Personale

Assistenza familiari disabili, sul trasferimento del dipendente decide l'amministrazione

Il diritto di scelta della sede più vicina al domicilio della persona da assistere non è soggettivo assoluto e illimitato

di Amedeo Di Filippo

Il diritto di scelta della sede più vicina al domicilio della persona con disabilità da assistere non è un diritto soggettivo assoluto e illimitato ma è assoggettato al potere organizzativo dell'amministrazione che, in base alle proprie esigenze organizzative, può rendere il posto disponibile tramite un provvedimento di copertura del posto vacante. Lo afferma la sezione lavoro della Corte di cassazione con l'ordinanza n. 20523/2022.

La richiesta
La Corte d'appello ha confermato la decisione del Tribunale che aveva respinto la domanda di un dipendente pubblico volta a fare accertare il diritto a ottenere, ai sensi dell'articolo 33, comma 5, della legge 104/1992, il trasferimento presso una sede territoriale per poter assistere la madre disabile grave, sul presupposto che la norma non configura un diritto incondizionato del lavoratore, posto che il diritto alla scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere sussiste solo «ove possibile». Inoltre, il posto presso l'amministrazione, oltre a essere vacante, deve essere reso «disponibile» mediante un provvedimento di copertura rispondente alle esigenze e alle necessità organizzative dell'ente. Il dipendente ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, denunciando il fatto che questa ha subordinato il diritto di scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere a un potere discrezionale dell'amministrazione e che il diritto non poteva essere negato in quanto nelle sedi prescelte vi erano posizioni disponibili o vacanti.

Il diritto
Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte sostiene che l'articolo 33, comma 5, della legge 104/1992 non configura un diritto soggettivo assoluto e illimitato, ma assoggettato al potere organizzativo dell'amministrazione che, in base alle proprie esigenze organizzative, potrà rendere il posto «disponibile» tramite un provvedimento di copertura del posto «vacante». In tale senso deve essere interpretato l'inciso «ove possibile», quale necessario bilanciamento degli interessi al trasferimento del dipendente e quello economico-organizzativo del datare di lavoro. L'art. 33, comma 5, afferma la Corte, disciplina uno "strumento indiretto di tutela" in favore delle persone con disabilità, attraverso l'agevolazione del familiare lavoratore nella scelta della sede ove svolgere l'attività lavorativa al fine di rendere quest'ultima il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza del soggetto invalido. Ma questo, soggiunge, non è l'unico strumento posto a tutela della solidarietà assistenziale, per cui il diritto di scelta non può ledere le esigenze economiche, produttive od organizzative del datore di lavoro e, soprattutto nei casi di rapporto di lavoro pubblico, non può tradursi in un danno per l'interesse della collettività: "in caso di trasferimento a domanda, l'esigenza familiare è di regola recessiva rispetto a quella di servizio (…), essendo, ad esempio, necessario, per scongiurare un danno per la collettività, garantire la copertura e la continuità del servizio stesso, oltre che la stessa funzionalità della sede a quo, piuttosto che valutare l'impatto sulla sede ad quem".

La vacanza
Il presupposto della «vacanza» esprime per la Cassazione una mera potenzialità, che si concretizza soltanto con la decisione organizzativa della Pa che deve esprimere l'interesse concreto e attuale di procedere alla copertura del posto, rendendo per tal via disponibile la vacanza. In altri termini, la vacanza del posto è condizione necessaria ma non sufficiente, in quanto l'amministrazione resta libera di decidere se coprirla ovvero privilegiare altre soluzioni. Nemmeno è consentito al giudice sindacare la scelta dell'ente di potenziare alcune strutture rispetto ad altre.

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