Appalti

Gare, la stazione appaltante ha l'obbligo di concludere la procedura con un provvedimento espresso

Lo ricorda il Tar Molise: in caso contrario si configura l'ipotesi del silenzio-inadempoimento

di Pietro Verna

La mancata conclusione dell'iter di gara con l'adozione di un provvedimento espresso configura l'ipotesi di silenzio inadempimento impugnabile con ricorso ai sensi degli articoli 31 e 117 del codice del processo amministrativo. Lo ha stabilito il Tar Molise con la sentenza 7 dicembre 2021, n. 420, che ha accolto il ricorso con il quale un'impresa partecipante alla gara indetta dalla Regione per un servizio di pulizia e sanificazione aveva chiesto di accertare l'illegittimità del silenzio serbato dalla stazione appaltante in relazione all'istanza volta a far concludere la procedura di gara con l'adozione di un provvedimento espresso, tenuto conto che la gara era stata indetta nel 2017.

La ricorrente aveva motivato la richiesta di accertamento di silenzio inadempimento evidenziando che la stazione appaltante aveva sospeso la procedura di gara dopo le dimissioni di due membri del seggio di gara e che questa, diffidata a reintegrare la composizione del seggio, aveva comunicato che la procedura sarebbe rimasta sospesa sino alla individuazione, da parte dell'Azienda sanitaria, della rosa di commissari necessaria per procedere alla sostituzione di quelli dimissionari.

La sentenza del Tar Molise
Il Collegio ha ritenuto la comunicazione di rinvio sine die della procedura di gara «un mero atto soprassessorio» adottato in violazione dell' articolo 76, comma 1, del codice dei contratti pubblici («Le stazioni appaltanti, nel rispetto delle specifiche modalità di pubblicazione stabilite dal presente codice, informano tempestivamente ciascun candidato e ciascun offerente delle decisioni adottate riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all'aggiudicazione di un appalto o all'ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione») e dell'articolo 2 della legge n. 241/1990 («Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un'istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso»).

Decisione che conferma l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale:

1) l'azione avverso il silenzio inadempimento è esperibile non solo in presenza di condotte omissive che si protraggano oltre i termini di legge, ma anche in presenza di atti soprassessori, ossia di atti che solo apparentemente configurano una spendita di potere ma che sostanzialmente eludono l'obbligo di provvedere mediante richieste istruttorie inutilmente defatigatorie o provvedimenti che eludono il contenuto dell'istanza del privato o sospendono l'iter procedimentale in casi non previsti dalla legge (Tar Veneto, sentenza 17 gennaio 2014, n. 47 che ha accertato la violazione, da parte della Regione Veneto, dell'obbligo di approvare il Piano regionale dell'attività di cava (Prac) nel termine sancito dalla normativa regionale e che ha ordinato alla Regione di procedere all'approvazione del Prac entro un anno dalla comunicazione della sentenza);
2) l'obbligo di provvedere previsto dall'articolo 2 della legge n. 241 del 1990 sussiste tutte quelle volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni dell'Amministrazione ( cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenze, 22 gennaio 2015, n. 273 e 3 giugno 2010, n. 3487; Tar Lecce, sentenza 14 luglio 2016, n. 1130: «l'atto soprassessorio lede radicalmente le legittime aspettative del cittadino, il quale finisce con il dover registrare un contegno che non è solo ostruzionistico da parte della Pa, ma rasenta talora il limite di un atteggiamento beffardo»).

Motivo per il quale il Tar ha respinto la "giustificazione" dell'inerzia fornita dalla stazione appaltante ( l'indicazione dei commissari di gara sarebbe stata di «stretta competenza dell'Asrem», trattandosi gara di appalto di servizi sanitari). Il Collegio ha richiamato l'articolo 8 del "Regolamento relativo ai criteri di nomina dei componenti delle commissioni giudicatrici interne" approvato dalla Regione Molise. Norma che consente al Direttore della Centrale Unica di Committenza di scegliere i commissari tra i dipendenti di altre pubbliche Amministrazioni, ovvero tra gli appartenenti alle diverse categorie dei professionisti iscritti in albi professionali e/o dei professori universitari di ruolo: «opzioni» che, ad avviso del Tar, «avrebbero potuto supplire, se del caso, sia alla (peraltro indimostrata) carenza di specifiche professionalità in seno all'albo interno alla Regione Molise, sia all'eventuale inerzia nel provvedere delle pubbliche Amministrazioni eventualmente interpellate de residuo».

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