Fisco e contabilità

Controllo pubblico, sufficiente la mera sommatoria dei voti spettanti alle amministrazioni socie

Voti esercitabili in assemblea ordinaria oppure voti o rapporti contrattuali tali da configurare un'influenza dominante

di Corrado Mancini

La definizione di società a controllo pubblico non trova pace e costringe la Corte dei conti a intervenire nuovamente. Lo fa la Sezione Regionale per l'Emilia Romagna con la deliberazione n. 19/2023. Il tema è la qualificazione di società a controllo pubblico qualora sussista la condizione per cui nessuna pubblica amministrazione socia è in grado di esercitare, da sola, una condizione di controllo ma congiuntamente le Pubbliche Amministrazioni dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall'articolo 2359 del codice civile.

Nella propria tesi il comune sostiene che la sola detenzione congiunta della maggioranza del capitale sociale non implica automaticamente l'esercizio congiunto dei poteri di controllo (articolo 2359 del codice civile) previsto espressamente dall'articolo 2, lettera m), del Tusp, non essendo sufficiente la mera sommatoria dei voti spettanti alle amministrazioni socie. La stessa si potrebbe verificare solo in corrispondenza di patti parasociali tra soci pubblici evidenziando come la più recente giurisprudenza amministrativa abbia rilevato che anche ammettendo la possibile esistenza di un «controllo pubblico congiunto» da parte di una pluralità di soci, esso non potrebbe comunque, essere di tipo meramente fattuale («di fatto») o fondato su meri «comportamenti concludenti» ma richiederebbe l'esistenza di apposito patto parasociale scritto che vincolasse i soci nell'esercizio dei rispettivi diritti di voto (Tar Veneto n. 363/2018, Tar Emilia Romagna n. 858/2020). A sostegno della imprescindibilità di un accordo/patto in forma scritta, viene richiamato anche il disposto dell'articolo 9, comma 5, del Dlgs 175/2016, il quale prevede che la conclusione, la modificazione e lo scioglimento di patti parasociali siano espressamente deliberati dall'organo consigliare con l'impossibilità che gli stessi possano sussistere anche solamente per meri comportamenti concludenti.

Al riguardo, però, i magistrati emiliani ricordano che le Sezioni Riunite in sede di controllo con la deliberazione n. 11/2019, si sono pronunciate nel senso che risulta «sufficiente, ai fini dell'integrazione della fattispecie delle "società a controllo pubblico", rilevante quale ambito di applicazione, soggettivo o oggettivo, di alcune disposizioni del d.lgs. n. 175 del 2016, che una o più amministrazioni pubbliche dispongano, in assemblea ordinaria, dei voti previsti dall'art. 2359 del codice civile», e, inoltre, in conformità alla deliberazione n. 29/2019 della Sezione delle Autonomie, «se la sommatoria delle partecipazioni pubbliche è pari a 100, è pacifica la sussistenza del controllo pubblico». E ancora, nel caso di società a totale partecipazione pubblica, il controllo in forma congiunta può desumersi anche sulla base di comportamenti concludenti, «indipendentemente dall'esistenza di norme di legge, statutarie e/o accordi formalizzati» (Sezione Autonomie, n. 22/2019).

In effetti, la partecipazione totalitaria pubblica è ontologicamente idonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di incidere effettivamente sulle decisioni strategiche della società, di realizzare cioè il pieno conseguimento del cosiddetto fine pubblico di impresa (e cioè la soddisfazione di bisogni della collettività di riferimento che costituisce, in definitiva, la ragione per la quale l'amministrazione pubblica decide di intervenire a modo di imprenditore). La totale partecipazione al capitale si riflette, dunque, sul pieno controllo pubblico sia assembleare che amministrativo della società. Donde la piena assoggettabilità di tale tipologia di società ad assetto societario interamente pubblico alla vigente disciplina di cui al Dlgs n. 175 del 2016.

Anche la partecipazione minoritaria di un socio privato non escluderebbe in radice il conseguimento del cosiddetto fine pubblico di impresa in presenza di interessi con quest'ultimo non coincidenti.

Quindi la Sezione ribadisce la sussistenza del controllo pubblico con assoggettabilità alla disciplina del Tusp qualora i soggetti pubblici (cumulativamente considerati) dispongono della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria oppure di voti o rapporti contrattuali tali da configurare un'influenza dominante, a prescindere dalla presenza di forme coordinate di controllo, sempreché non sussista un'influenza dominante del socio privato.

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