Appalti

Il bando non quantifica bene i costi di manutenzione? Project financing inattendibile (e da rifare)

Il Consiglio di Stato boccia una gara per l'illuminazione in cui l'ente appaltante non ha messo i concorrenti nella condizione di calcolare il rischio tipico del concessionario

di Roberto Mangani

Nella procedura di project financing se da un lato costituisce elemento fondamentale e ineludibile l'allocazione del rischio in capo all'operatore economico privato che assume la qualifica di concessionario, dall'altro è necessario che la documentazione di gara contenga tutti gli elementi di costo da rappresentare nel piano economico-finanziario (Pef), funzionali alla corretta definizione di tale rischio. Conseguentemente, se i documenti di gara e in particolare il Pef non offrono una corretta rappresentazione degli oneri economici che gravano sull'operatore economico privato, la relativa procedura di gara risulta falsata nei suoi presupposti di funzionamento ed è quindi suscettibile di annullamento.

Si è espresso in questi termini il Consiglio di Stato, Sez. V, 13 aprile 2022, n. 2809, che offre un'interessante lettura della procedura di project financing e in particolare del corretto modo di intendere il rischio che deve gravare sul concessionario privato, collocandolo in una cornice complessiva in cui risulta fondamentale una completa evidenziazione delle attività che lo stesso è chiamato a svolgere con la conseguente loro valorizzazione economica.

Il fatto
Un Comune aveva indetto una procedura di gara per l'affidamento in concessione tramite project financing delle attività di progettazione, ampliamento, efficientamento e riqualificazione tecnologia dell'impianto di illuminazione comunale. Nella documentazione di gara erano riportati i dati economici essenziali dell'operazione. Era previsto l'investimento complessivo a carico del concessionario, l'erogazione di un canone annuale a carico dell'ente concedete e a favore del concessionario e il valore complessivo della concessione. Il bando di gara veniva impugnato davanti al giudice amministrativo da un operatore del settore. Alla base del ricorso era posto il motivo fondamentale secondo cui le condizioni di esecuzione del servizio risultanti dalla documentazione di gara non consentivano la formulazione di un'offerta economicamente sostenibile. Era infatti previsto che il concessionario eseguisse a sue spese i lavori di riqualificazione e ampliamento dell'impianto di illuminazione, nonché l'attività di manutenzione ordinaria e straordinaria per tutta la durata della concessione. Tuttavia, secondo il ricorrente i costi di manutenzione erano stati fortemente sottostimati dall'ente concedente, con la conseguenza che i costi effettivi avrebbero inciso in maniera molto più significativa sull'attività del concessionario, così da rendere non remunerativo il servizio svolto. Il risultato ultimo era che l'errata quantificazione di tali costi rendeva inattendibile il Pef elaborato dall'ente concedente.

Con successivi motivi aggiunti il ricorrente impugnava anche il provvedimento di aggiudicazione nel frattempo intervenuto. Oltre all'illegittimità derivata (dalla ritenuta invalidità del bando di gara), il ricorrente contestava la mancata esclusione dell'offerta aggiudicataria, che sarebbe stata dovuta in relazione al fatto che quest'ultima non aveva previsto l'esecuzione degli interventi di manutenzione periodica.

La pronuncia del Tar
Il Tar Campania respingeva il ricorso sulla base di una serie articolata di motivazioni.La prima si basava sulla considerazione di fatto che alla procedura di gara avevano partecipato tre operatori, nessuno dei quali aveva rilevato l'impossibilità di formulare un'offerta economicamente sostenibile. La seconda si basava sui limiti di intervento del giudice amministrativo, che può solo verificare la complessiva sostenibilità del progetto di fattibilità posto a base di gara, ma non può entrare nelle specifiche scelte dell'ente concedente in merito alla esatta determinazione dei rischio che grava sul concessionario. La terza motivazione era incentrata sulla circostanza che il progetto di fattibilità da mettere a basa di gara nella procedura di project financing si distingue da quello tipico delle gare di appalto in quanto, a differenza di quest'ultimo, non deve essere necessariamente accompagnato da un piano delle manutenzioni. Infine, veniva evidenziato che nella procedura di project financing il progetto di fattibilità posto a base di gara con il relativo Pef contiene una valutazione solo preliminare della fattibilità del servizio da svolgere e delle relative condizioni economiche, mentre è rimessa all'operatore economico privato la compiuta definizione delle modalità di esecuzione del servizio e dell'assunzione del relativo rischio. Contro la decisione del giudice di primo grado il ricorrente originario ha proposto appello davanti al Consiglio di Stato.

La posizione del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha accolto le ragioni dell'appellante, riformando in toto la pronuncia di primo grado. In via preliminare il Consiglio di Stato ricorda che il Comune ha inteso indire una procedura di project financing a iniziativa pubblica, di cui ai commi da 1 a 14 dell'articolo 183. Viene altresì puntualizzato che l'istituto del project financing è finalizzato alla realizzazione di un progetto che presenta due caratteristiche: risponde all'interesse pubblico a realizzare un'infrastruttura o a gestire un servizio ed è idoneo a genere flussi di cassa in grado di coprire i costi operativi.

Nel caso di specie l'istituto è stato utilizzato ai fini dell'affidamento di un contratto di rendimento energetico, in cui l'operatore privato, con la gestione del servizio, assume l'impegno al miglioramento dell'efficienza energetica – attraverso l'ammodernamento e la riqualificazione degli impianti - in cambio di un canone commisurato all'effettivo risparmio energico conseguito. Secondo le puntuali previsioni normative, nell'ambito di tale contratto – come in tutti i contratti di partenariato pubblico-privato – costituisce elemento fondamentale l'allocazione del rischio in capo all'operatore privato, rischio che si declina in termini di rischio di costruzione e rischio di disponibilità nonché, in caso di servizio da rendere a favore di una massa indifferenziata di utenti, rischio di domanda.

L'assunzione del rischio significa in concreto che il recupero degli investimenti e dei costi di gestione sopportati dall'operatore privato per lo svolgimento del servizio non è certo ma dipende dall'effettiva fornitura del servizio o utilizzabilità dell'opera o dai volumi della domanda. A tutto ciò si accompagna un'esplicita previsione secondo cui l'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa rappresenta il presupposto per la corretta allocazione del rischio (articolo 180, comma 6, D.lgs. 50/2016). Previsione che, per quanto meglio si dirà di seguito, assume una valenza centrale nel caso di specie.

La corretta allocazione del rischio
Sulla base del quadro normativo sopra riassunto, il giudice amministrativo focalizza la questione oggetto di esame. Occorre infatti stabilire se il rischio trasferito al concessionario sia sostenibile alla luce dell'assetto complessivo dell'operazione e in particolare delle prestazioni richieste dall'ente concedente al concessionario privato. Su questo aspetto centrale si fonda l'obiezione dell'appellante, secondo cui il bando e l'intera procedura di gara sarebbero illegittimi in quanto nel progetto di fattibilità e nel Pef l'ente concedente non avrebbe considerato i costi della manutenzione straordinaria. Il giudice di primo grado, come visto, non ha accolto questa contestazione. Ciò sulla base dell'argomento fondamentale secondo cui nella procedura di project financing le richieste formulate dall'ente concedente in sede di gara andrebbero intese come esigenze di massima, rispetto alle quali l'operatore privato potrebbe intervenire in sede di offerta proponendo modalità attuative di gestione del servizio anche diverse da quelle prospettate, così da eliminare eventuali profili di non sostenibilità economica del servizio da svolgere.

Questo argomento non è stato tuttavia condiviso dal Consiglio di Stato. Riformando la sentenza di primo grado, il giudice d'appello ha infatti rilevato come nella procedura di project financing l'ente concedente deve dare evidenza nei documenti di gara non solo del trasferimento del rischio in capo al concessionario gestore del servizio, ma anche del quadro completo degli oneri economici che lo stesso deve sopportare per la gestione, e che concorrono a definire gli elementi per la corretta quantificazione di tale rischio.In mancanza della compiuta rappresentazione di tali oneri il Pef elaborato dall'ente concedente e posto a base di gara risulta inattendibile, venendo meno la configurazione dell'equilibrio economico-finanziario dell'operazione che – come sopra detto - rappresenta il presupposto per la corretta allocazione del rischio.

Detto altrimenti, se l'operatore non è messo nelle condizioni di conoscere tutti gli oneri economici che gravano sulla gestione del servizio, non potrà neanche valutare se sia in grado di sopportare il relativo rischio economico. Applicando questi principi al caso di specie ne deriva che il Comune da un lato ha indicato in maniera puntuale tutte le attività da svolgere per la gestione del servizio, definendone anche le modalità operative; dall'altro, non ha quantificato tutti gli oneri economici correlati a tali attività e in particolare ha rappresentato in misura non adeguata i costi di manutenzione. Ne consegue che il Pef, facente parte integrante della documentazione di gara, non è di per sé idoneo ad assicurare l'equilibrio economico- finanziario dell'iniziativa, e non consente quindi una corretta allocazione del rischio; con l'ulteriore effetto che le relative offerte – proprio perché formulate sulla base di questa non corretta allocazione del rischio – devono essere a loro volta considerate inattendibili.

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