Personale

Brunetta: agli esterni metà dei posti a concorso per i dirigenti di vertice

Nei contratti la nuova area dei funzionari specializzati «Niente assalti alla diligenza»

di Gianni Trovati

«Lo scontro è stato tra chi vuole innovare la dirigenza pubblica e chi invece vuole mantenerla statica e ingessata». In collegamento con il Festival dell’Economia a Trento poche ore prima del consiglio dei ministri, il ministro della Pa Renato Brunetta riassume così le battaglie nella maggioranza che hanno complicato la gestazione del decreto sul reclutamento nella Pa approvato ieri a Palazzo Chigi.

I retroscena raccontano di ripetuti tentativi di assalti ministeriali alla diligenza delle assunzioni da Pnrr, proseguiti anche nel consiglio dei ministri con il pressing di Roberto Cingolani per il rafforzamento del ministero della Transizione ecologica e chiusi dalla clausola che apre il nuovo provvedimento (articolo 1, comma 1) e che impone alle Pa di calcolare i fabbisogni di personale per i progetti e di farseli approvare dal «servizio centrale per il Pnrr» alla Ragioneria generale dello Stato. Ma Brunetta risponde «che non ci sarà nessun assalto alla diligenza»; e che, nella sua ottica, vede vincitrice l’innovazione.

Il decreto intitolato al «rafforzamento della capacità amministrativa delle Pa funzionale all’attuazione del Pnrr» ha del resto una doppia anima. E affianca al meccanismo dei contratti e degli incarichi a termine per il Recovery una serie di interventi più strutturali sull’architettura complessiva della Pubblica amministrazione.

Il primo, rivendicato subito dal ministro per la Pa nel suo intervento a Trento, riguarda l’apertura all’esterno per i dirigenti di prima fascia. Con le regole in vigore finora quelle posizioni di vertice erano aperte solo ai dirigenti pubblici di seconda fascia. Brunetta ha invece voluto ripescare un meccanismo già tentato nel 2009 che apre agli esterni una parte delle posizioni di comando nella Pa. In pratica la platea delle candidature per la dirigenza di prima fascia sarà duplice: il 50% riservato al corso-concorso alla Scuola nazionale dell’amministrazione, rafforzata dal decreto, e il resto diviso fra chi avrà almeno 5 anni di servizio «nell’area o categoria apicale» (30% della quota residua) e gli altri.

In questo modo, chiosa Brunetta, «un bravo professionista potrà aspirare a dirigere un pezzo di settore pubblico». L’apertura riguarda anche le posizioni a tempo, con il raddoppio degli spazi per gli incarichi dirigenziali esterni limitata però alla copertura dei posti vacanti relativi a «compiti strettamente e direttamente funzionali all’attuazione degli interventi del piano». Un limite costruito anche per tranquillizzare i dirigenti di ruolo, che tuttavia con la segretaria generale dell’Unadis Barbara Casagrande si dicono «preoccupati» da questa scelta .

La novità sulla dirigenza di prima fascia va inquadrata nel contesto più ampio rappresentato dalle regole che nel nuovo decreto puntano a ripensare i percorsi di carriera nella Pa. Prima di tutto la gerarchia degli uffici pubblici si apre a una nuova area, quella del personale «di elevata qualificazione», che i contratti nazionali (con l’eccezione della scuola) dovranno affiancare alle tre aree funzionali classiche nel pubblico impiego. Il nuovo livello è pensato per i funzionari tecnici di alto livello che oggi nella Pa mancano, ma che nelle intenzioni del governo dovrebbero tornare anche grazie al reclutamento del Recovery.

Per riaccendere le motivazioni nei dipendenti e l’attrattività del pubblico impiego si prova poi a rilanciare il sistema delle progressioni verticali, le promozioni che fanno salire di livello; per le nuove posizioni ci saranno concorsi con una riserva del 50% a chi si candida dall’esterno e procedure comparative basate sulle valutazioni degli ultimi tre anni, l’assenza di provvedimenti disciplinari, i titoli professionali e di studio e il curriculum degli incarichi già ricoperti. Il superamento del tetto al salario accessorio che ora non può superare i livelli del 2016 è affidato alla contrattazione, ma andrà portato avanti «compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica».

Un altro grande classico del Brunetta ministro per la Pa è la mobilità volontaria fra gli uffici come strumento per superare la sclerosi organizzativa. Il decreto prova a rilanciarla cancellando l’obbligo di assenso da parte dell’amministrazione di provenienza, con le eccezioni rappresentate dalle posizioni «infungibili» (che cioè non si possono sostituire), dai neoassunti nei primi tre anni e dagli uffici che hanno carenze d’organico superiori del 20% rispetto a quelle dell’amministrazione di destinazione.

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