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Discariche di rifiuti, la Consulta boccia la normativa della Regione Lombardia

Le norme nazionali sono le uniche disposizioni che disciplinano la «messa in sicurezza permanente

di Pietro Verna

Le norme del decreto legislativo 13 gennaio 2003 n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/Ce relativa alle discariche di rifiuti» sono le uniche disposizioni che disciplinano la «messa in sicurezza permanente delle discariche», come definita dall' articolo 240, comma 1, lettera o), de codice dell'ambiente («insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente»).

Lo ha stabilito la Consulta con la sentenza n. 50 del 2023 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 12, comma 1, lettera a) della legge della Regione Lombardia n. 9 del 2022. Norma che nel disciplinare la realizzazione degli impianti di contenimento e trattamento dei rifiuti ha sostituito il secondo periodo del comma 12 dell'articolo 21 della legge regionale n. 26 del 2003 (« [La] messa in sicurezza permanente deve essere realizzata in coerenza con gli obiettivi di tutela ambientale, fissati dal decreto legislativo n. 36/2003») con il seguente: «[La] messa in sicurezza permanente deve essere realizzata in coerenza con gli obiettivi di tutela ambientale, fissati dal decreto legislativo n. 36/2003».

La pronuncia della Consulta
La questione di costituzionalità era stata sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri secondo cui la nuova formulazione della norma regionale:
• non avrebbe più assicurato l'applicazione automatica dei criteri e delle modalità previsti dal citato Dlgs n. 36 del 2003, ponendosi così in contrasto con l'articolo 3, comma 1, dello stesso decreto, in forza del quale la relativa disciplina si applica «a tutte le discariche, come definite dall'art. 2 comma 1, lett. g)» ossia alle « aree adibite a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno»;
• avrebbe violato l'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema».

I difensori della Regione Lombardia avevano eccepito che l'intervento normativo avrebbe avuto ad oggetto la «tutela della salute umana», riconducibile alla competenza legislativa concorrente in tale materia, riconosciuta dall'articolo 196, comma 1, lettera h), del codice dell'ambiente, che demanda alle regioni «la redazione di linee guida ed i criteri per la predisposizione e l'approvazione dei progetti di bonifica e di messa in sicurezza». Tesi che non ha colto nel segno. La Consulta ha confermato l' orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui:
• la disciplina dei rifiuti e della bonifica dei siti contaminati va ricondotta alla materia «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» (ex plurimis, sentenze n. 191 del 2022, n. 227 del 2020, n. 289, n. 231, n. 142, n. 129 e n. 28 del 2019, n. 215 e n. 151 del 2018);
• il perseguimento di finalità di tutela ambientale da parte del legislatore regionale è ammesso a condizione che «sia un effetto indiretto e marginale della disciplina adottata dalla Regione nell'esercizio di una propria legittima competenza e comunque non si ponga in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che proteggono l'ambiente» (sentenza n. 431 del 2007);
• la normativa ambientale, che scaturisce dall'esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, costituisce un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato. Sicché « una eventuale diversa disciplina regionale (anche più rigorosa), rischierebbe di sacrificare in maniera eccessiva e sproporzionata gli altri interessi (configgenti) considerati dalla legge statale nel fissare i cosiddetti valori soglia» (sentenza n. 214 del 2008 che ha dichiarato incostituzionale una legge della Regione Emilia- Romagna nella parte in cui prevedeva una disciplina in materia di siti contaminati più rigorosa di quella statale).

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