Urbanistica

Ferrovie, 55 miliardi oltre il Pnrr per chiudere il piano delle opere

Giovannini anticipa la discussione sul nuovo contratto di programma: «Completiamo la rete dell'Alta velocità al Sud, avanti con transizione ecologica e fondi alle opere commissariate»

di Giorgio Santilli

Mancano 54,5 miliardi per completare il piano Fs già finanziato con 109,2 miliardi da Pnrr, fondo complementare, contratto di programma Rfi e altri fondi Ue e nazionali. Poco più di una decina arrivano già dalla legge di bilancio 2022 (che stanza anche 5,1 miliardi per la manutenzione straordinaria), mentre gli altri arriveranno ancora con fondi Ue e con le prossime leggi di bilancio. Dovranno finanziare quella vasta area grigia di opere rimaste fuori dal Pnrr: dal completamento della rete Av al Sud (a partire dai lotti della Salerno-Reggio Calabria) alle opere commissariate prive di fondi, dal corridoio adriatrico Ancona-Bari che il governo ha fatto inserire fra le nuove priorità Ue ai programmi diffusi di upgrading dell’infrastruttura esistente in porzioni di territori rimaste all’asciutto con il Pnrr. Il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, rifà il quadro di risorse e investimenti ferroviari e gioca a carte scoperte con il Parlamento, inviando l’atteso «Documento strategico della mobilità ferroviaria». È, in sostanza, il piano quinquennale del governo che - in 118 pagine - prepara la strategia del dopo-Pnrr, facendo leva sul nuovo contratto di programma Rfi 2022-2026 in arrivo.

A gennaio saranno le commissioni parlamentari competenti a discutere il documento, e non sarà una discussione facile, perché molte sono le richieste sul tavolo e la temperatura politica è già alta. Basti citare il tema che sempre aleggia del destino del Ponte sullo Stretto e le risoluzioni approvate dalle commissioni parlamentari in occasione della discussione sulle opere da commissariare: oltre a una lunga lista di opere, c’era già la richiesta esplicita di trovare le risorse per le opere commissariate prive di fondi.

Giovannini vuole intavolare subito la discussione e sminare le tensioni, definendo un quadro coerente con la transizione ecologica europea e criteri con cui individuare le opere prioritarie cui assegnare le risorse della legge di bilancio e del nuovo contratto di programma. «Puntiamo - spiega il ministro - a un sistema ferroviario innovativo, sicuro e più sostenibile. L’obiettivo è connettere i territori, soprattutto quelli del Sud e delle aree interne, rispondendo alle esigenze di persone e imprese, riducendo le disuguaglianze tra le aree del Paese e le emissioni climalteranti grazie alla elettrificazione e alle sperimentazioni basate sull’idrogeno». Sullo sfondo ci sono, appunto, i severi obiettivi di sostenibilità al 2030 del pacchetto Fit-to-55 imposti dall’Unione europea e condivisi dal ministro. «Con le risorse a disposizione - continua Giovannini - del Pnrr e della nuova legge di bilancio, possiamo migliorare le reti ferroviarie, di alta velocità e regionali, aumentare le interconnessioni e rinnovare i treni, soprattutto per i pendolari, rafforzare l’intermodalità per le merci. Il successo ottenuto con l’inserimento della direttrice adriatica nelle reti europee Ten-T e l’investimento sull’alta velocità nel Sud sono esempi della nuova visione del Governo per il sistema ferroviario italiano, che verrà realizzata con il nuovo contratto di programma 2022-2026 con Rfi».

Non c’è solo il Parlamento a battere cassa, ci sono le Regioni e i territori. I numeri spiegano quale sia la difficoltà programmatica e politica sottostante a questo documento: gli strumenti e le risorse messi in campo finora definiscono un quadro di investimenti pianificati per 213,5 miliardi. La prima fetta - 109,2 miliardi - è quella delle «opere in corso finanziate», che beneficia della valanga di risorse europee e nazionali per realizzare i piani noti, finire la Torino-Venezia Av, avviare il primo pezzetto della Salerno-Reggio Calabria e la Jonica, avviare le trasversali verso Pescara, completare la Napoli-Bari, finire il terzo valico, il Brennero, la Torino-Lione. Facile sul piano della programmazione e della politica, perché questo piano è passato senza dissensi, ora bisogna correre per realizzare le opere.

La seconda fetta vale 54,5 miliardi e indica i «fabbisogni programmatici». È l’area su cui si concentrerà la discussione politica. Per individuare le opere prioritarie candidate a questa torta che non esiste ancora c’è anche un elenco di 52 opere per cui Rfi sta realizzando gli studi di fattibilità (si veda l’articolo sotto). La terza fetta interessa poco o niente, in questo momento, sono 49,7 milardi che serviranno al «completamento» di questo grande piano: la coda, le opere che resteranno alla fine.

Se il Pnrr ha abbozzato, quindi, la nuova Italia ferroviaria del 2030, il piano strategico che decolla quest’anno sotto l’etichetta di «contratto di programma 2022-2026», dovrà dargli un assetto definitivo, con gli obiettivi europei di riduzioni delle emissioni, quelli di riequilibrio territoriale verso il Sud, quelli di equità sociale.

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