Amministratori

Gestori dei servizi in rete, versamento del canone unico patrimoniale in scadenza il 2 maggio

Entro la stessa data occorrerà versare anche 800 euro (importo rivalutato) per le antenne

di Pasquale Mirto

Entro il 2 maggio occorre versare il canone unico patrimoniale per le occupazioni permanenti del territorio comunale, con cavi e condutture, per la fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la distribuzione ed erogazione di energia elettrica, gas, acqua, calore, servizi di telecomunicazione ed altri servizi in rete.

L'obbligo è scritto nel comma 831 della legge 160/2019 che, in realtà, fa riferimento alla data del 30 aprile che però quest'anno cade di domenica, e quindi il pagamento è automaticamente rinviato, per quanto disposto dall'articolo 7 del Dl 70/2011, al primo giorno lavorativo successivo, ovvero il 2 maggio. Il pagamento, per espressa previsione normativa, deve essere effettuato esclusivamente tramite il sistema pagoPA.

Entro lo stesso termine dovrà essere inviata, con pec, anche l'autodichiarazione relativa al numero di utenze servite, adempimento in realtà non sempre eseguito negli anni passati, ma necessario al fine del controllo del versamento, ad iniziare dal corretto aggiornamento delle tariffe.

La normativa, infatti, prevede due tariffe forfettarie a utenza, pari a 1,5 euro per i Comuni fino a 20mila abitanti, e a 1 euro, per i Comuni oltre 20mila abitanti. La tariffa deve essere rivalutata "annualmente" in base all'indice Istat dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente. Questo vuol dire che quest'anno deve essere rivalutata la tariffa applicata nel 2022, e non la tariffa base prevista in norma. Inoltre, anche l'importo minimo di 800 euro, dovuto nel caso in cui il numero delle utenze determini un importo inferiore a tale cifra, deve essere rivalutato annualmente. L'importo minimo di 800 euro dovrà essere versato anche dai soggetti che hanno in essere occupazioni permanenti con impianti direttamente funzionali all'erogazione dei servizi in rete, senza quindi alcun contratto con l'utenza finale (articolo 5, comma 14-quinquies, del Dl 146/2021).

Se quanto pagare è quasi chiaro, meno lo è l'individuazione dei soggetti interessati. Anche questa materia, infatti, è retta da un coacervo di norme, ed a nulla sono servite le norme di interpretazione autentica, che poi tali non sono, perché spesso sono di vera e propria riscrittura della normativa interpretata.

Le incertezze interpretative riguardano il soggetto tenuto a versare il Cup, se il concessionario della rete o il soggetto che ha i contratti finali con l'utenza.

Il comma 831 è stato subito oggetto di interpretazione autentica dall'articolo 5 del Dl 146/2021, il quale ha "chiarito" che per le occupazioni permanenti di suolo pubblico effettuate nei settori in cui è prevista una separazione tra i soggetti titolari delle infrastrutture ed i soggetti titolari del contratto di vendita del servizio, «non configurandosi alcuna occupazione in via mediata ed alcun utilizzo materiale delle infrastrutture da parte della società di vendita», il canone è dovuto dal soggetto titolare dell'atto di concessione delle infrastrutture, in base però alle utenze attivate dagli operatori che svolgono solo l'attività di vendita all'utenza finale. Norma, che invero, fornisce una lettura difficilmente rinvenibile nel testo interpretato (il comma 831), che considera anche le occupazioni in via mediata. Comunque sia, sulla base del Dl 146/2021, il Cup deve essere corrisposto dal titolare della concessione, ma si pone il problema di cosa accada nell'ipotesi in cui la società di vendita non comunichi il suo numero di utenze: nei fatti, nessuno paga.

Dulcis in fundo, entro il 2 maggio occorrerà versare anche l'obolo di 800 euro (rivalutato) per le antenne previsto dal comma 831-bis della legge 160/2019, e del tavolo tecnico che doveva rivedere la quantificazione del Cup, previsto dall'articolo 13-quinquies del Dl 4/2022, si sono perse le tracce, come era facile immaginare.

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