Urbanistica

Abusivismo edilizio, arriverà l'anagrafe per censire le opere e rafforzare i controlli (e finanziare le demolizioni)

Firmato Dm ma l'attuazione sarà complessa, lunga e affidata al «dialogo» tra sei ministeri, Agenzia Entrate, comuni e regioni

di Massimo Frontera

Contro l'abusivismo edilizio irrompe la "Bdnae", acronimo quasi impronunciabile che sta per Banca dati nazionale abusivismo edilizio. Non è un'arma di contrasto diretto del fenomeno, ma uno strumento che servirà a vederlo e misurarlo, per decidere come contrastarlo, ed eventualmente prevenirlo. Della nascita della "Bdnae" si era avuta notizia poche settimane fa, quando lo schema di decreto - messo a punto dal ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, e di cui il Mims annuncia oggi la firma - è stato calendarizzato per il passaggio in conferenza unificata (il 2 febbraio scorso). Gli enti locali sanno bene, dunque, che l'attendibilità della banca dati - cioè dell'anagrafe degli abusi - dipende in gran parte dalla tempestività, regolarità e accuratezza della sua alimentazione. «Le amministrazioni e gli enti competenti in materia di abusivismo sono tenuti ad alimentare la banca dati, a condividere e trasmettere le informazioni sugli illeciti accertati e sui conseguenti provvedimenti emessi», spiega il ministero.

«Abbiamo avviato un percorso virtuoso per proteggere e tutelare meglio i territori», ha commentato il ministro Giovannini. All'attività di monitoraggio e censimento dovrà corrispondere anche l'attività del contrasto dell'abusivismo stesso, attraverso la demolizione, con fondi a valere su un apposito fondo. Fino a ora il Mims ha assegnato periodicamente, con decreto, dei fondi per demolire le opere. L'ultimo riparto risale al 29 dicembre scorso e ammonta a 2,3 milioni circa per interventi, in parte subodinati a ulteriori verifiche (il decreto è uscito sulla gazzetta del 9 febbraio). La banca dati nazionale sarà alimentata inizialmente con le informazioni sugli immobili e le opere abusive oggetto delle segnalazioni effettuate dai Comuni, ma un contributo determinante dovrebbe arrivare dalle amministrazioni territoriali e centrali. Il Mims spiega infatti che «le successive estensioni (della banca dati, ndr) avverranno con la collaborazione dei ministeri dell'Interno, della Giustizia, della Transizione ecologica, della Cultura, dell'Economia e delle finanze, dell'Agenzia delle Entrate», oltre che delle Regioni.

Il cuore della banca dati sta proprio qui: nella capacità dei vari pezzi dell'amministrazione pubblica di "dialogare" tra loro e condividere informazioni. E proprio per questo l'attuazione non sarà né semplice né rapida. Entro i primi tre mesi di vigenza del decreto la direzione del ministero incaricata dell'attuazione (Edilizia statale), inizierà a "parlare" con gli altri soggetti coinvolti (ministeri Interno, Giustizia, Transizione ecologica, Cultura, Economia, Agenzia delle entrate, Regioni e Comuni) per definire le «procedure organizzative ed operative finalizzate alla condivisione e alla trasmissione dei dati e delle informazioni relativi agli illeciti accertati e ai provvedimenti emessi». Nelle apposite convenzioni tra le Pa si indicherà con precisione il "chi fa cosa, come e quando". La «condivisione delle informazioni» dovrà partire entro un anno dalla firma di queste convenzioni. Per la concreta attuazione tecnica, il decreto firmato da Giovannini indica una decina di passaggi, tra cui la definizione strutturata dell'«insieme dei dati che dovrà comporre tale sistema informativo», l'indicazione degli organi competenti per ciascun territorio (e relativi ambiti ci competenza) e i criteri e le modalità per l'aggiornamento periodico.

La futura anagrafe degli abusi ricorda un'altra banca dati: quella per individuare le varie opere pubbliche incompiute che costellano l'Italia. Una banca dati ad oggi operativa e aggiornata annualmente da vari anni, di cui però non è dato capire l'utilità concreta ai fini del contrasto del fenomeno, visto che l'unico risultato tangibile è l'allungamento di anno in anno delle liste che le regioni compilano puntualmente. E visto anche che negli obiettivi del recovery plan, alimentato dai fondi di Pnrr e Piano complementare, non c'è un capitolo dedicato al completamento delle opere incompiute, o alla demolizione di quelle che non si completeranno mai.

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