Personale

Dipendente pubblico con condanna definitiva: il procedimento disciplinare va riaperto

Non è necessario che emergano elementi ulteriori o nuovi durante i vari gradi di giudizio

di Federico Gavioli

Va riaperto il procedimento disciplinare del dipendente pubblico con condanna definitiva e non è necessario che emergano elementi ulteriori o nuovi durante i vari gradi di giudizio; è quanto affermato dalla sentenza della Cassazione n. 37322/2022.

Un dipendente pubblico ha impugnato davanti al Tribunale il provvedimento con il quale l'agenzia delle Entrate gli aveva comminato il licenziamento senza preavviso in seguito alla riapertura del procedimento disciplinare - disposta a seguito della sentenza della Corte di cassazione che aveva dichiarato inammissibile, con conseguente definitività della sentenza gravata, il ricorso proposto dallo stesso contro la sentenza della Corte d'appello che lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi sei di reclusione, per reati legati anche alla concussione.

Il lavoratore nel ricorso ha esposto che, siccome il datore di lavoro , cioè l'agenzia delle Entrate, gli aveva già inflitto la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per tre mesi in seguito alla sentenza del dicembre 2013 del Tribunale, il relativo potere disciplinare si era ormai consumato e non poteva essere riesercitato, salvo violare il principio del ne bis in idem.

La Corte di Appello ha sostanzialmente dato ragione al dipendente pubblico e l'agenzia delle Entrate si è rivolta alla Cassazione.

Il procedimento disciplinare per il dipendente pubblico può essere riaperto

Osservano i giudici di legittimità che, con un unico motivo, l'agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 55-ter del Dlgs 165/2001 nonché delle norme previste dai contratti nazionali.

Per la Cassazione, infatti, la Corte territoriale avrebbe errato nel non tenere conto che il procedimento disciplinare era stato riaperto per effetto dell'articolo 55-ter del Dlgs 165/2001 una volta intervenuta la sentenza irrevocabile di condanna del dipendente, con l'irrogazione del provvedimento di licenziamento, trattandosi di fatti che, alla luce della previsione del contratto di categoria, prevedevano l'adozione di tale sanzione.

In particolare, l'obbligo di riapertura del procedimento disciplinare non sarebbe stato legato, differentemente da quanto opinato dalla Corte d'appello, all'insorgenza, nel processo penale, di fatti nuovi ulteriori o, comunque, diversi da quelli esaminati in sede disciplinare, ma solo all'accertamento, ad opera del giudice penale, con sentenza definitiva, che il fatto addebitabile al dipendente determinasse, in sede disciplinare, la sanzione del licenziamento.

Per la Cassazione la doglianza è fondata. Evidenziano i giudici di legittimità che l'articolo 55-ter del Dlgs 165/2001, introdotto dalla riforma Brunetta (Dlgs 150/2009 ), prevede, quindi, che il procedimento disciplinare prosegua nonostante la pendenza di procedimento penale sui medesimi fatti, salvo che la Pa ritenga di disporre la sospensione nei casi di «particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all'esito dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione».

La Cassazione evidenzia che l'articolo 55-ter del Dlgs 165/2001 , comma 3, seconda parte, dispone che «Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa».

Presupposto della riapertura è, allora, non unicamente la mera circostanza della pronuncia definitiva di condanna in sede penale, ma anche l'avvenuta irrogazione di una sanzione differente dal licenziamento in un'ipotesi nella quale siffatta sanzione era, al contrario, prevista.

In conclusione secondo la Cassazione il ricorso deve essere accolto in esecuzione del principio di diritto secondo cui «La riapertura del procedimento disciplinare ex art. 55 ter, comma 3, seconda parte, del Dlgs. n. 165 del 2001, deve avvenire se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa, non essendo necessario che da detta sentenza emergano anche elementi nuovi, ulteriori o, comunque, diversi rispetto a quelli esaminati in sede disciplinare».

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