Appalti

Appalti, possibile scostarsi dalle tabelle ministeriali sul costo del lavoro ma dopo attenta verifica del Rup

Confermato l'orientamento giurisprudenziale che vede i valori dnelle tabelle ministeriali come frutto di medie

di Stefano Usai

Il Tar Cagliari, con la sentenza n. 50/2022, torna sulla questione della valutazione della congruità dei costi del lavoro dell'aggiudicataria che si discostano dalle tabelle ministeriali.
Il ricorrente, nel contestare l'aggiudicazione, concentra le proprie censure sulle valutazioni e sulle conclusioni del sub-procedimento di verifica della potenziale anomalia dell'offerta condotto dal Rup. In particolare, appunto, lo scostamento del costo del lavoro prospettato rispetto alle tabelle ministeriali e una denunciata insufficienza degli argomenti a sostegno della credibilità dell'offerta espressi con le giustificazioni. Il giudice è giunto a non condividere le censure dopo attenta verifica delle operazioni compiute dal Rup che ha proposto l'aggiudicazione definitiva ritenendo congrua l'offerta presentata.

L'analisi
In primo luogo, il procedimento di verifica è risultato scevro da approcci irragionevoli o manifestamente arbitrari. Il Rup ha infatti attentamente verificato le ragioni contenute nelle giustificazioni prodotte dal ricorrente, che hanno consentito lo scostamento dai valori medi espressi nelle tabelle ministeriali, ponendo l'attenzione, in particolare su alcuni aspetti:
• affermazione di un tasso di assenteismo aziendale più favorevole, «di 1 ora/anno/dipendente (a fronte delle 9 ore delle Tabelle ministeriali) per assenze per diritto allo studio e per 2 ore per assemblee e permessi sindacali (a fronte delle 10 ore da Tabelle ministeriali)»;
• indicazione di un minor costo effettivo aziendale «per malattia/infortuni/maternità che ha consentito di considerare la quota a carico di INAIL e INPS al 4,0700%».
L'operatore, in questo modo, ha valorizzato «la propria specificità anche con riferimento alle statistiche aziendali per gli anni 2010/2019 e, dall'altro, rispettando i minimi contrattuali del CCNL di riferimento». Da ciò, la sottolineatura espressa nella sentenza per cui gli elementi, delle giustificazioni, prospettati dall'aggiudicataria risultavano tutt'altro che impalpabili e incerti.

Lo scostamento dai valori medi delle tabelle
La riflessione di rilievo, per i Rup, è che anche il giudice isolano conferma l'approdo definitivo, sul tema, della giurisprudenza che configura i valori espressi nelle tabelle ministeriali come frutto di medie. E in questo senso, nella sentenza si legge che «per consolidata giurisprudenza i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali» rappresentano solo «un semplice parametro di valutazione della congruità dell'offerta».
Da ciò derivano due conseguenze: la possibilità di scostamento e la necessità, per ritenere l'offerta anomala, che si ravvisi nel giudizio/valutazione della stazione appaltante una violazione/incongruità macroscopica. Il giudice, in pratica, per annullare l'assegnazione, dovrebbe rilevare una forzatura tale che abbia portato il Rup a ritenere "congruo" ciò che congruo non è. Nella statuizione, in questo senso, si sottolinea che «l'eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità e occorre, perché possa concretamente dubitarsi della congruità dell'offerta, che la manifesta e macroscopica erroneità od irragionevolezza della discordanza renda palese l'inattendibilità complessiva dell'offerta (in termini: Consiglio di Stato, Sezione V, 30 novembre 2020, n. 7554)».
Le tabelle ministeriali, quindi, esprimono «statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, purché lo scostamento non sia eccessivo e vengano salvaguardate le retribuzioni dei lavoratori, così come stabilito in sede di contrattazione collettiva».
La ricorrente, inoltre, ha chiesto l'annullamento dell'aggiudicazione anche per un preteso «vizio di verbalizzazione». Secondo questa doglianza, «La Commissione, infatti, non avrebbe redatto un verbale per ogni singola seduta (come di regola avviene) ma avrebbe accorpato la verbalizzazione di più sedute in ragione della fase di gara cui ogni singola seduta afferisce>. Anche questa censura non viene condivisa considerato che nella verbalizzazione si è incorsi, in realtà, in meri refusi «sui resoconti delle sedute che non inficiano in alcun modo la complessiva ricostruzione dei fatti e dell'iter valutativo della Commissione, derivando da ciò l'infondatezza della censura».

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