre anni. Per questo il piano dovrebbe includere sia il programma di aggiornamento del documento che quello delle esercitazioni periodiche. La sperimentazione è l'unico mezzo, infatti, capace di assicurare l'efficacia degli interventi pianificati e che permette di verificare il livello di addestramento degli attori, la funzionalità dei sistemi di allerta, e di capire se la popolazione è stata ben informata.

Parola chiave: tempestività
Riguardo le azioni da metter in atto in caso di emergenza, le linee guida raccomandano che siano adottati automatismi che possano ridurre sensibilmente i tempi per l'adozione di misure urgenti a salvaguardia della pubblica e privata incolumità. Il fattore tempo è infatti prioritario e per poter agire tempestivamente in caso di emergenza, è indispensabile che il Pee individui in modo chiaro e dettagliato le attività da eseguire, i sistemi effettivamente disponibili, le responsabilità in capo ai diversi attori e le procedure da attuare, privilegiando una catena di comando "corta" che riduca i tempi.

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