Fisco e contabilità

Sostegni-bis, più aiuti alle partite Iva. Castelli (Mef): subito il salva-conti dei Comuni

Alle attività escluse per i buchi di fatturato 2019 solo un chip da mille euro

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Le percentuali da considerare per misurare il peso dei nuovi aiuti a fondo perduto in arrivo con il bis del decreto sostegni sono le stesse di aprile. Ma il meccanismo descritto nelle bozze del provvedimento atteso in consiglio dei ministri si arricchiscono di un passaggio aggiuntivo. E soprattutto si arricchisce il valore complessivo degli aiuti, in crescita del 27%. Anche se resta di fatto senza soluzione, almeno per ora, il problema delle tante partite Iva che a causa dei buchi di fatturato del 2019, dovuti ad esempio a una sospensione dell’attività per lavori di ristrutturazione o alla distanza temporale tra l’apertura della partita Iva e l’avvio degli incassi, affollano la categoria degli «esodati dai ristori». Per loro gli emendamenti al primo decreto sostegni introducono un micro-fondo da 20 milioni, che dovrà definire i meccanismi di attuazione e soprattutto essere dotato di risorse aggiuntive se vorrà davvero centrare il bersaglio. Secondo le prime stime circolate in Parlamento nelle riunioni di maggioranza sul tema servirebbero almeno 3-400 milioni. Per ora, gli interessati si dovranno accontentare del chip da mille euro messo a disposizione dal nuovo fondo.

In ogni caso, i nuovi aiuti prospettati dalle bozze mantengono l’impianto dell’edizione di marzo. La platea è rappresentata ancora una volta dalle partite Iva che nel 2019 hanno fatturato fino a 10 milioni, e che nel periodo assunto come riferimento dagli aiuti abbiano registrato un calo di volume d’affari di almeno il 30%. Come a marzo, questi soggetti sono divisi in cinque fasce, con percentuali di aiuto parametrate al calo medio mensile di entrate nel periodo di riferimento e decrescenti all’aumentare del fatturato 2019, dal 60% per le partite Iva fino a 100mila euro fino al 20% fra 5 e 10 milioni.

A cambiare sono i periodi di riferimento, che diventano due. Il primo è la replica esatta di quanto previsto a marzo. Per ragioni di velocità nel riconoscimento del nuovo giro di aiuti, il decreto-bis sui sostegni torna a considerare i cali di fatturato registrati nel 2020 rispetto al 2019. A tagliare i tempi c’è il fatto che gli interessati non avranno bisogno di fare alcuna domanda: chi ha ricevuto, o si è visto riconoscere e sta per ricevere, l’assegno in base al decreto di marzo, otterrà un’altra volta la stessa somma con il «sostegni-bis».

Chiusure e restrizioni anti-pandemia hanno però frenato le attività economiche anche nel 2021, e fin qui sono state ignorate dagli aiuti pubblici. Il secondo movimento previsto per il nuovo decreto punta a rimediare a questa mancanza. E replica gli stessi calcoli del primo, spostando però in avantii di tre mesi il periodo di riferimento. Il calo di fatturato, e quindi la media mensile, non si calcolano più sul raffronto fra 2020 e 2019, ma sul periodo 1° aprile 2020-31 marzo 2021 messo a confronto con i 12 mesi precedenti. Se in questa fascia temporale aggiornata il calo di fatturato è stato più profondo, si avrà diritto all’integrazione. Gli esempi nella tabella a fianco provano a chiarire il quadro. Una partita Iva con meno di 100mila euro di fatturato 2019 ha visto calare il proprio volume d’affari di 40mila euro nel 2020. Ha quindi ottenuto 2mila euro di aiuti con il primo sostegni e altrettanti ne riceverà con il secondo. Aggiornando di tre mesi la base di calcolo la perdita complessiva sale però a 45mila euro, la media mensile del calo passa di conseguenza a 3.750 da 3.333 e l’aiuto totale a cui si ha diritto (60% del calo medio mensile in questa fascia di fatturato) sale da 2mila a 2.250. Facendo domanda, otterrà quindi i 250 euro di differenza. Le cifre in ballo salgono in valore assoluto con il crescere dei fatturati, ma si assottiglia il loro rapporto con le perdite. I nuovi aiuti insomma, danno certamente una mano in più. Ma nonostante il grande sforzo del bilancio pubblico (24 miliardi fra marzo e aprile) non riescono a rimarginare le ferite profonde aperte dal Covid.

Proprio per questa ragione le cifre di fondo nell’impianto del decreto costruito tra Palazzo Chigi e ministero dell’Economia sono ancora al centro delle discussioni nella maggioranza. Ieri è partita all’attacco Forza Italia, con Mariastella Gelmini: «I 14 miliardi per gli aiuti sono una cifra importante ma non basta - ha messo a verbale la ministra degli Affari regionali - chiediamo che due terzi dei fondi del decreto siano completamente destinati alle partite Iva» con l’obiettivo di «aumentare sensibilmente lo stanziamento per il fondo perduto».

Tra i dossier più intricati c’è poi il «salva-bilanci» per i Comuni chiamato ad attutire il colpo arrivato ai conti di oltre 800 enti, da Torino a Lecce, da Gallipoli a Bagheria, che in molti casi rischiano il default dopo che la Consulta ha cancellato le norme sul ripiano in 30 anni dei disavanzi extra prodotti dalla gestione del fondo liquidità. «Dobbiamo definire rapidamente la soluzione», rilancia la viceministra all’Economia Laura Castelli confermando l’intenzione del governo di intervenire subito. La norma «salva-conti», chiesta ieri anche dal presidente dell’Anci Antonio Decaro e dal suo collega dell’Upi Michele de Pascale in una lettera al ministro dell’Economia Franco, potrebbe tradursi in un rifinanziamento del fondo per gli enti in deficit strutturale (NT+ Enti locali & edilizia di ieri); un’altra mossa che impone di rivedere i conti del «sostegni-bis».

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