I temi di NT+Rassegna di giurisprudenza

Autorizzazioni ambientali: vizi, adempimenti e obblighi

di Mauro Calabrese

Autorizzazione ambientale - Cogenerazione - Gestione - Discarica di rifiuti - Scrittura privata - Prescrizioni - Manutenzione - Post-gestione

La scrittura privata, stipulata tra il gestore di una discarica e una azienda di produzione di energia, per la per la gestione di un impianto di cogenerazione per lo sfruttamento del biogas prodotto dalla discarica, con ampliamento del medesimo impianto, è ininfluente e irrilevante in merito al contenuto e alla validità dei provvedimenti, atti e diffide relativamente alla gestione e manutenzione dell’impianto stesso, autoritativamente adottati dalla Amministrazione locale competente per territorio, che non sia stata parte della medesima scrittura privata e che, non richiamando le condizioni della convenzione, abbiano fondamento esclusivamente nelle puntuali prescrizioni analiticamente indicate nei provvedimenti di Autorizzazione ambientale alla modifica sostanziale dell’impianto stesso, senza che assuma alcuna rilevanza, ai fini della perdurante efficacia delle prescrizioni imposte, la mera scadenza della convenzione stipulata tra i privati.
Pertanto, a prescindere dal soggetto titolare della discarica, grava unicamente sul gestore dell’impianto di cogenerazione alimentato a biogas la manutenzione dell’impianto stesso, essendo il solo destinatario delle prescrizioni adottate con il provvedimento amministrativo di Autorizzazione ambientale, prescrizioni che non vengono meno per il solo fatto che la discarica, all’interno della quale è situato l’impianto di cogenerazione autorizzato, abbia iniziato la fase di post gestione, considerato che eventuali ipotesi di risoluzione anticipata del contratto stipulato dai privati non sono comunque opponibili all’Amministrazione competente.

Consiglio di Stato, Sezione IV; Sentenza 23 novembre 2021, n. 7832

 

Autorizzazione Unica - Impianti rinnovabili - Integrazione istruttoria - Completamento progettuale - Opere connesse - Punti di connessione - Soluzione di allaccio - Progetto definitivo

Ai sensi dell’articolo 12 del Dlgs. 29 dicembre 2003, n. 387, per la promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, costituiscono oggetto di Autorizzazione Unica non solo la costruzione e l’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, ma anche le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi, senza le quali difetterebbero delle coordinate essenziali di praticabilità ed essendo, per legge, qualificate di pubblica utilità, indifferibili e urgenti.
Pertanto, la definizione del punto di connessione e della soluzione di allaccio alla rete elettrica, prescritte dalla normativa regionale di settore, non costituiscono un illegittimo aggravio del procedimento di autorizzazione, in quanto non rappresentano un elemento estrinseco al progetto, ma una componente sostanziale della soluzione progettuale dell’impianto per cui l’autorizzazione viene richiesta, rappresentando la previsione per cui la domanda debba essere corredata dal progetto definitivo «comprensivo di tutti gli schemi utili alla definizione della connessione dell’impianto alla rete elettrica» un onere già immanente nel sistema, con funzione meramente ricognitiva.

Consiglio di Stato, Sezione II, Sentenza 17 novembre 2021, n. 7680

 

 

Autorizzazione Integrata Ambientale - Prescrizioni - Concentrazione Soglia di Contaminazione (Csc) - Superamento - Funzionari pubblici - Doveri d’ufficio - Obbligo di comunicazione - Enti locali competenti - Poteri di ordinanza - Abuso d’ufficio

Premesso che la disciplina di cui al Dlgs n. 152 del 2006, cd Codice dell’Ambiente, è direttamente applicabile alle discariche di rifiuti, unitamente a quella prevista dal Dlgs n. 36 del 2003, quali provvedimenti legislativi volti alla protezione del bene ambiente dalle conseguenze dannose derivante da siti parzialmente inquinanti, è configurabile il reato di abuso d’ufficio nei confronti del Pubblico Ufficiale responsabile a fronte della violazione e mancata attivazione dell’articolo 244 del Tua, che fa obbligo ai funzionari pubblici di comunicare a Regione, Provincia e Comuni competenti i siti dotati di Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) nei quali sia accertato che i livelli di contaminazione sono ripetutamente superiori ai valori di Concentrazione Soglia di Contaminazione (Csc), al fine di provvedere agli adempimenti previsti dal secondo comma nei confronti del responsabile del superamento.
Invero, il contenuto precettivo dell’articolo 244 del Codice ambientale non ascia margini di discrezionalità al funzionario pubblico, il quale, in presenza di accertate condizioni di superamento dei valori di Csc, è sempre tenuto ad effettuare le comunicazioni previste dal disposto normativo, indipendentemente dalle disposizioni contenute nell’Aia e dalla attività di monitoraggio svolta dal gestore del sito. Scopo della norma è, infatti, quello di consentire l’immediato avvio di indagini finalizzate ad attivare procedure per provvedere ad eventuali interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale, disciplinate dallo stesso Testo Unico Ambientale, che trova pacifica applicazione anche nei confronti dei gestori di discariche di rifiuti.

Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 12 novembre 2021, n. 41159

 

 

Autorizzazione Integrata Ambientale - Prescrizioni - Violazioni - Reati ambientali - Fumus - Misure cautelari - Sequestro preventivo

Accertato il fumus dei reati oggetto di contestazione riguardo alla gestione di una cava oggetto di Autorizzazione Integrata Ambientale, come l’abbandono di rifiuti, la gestione dei rifiuti in violazione delle prescrizioni dell’Aia, nonché il deterioramento di bellezze naturali, con pericolo di infiltrazioni nella cavità carsica sottostante, è legittimo il sequestro preventivo dell’intera area oggetto dell’Autorizzazione finalizzato a scongiurare l’aggravamento dei reati contestati, laddove il Tribunale di merito, senza invadere le competenze proprie dell’Autorità Amministrativa attraverso l’individuazione delle misure idonee o inidonee a contenere il danno ambientale, abbia accertato la probabile fondatezza dei reati contestati a fronte della violazione delle prescrizioni previste dal titolo autorizzatorio alla coltivazione dell’area, come l’obbligo di adottare idonee misure per la riduzione del trascinamento di solidi da parte di acque meteoriche, per la rimozione del materiale di scarto e per la raccolta, oltre che l’obbligo di convogliare l’acqua tramite canalette al fine di evitare infiltrazioni nelle fratture presenti e la dispersione del materiale fine derivante dalla coltivazione.

Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 29 ottobre 2021, n. 39166

 

Autorizzazione ambientale - Emissioni in atmosfera - Impianto - Attività - Stabilimento - Definizioni - Esercizio senza autorizzazione - Strumenti - Reato permanente

Premesso che, ai fini dell’applicazione della normativa sull’Autorizzazione agli impianti e attività che producono emissioni in atmosfera, ai sensi dell’articolo 267 del Dlgs n. 152 del 2006, si intende qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera, anche in maniera diffusa, che possa causare inquinamento atmosferico, per la configurazione del reato di cui all’articolo 279 del Codice ambientale che punisce l’esercizio di uno stabilimento inquinante senza autorizzazione, come nel caso di un’abusiva attività di riparazione e verniciatura di parti di carrozzeria di auto e motocicli, non è necessario che la condotta penalmente rilevante sia svolta con strumenti, come un forno, la pistola ad aria, la cabina di verniciatura, di cui l’imputato sia privo, poiché la sanzione riguarda tanto gli «impianti» quanto le «attività», atteso che la nozione di «stabilimento» considera anche attività di emissione compiute con dispositivi mobili od operazioni manuali e che rilevano pure le emissioni diffuse di composti organici volatili contenuti nei prodotti impiegati.
Pertanto, l’attività di fatto svolta dall’imputato, seppure irregolare anche dal punto di vista amministrativo e fiscale, avrebbe dovuto in ogni caso essere assoggettata ai controlli in relazione alle emissioni in atmosfera, con necessità di richiedere l’autorizzazione di cui all’articolo 269 del Tua, risultando così integrato il reato ascritto, trattandosi di reato permanente, per la cui sussistenza è sufficiente l’esercizio di uno stabilimento che produce emissioni in assenza della prescritta autorizzazione, e di pericolo, essendo sufficiente la sola sottrazione dell’attività al preventivo controllo degli organi di vigilanza, riferibile, quale reato proprio, al «gestore dell'attività» da cui provengono le emissioni, soggetto obbligato a richiedere l’Autorizzazione.

Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 26 ottobre 2021, n. 38182