Urbanistica

Superbonus, pagare i lavori con le opzioni di cessione del credito o sconto in fattura

La cessione o lo sconto vanno fatti con grandi cautele e con una verifica di congruità informalmente preventiva all’emissione della fattura

di Giuseppe Latour e Saverio Fossati

È stato il meccanismo che ha permesso a bonus e superbonus di decollare e all’edilizia di riprendere fiato dopo parecchi anni di stagnazione: permettere, in alternativa alla solita detrazione in dieci anni (per il superbonus ridotta a cinque), di trattare l’aliquota agevolata come una banconota fiscale, cedendola a libero mercato a imprese e professionisti che avessero eseguito i lavori ma anche a banche e a terzi in generale.

Con il Dl 34/2020 sul superbonus è stato liberalizzato uno strumento, quello della cessione del credito fiscale (e introdotto lo «sconto in fattura» diretto da parte di imprese o professionisti) dopo una gestazione durata anni. I primi vagiti si erano avvertiti nel 2016, con il tentativo di rilanciare la manutenzione edilizia prevedendo, per i condòmini «incapienti» con reddito lordo annuo inferiore a 8mila euro, che Cassa depositi e prestiti finanziasse gli interessati incassando il 65% dall’Erario. Da allora il meccanismo si è ampliato sempre più, vincendo le resistenze di Ragioneria e Ue, sino alla situazione attuale.

Oggi è la strada preferita per tutti i bonus e la possibilità di fruirne è stata prorogata sino al 2025 per le spese sostenute per interventi agevolati con il superbonus, mentre per quelli “ordinari”, 50% per ristrutturazioni e manutenzioni, 65% per ecobonus, dal 50% all’85% per il sismabonus, per citare i più frequenti, la proroga arriva a fine 2024 (2022 per il bonus facciate al 60% quest’anno).

In pratica, con un accordo tra committente e imprese (o terzi, banche comprese) si può cedere l’importo relativo alla spesa sostenuta. Qualora si opti per lo sconto diretto in fattura, sono solo l’impresa, i professionisti o il general contractor che lo possono riconoscere.

Dato che si tratta (rispettando i limiti di spesa massima) del 110%, quel 10% in più corrisponde al costo medio di un finanziamento per cinque anni al 2 per cento. Il margine di “sconto” è però libero e anche questo spiega perché i prezzi degli interventi si siano gonfiati a dismisura: se un lavoro di superbonus a costo per un lavoro condominiale di 500mila euro viene fatturato a 600mila, il credito che l’impresa disonesta potrà vantare sarà di 660mila e non di 550mila. Proprio per questo è stato introdotto, con il Dl 157/2021, poi “assorbito” nella legge di Bilancio 2022, l’obbligo di asseverazione di congruità delle spese per tutti i bonus (prima del 12 novembre scorso era limitato ai lavori di superecobonus).

La cessione del credito o lo sconto in fattura vanno quindi fatti con grandi cautele e con una verifica di congruità informalmente preventiva all’emissione della fattura.

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