Il CommentoPersonale

La nuova Pa e la dirigenza scomparsa negli enti locali

di Raffaella Saporito

Competenze, responsabilità e merito sono le tre parole chiave che il ministro per la Pa Paolo Zangrillo ha proposto nella presentazione in audizione al Senato delle sue linee programmatiche. Non sono certo originali, visto che sono da tempo le tre buzzword del discorso sulla Pa.

D’altra parte, la continuità è una delle premesse del ministro stesso, che dichiara apertamente di muoversi nel solco dell’impianto disegnato nell’ambito del Pnrr dal suo predecessore Renato Brunetta.

Eppure, non mancano elementi di novità piuttosto interessanti. Il fatto stesso di riconoscere che non è sulle riforme che si gioca la partita, ma nella pratica, è una dichiarazione coraggiosa e responsabile: quando si siede in consiglio dei ministri, cambiare una norma è quasi un gioco da ragazzi, mentre cambiare le pratiche è la vera impresa. Dei vari punti toccati su come passare dalla riforma normativa all’accompagnamento del cambiamento tre aspetti meritano particolare attenzione.

Il primo riguarda la diagnosi. «Il nemico è l’assenteismo intellettuale» dice Zangrillo, quando spiega qual è la priorità nel ripensare il funzionamento del pubblico impiego. Non sono i furbetti del cartellino a costituire la vera emergenza del lavoro pubblico, ma quelli che quando entrano in ufficio lasciano testa e cuore altrove. Perché sul posto di lavoro nessuno chiede loro di usarli. E lo sguardo, di fronte a una criticità simile, si posa giustamente sulla sua causa: la dirigenza. Il primo messaggio è chiaro: non ci basta una dirigenza tecnicamente preparatissima, abbiamo bisogno di leader capaci di aiutare le persone a fare bene il loro lavoro. Buoni esempi non mancano, ma da casi isoli è tempo che diventino competenze standard. Su questo aspetto, un contributo può arrivare da una formazione manageriale di qualità insieme al reclutamento di una nuova classe dirigente: in particolare da come verranno implementate le linee guida sulla selezione per assessment.

Il secondo aspetto riguarda la grande eterogeneità dei mondi della Pa, che è fatta di organizzazioni diverse, missioni eterogenee, profili del personale con una grandissima varietà. Il passaggio sugli enti locali e sull'emergenza segretari comunali è un gesto di grande attenzione verso un comparto troppo spesso fanalino di coda, mentre è invece l'infrastruttura su cui corrono larga parte degli investimenti pubblici sul territorio. A fronte di una contrazione del 22% del personale degli enti locali (2008-2020), il personale dirigente si è ridotto del 41%, ovvero di quasi il doppio. Se si guarda alla distribuzione della dirigenza, si osserva che si è assottigliata, fino quasi a sparire, soprattutto nella fascia dei comuni intermedi, quelli tra 20.000 e 60.000 abitanti, dove abita quasi un quarto dei cittadini italiani. In sintesi, il problema degli enti locali non è un generico blocco del turnover, ma la quasi scomparsa della dirigenza.

Ecco che riconoscere il ruolo focale dei segretari comunali – sovente gli unici dirigenti per chilometri – è un modo per ricordarci che l'Italia è anche fatta delle sue aree interne e delle sue comunità.Il terzo aspetto, complementare al secondo, riguarda una riflessione su ruolo e missione del Dipartimento della Funzione Pubblica, struttura complessa e articolata, non solo gravemente sotto-staffata, ma soprattutto – ed è interessante che l'osservazione arrivi persino nelle linee programmatiche – sommersa da un'attività di sportello estenuante e drenante energie e intelligenze che potrebbero essere rivolte altrove: sono oltre 3000, dice il Ministro, i pareri che ogni anno sono richiesti dalla suddetta platea di amministrazioni che si rivolgono a Vidoni per ottenere quelle che sovente non sono che copertine di Linus amministrative. Che sia in corso una revisione di questi processi – inclusi quelli che riguardano l'ispettorato della Funzione Pubblica – è da accogliere con la giusta e curiosa aspettativa.

È un modo per testimoniare che il cambiamento è possibile dando l'esempio. Darsi come obiettivo "fare accadere le cose", per citare testualmente le parole di Zangrillo, significa settare l'asticella in alto, dove deve stare. È un elemento di novità ed è un gioco che non si fa da soli, ma con le amministrazioni. Ed è proprio attorno a questo obiettivo comune che è arrivato il tempo di chiamare a raccolta le migliori intelligenze ed energie di cui la pubblica amministrazione dispone, a partire dalla sua dirigenza.