Il CommentoAmministratori

Fabbisogni standard, controllo di gestione degli enti locali per spezzare il «circolo vizioso»

di Andrea Ziruolo e Simone Cifolelli

I fabbisogni standard, introdotti con il Dlgs 216/2010, sono indicatori che stimano il fabbisogno finanziario necessario ai Comuni per svolgere le proprie funzioni fondamentali, dal trasporto pubblico ai servizi sociali, dagli asili nido alla polizia locale. Il loro calcolo dipende da oltre 70 variabili individuate e clusterizzate da Sose in 8 aree di spesa, in cui il maggior peso è riservato alla voce "servizi offerti" che incide per poco più del 36%.

La determinazione di questi fabbisogni essendo basata sulla varietà e capacità di spesa, disegna un «circolo vizioso», in particolare per gli enti locali fino a 50.000 abitanti del Centro-Sud Italia, che irrigidisce il divario interno: territori che non spendono, per scarsità di risorse o perché del tutto privi di alcuni servizi, si trovano di fatto intrappolati nel paradosso per cui, offrendo meno servizi e spendendo meno in servizi, registrano fabbisogni standard inferiori e conseguentemente ricevono minori trasferimenti dallo Stato. Ad esempio, la spesa della funzione sociale degli enti locali ha registrato una spesa storica media per abitante dei comuni delle regioni a statuto ordinario nell'anno 2017 pari a 111 euro nel Nord-Est e a 112 euro nel Nord-Ovest e a circa 70 euro pro capite nelle altre aree del Paese.

Il cambio di paradigma registrato nel documento di «Aggiornamento e revisione della metodologia dei fabbisogni standard dei comuni per il 2022" approvato dalla "Commissione tecnica per i fabbisogni standard» e pubblicato da Sose il 30 settembre del 2021, sembra rappresentare un'evidente svolta perequativa, slegando la distribuzione dei fondi per il welfare locale dalla spesa storica e rimuovendo così gli alibi agli enti locali marginali finora caratterizzati da una ridotta capacità di offrire servizi. A essi, inoltre, si aggiunge una maggiore attenzione sugli standard qualitativi dei servizi offerti. In linea con i dettati costituzionali (di cui all'articolo 117, comma 2, lettera m), il legislatore si impegna a garantire Livelli Essenziali di Prestazione (Lep) su tutto il territorio nazionale nell'ambito dei diritti connessi all'istruzione e alla formazione, alla salute, all'assistenza sociale, alla mobilità e al trasporto. In quest'ottica, dal ministero per il Sud si è più volte ribadito quanto i Lep siano una delle priorità strategiche affidate al Pnrr. Tutto ciò, però, potrebbe risultare inefficace se poi, "a valle" della riforma sui Lep, gli enti locali non si dotino di strumenti e metodologie in grado di supportare la gestione.

In questa direzione va il progetto pilota pensato da Sose e avviato nel 2018 in collaborazione con il Comune di Ancona, che prevede la realizzazione di uno strumento di analisi a supporto del controllo di gestione strategico-operativo negli enti locali, attraverso la simulazione di un modello di calcolo della spesa standard che possa orientare le scelte di politica gestionale, operare scelte di convenienza tra alternative (make or buy) e attuare operazioni di benchmarking tra le amministrazioni comunali.

Esperienze di questo tipo dovrebbero essere prese come punto di riferimento soprattutto dagli enti locali al di sotto della soglia dei 50.000 abitanti, per i quali Sose rileva sistematicamente una spesa per abitante inferiore alla media nazionale eal fabbisogno standard registrato. Poiché il primo strumento necessario per il governo della spesa è l'introduzione del controllo di gestione, da non intendersi come solo controllo degli equilibri finanziari, gli enti minori potrebbero gestirlo anche in forma associata come previsto nella legge Delrio (56/2014) e prima ancora già dalla legge 142/1990.

La gestione associata del controllo di gestione da parte degli enti locali di piccole dimensioni, oltre che nel supporto alle scelte di politica gestionale attraverso l'elaborazione di un modello di calcolo della spesa standard, risulterebbe di fondamentale importanza nel perseguimento dei seguenti obiettivi:
• razionalizzazione dei processi amministrativi e di gestione dei servizi al fine di realizzare economie di scala;
• trasparenza e benchmarking su spesa e servizi per migliorare la gestione e soddisfare meglio la domanda locale;
• analisi di scenario sull'andamento della spesa corrente del comparto e supporto decisionale ai singoli Comuni;
• consolidamento di sistemi informativi di raccolta, analisi e diffusione di dati, in grado di assicurare che le risorse economiche a disposizione siano impiegate in modo efficace ed efficiente in coerenza con gli obiettivi prestabiliti;
• reingegnerizzazione dei processi in essere al fine di ottenere miglioramenti durevoli di costo, efficienza e qualità;
• promozione di percorsi di «apprendimento organizzativo» che consentano di rilevare in corso di gestione quando l'ente non sta raggiungendo i propri obiettivi, di identificare le cause di tali disallineamenti e porre in essere azioni correttive;
• evoluzione verso una complessiva politica di programmazione economico-finanziaria e di controllo razionale.

In definitiva, dunque, la riduzione delle disuguaglianze che caratterizzano ampi territori del nostro Paese, non può limitarsi al pieno superamento del criterio della spesa storica nell'attribuzione delle risorse e alla riforma dei Lep. L'avanzamento delle aree marginali dipende dall'introduzione di strumenti di controllo di gestione negli enti locali anche di piccole dimensioni, ai quali finora il controllo e la razionalizzazione delle risorse sono stati preclusi. La gestione in forma associata del controllo di gestione potrebbe rappresentare, in tal senso, una buona prassi da prendere come punto di riferimento nel tentativo di spezzare il «circolo vizioso» nel quale è intrappolata questa Italia diseguale.