Amministratori

Responsabilità del Comune se il quartiere è rumoroso

Dalla Corte d’appello di Torino la condanna per il municipio inadempiente

di Luca Bridi

Malamovida e rumori oltre la soglia di tollerabilità continuano a essere un tema di stretta attualità. Coinvolgendo numerose città italiane e intrecciandosi inevitabilmente con la tutela del diritto al riposo in condominio. Argomenti che si ritrovano al centro di una recente pronuncia della Corte d’appello di Torino che, nella sentenza 1198/2022 (depositata il 15 novembre), si è espressa in merito a una controversia che vedeva contrapposti i cittadini e l’amministrazione comunale del capoluogo piemontese.

La vicenda

In un’area della città, un grosso gruppo di residenti aveva citato in giudizio il Comune, accusandolo di aver omesso, ai sensi delle competenze di legge, di inibire la rumorosità del quartiere.

Non solo: contestualmente, infatti, i ricorrenti chiedevano anche un risarcimento dei danni sulla base degli accertamenti dei tecnici, che avevano attestato un superamento dei limiti di rumore consentiti per più anni.

Il verdetto del Tribunale

In primo grado, con la sentenza 1261/2021, il Tribunale di Torino aveva accertato l’illegittimità delle immissioni rumorose oltre la normale tollerabilità ai sensi dell’articolo 844 del Codice civile. E, di conseguenza, confermato la responsabilità del Comune, condannandolo a risarcire ogni residente con una somma giornaliera di 48 euro, sulla base delle indicazioni contenute nelle tabelle compilate dal Tribunale di Milano e relative al risarcimento dei danni.

Rumori da sovraffollamento

Allineandosi alla sentenza di primo grado, la Corte d’appello ha respinto anche i motivi di carenza di legittimazione passiva del Comune e di carenza di giurisdizione del tribunale ordinario. In particolare, i giudici di secondo grado hanno ribadito come il comportamento omissivo lamentato dai residenti fosse provato dal fatto che non erano stati messi in atto tutti gli strumenti idonei a riportare la rumorosità della zona entro i limiti consentiti.

L’eccessivo affollamento, con tutte le ripercussioni negative che ne erano derivate, non era casuale ma dipendeva da una ragione ben precisa: la concentrazione di un numero eccessivo di esercizi commerciali, tra cui 20 individuati come acclarata fonte di rumore. Nient’altro che il risultato di sregolate concessioni di permessi e licenze a opera del Comune che, in sua difesa, aveva evidenziato come ai gestori fosse stato chiesto di fare opera di dissuasione anche all’esterno del locale e nelle vicinanze (dehors compresi), ai sensi del regolamento di polizia. Onere di cui, evidentemente, non si erano fatti carico.

Le omissioni del Comune

Dunque, valutando il quadro generale, sembrava che le misure previste non fossero state prese minimamente in considerazione o fossero state applicate in modo del tutto insufficiente. In riforma della sentenza di primo grado, la Corte d’appello ha ridotto la somma risarcitoria, stabilendo tuttavia un vincolo stringente per il Comune. Qualora, trascorsi sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, non dimostri di aver adottato i provvedimenti necessari a far cessare le immissioni rumorose superiori alla normale tollerabilità e a ristabilire la quiete, rischia di essere condannato alla corresponsione di 10 euro giornalieri per ogni giorno di ritardo.

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