Appalti

Lavorare gratis per la Pa si può, il Consiglio di Stato dà l'ok ai bandi senza compenso economico

L'incarico gratuito non viola le norme sull'equo compenso. Ma la scelta dei professionisti deve avvenire sempre sulla base di criteri predeterminati e non discriminatori

di Mauro Salerno

Lavorare gratis per la pubblica amministrazione si può. Il Consiglio di Stato torna con una nuova sentenza sull'annosa questione dei bandi di gara che prevedono l'esecuzione di prestazioni a titolo gratuito, senz'altro compenso che il ritorno di immagine (e naturalmente di rapporti) per il professionista incaricato di svolgere quel particolare ruolo.

La vicenda parte dal ricorso promosso dagli ordini degli avvocati di Roma e di Napoli contro l'avviso pubblico di manifestazione di interesse per il conferimento di incarichi di consulenza a titolo gratuito promosso da un dipartimento del ministero dell'Economia, alla ricerca di consulenti, altamente qualificati, pronti a svolgere incarichi gratis nelle aree legali ed economiche.

Per gli ordini, l'avviso sarebbe stato contrario alle norme sull'equo compenso e al codice dei contratti pubblici, oltre che le norme poste a garanzia della efficienza e del buon andamento dell'azione amministrativa.

Il Consiglio di Stato (con la sentenza n.7442 depositata il 9 novembre) ha bocciato le obiezioni degli avvocati relative alla richiesta di prestazioni gratuite, aprendo di nuovo la strada alle amministrazioni intenzionate ad andare a caccia di professionisti pronti a svolgere attività senza ottenere in cambio un compenso di tipo economico.

Il compenso non deve essere per forza di tipo economico
Le norme sull'equo compenso, hanno spiegato i giudici , non prevedono che debba essere previsto un ritorno di tipo economico per i professionisti, ma «soltanto che, laddove il compenso sia previsto, lo stesso debba necessariamente essere equo, mentre non può ricavarsi dalla disposizione l'ulteriore (e assai diverso corollario) che lo stesso debba essere sempre previsto (a meno di non sostenere, anche in questo caso, che non vi possa essere alcuno spazio per la prestazione di attività gratuite o liberali da parte dei liberi professionisti)». I giudici aggiungono anche che «nell'ordinamento non è rinvenibile alcuna disposizione che vieta, impedisce o altrimenti ostacola l'individuo nella facoltà (essa sì espressione dei diritti di libertà costituzionalmente garantiti) di compiere scelte libere in ordine all'an, al quomodo e al quando di impiegare le proprie energie lavorative (materiali o intellettuali) in assenza di una controprestazione, un corrispettivo o una retribuzione anche latamente intesa».

Ma gli incarichi devono essere affidati in modo imparziale e trasparente
È stata invece accolta la parte del ricorso che sollevava dubbi sulla legittimità delle procedure di formazione dell'elenco a valle dell'avviso di manifestazione di interesse. Da questo punto di vista, i giudici hanno ritenuto il ricorso « fondato nella parte in cui lamenta la violazione delle regole che presiedono all'imparzialità dell'azione amministrativa, sia sotto l'aspetto della formazione dell'elenco da cui attingere per i futuri affidamenti di incarichi, sia in relazione ai criteri da applicare di volta in volta per attribuire specificamente gli incarichi ai professionisti».

«Se è vero (come è vero) - si legge nella sentenza - che nel quadro costituzionale ed eurounitario vigente la prestazione lavorativa a titolo gratuito è lecita e possibile e che il ‘ritorno' per chi la presta può consistere anche in un vantaggio indiretto (arricchimento curriculare, fama, prestigio, pubblicità), la funzione amministrativa, da svolgere nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, non può non incentrare la sua concreta azione sui cardini della prevedibilità, certezza, adeguatezza, conoscibilità, oggettività ed imparzialità dei criteri di formazione dell'elenco al quale attingere e di affidamento degli incarichi». Mentre, l'avviso impugnato, secondo il Consiglio di Stato, è da considerare illegittimo perché non garantisce «criteri, canoni e regole di assoluta imparzialità nella selezione e nella scelta dei professionisti» in quanto «non sono stati testualmente indicati criteri ispirati alla trasparenza e regole oggettive e predeterminate e non disciminatorie».

Con la conseguenza che, nonostante il semaforo verde ai bandi per prestazioni gratuite, l'avviso impugnato alla fine è stato annullato. « L'Amministrazione - si legge in conclusione del provvedimento - in sede di esecuzione della presente sentenza, valuterà se o meno riesercitare il proprio potere e potrà bandire un nuovo invito ad offrire manifestazioni di interesse, nel rispetto dei principi affermati con la presente sentenza».

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