Personale

I tamponi non sono assimilabili ai Dpi a carico dell'amministrazione

Solo il medico del lavoro, nell'ambito della sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami

di Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

Può un'amministrazione pubblica, avendo saputo di alcuni casi di positività tra i propri dipendenti e/o loro familiari, procedere a effettuare degli screening tra i dipendenti attraverso la somministrazione di tamponi a proprio carico? I tamponi effettuati possono essere assimilati a dei dispositivi di protezione individuale della salute dei dipendenti (Dpi) e perciò, il relativo costo, sostenuto dall'ente quale datore di lavori?
Queste le domande poste da un ente locale pugliese alla magistratura contabile.

La Corte dei conti Puglia, con deliberazione n. 40/2022/PAR, ha ritenuto inammissibile sotto il profilo oggettivo, in quanto involge aspetti e tematiche riconducibili a diverse discipline e normative (tributarie, lavoristiche, sanitarie, di protezione dei dati) estranee al concetto di contabilità pubblica. Quindi, di fatto, la risposta è che il quesito esula dalla materia di contabilità pubblica restando pertanto sottratto al vaglio della Corte.

Tuttavia, la deliberazione è per alcuni versi interessante perché offre alcuni spunti di riflessioni sull'impiego dei tamponi nei luoghi di lavoro.

Dopo aver fornito un quadro generale della disciplina in materia di «green pass» e «super green pass» dei luoghi di lavoro (pubblici e privati), i magistrati contabili pugliesi rammentato come il Governo sia intervenuto per calmierare i prezzi per l'acquisto di tamponi senza, però, nulla prevedere in merito al soggetto su cui dovesse gravare il costo dei tamponi in ambito lavorativo (lavoratore o datore di lavoro).

A ben vedere questo specifico aspetto è normato dal Dlgs 81/2008. Il riferimento è all'articolo 25 - Obblighi del medico competente - il quale espressamente prevede che il medico competente collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, se necessario, della sorveglianza sanitaria. Lo stesso medico competente programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici.

Il Garante della privacy (con alcuni pareri pubblicati il 14 maggio 2020) ha specificato che, nell'ambito del sistema di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro o di protocolli di sicurezza anti-contagio, il datore di lavoro può richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solo se disposto dal medico competente o da altro professionista sanitario in base alle norme relative all'emergenza epidemiologica.

Solo il medico del lavoro, infatti, nell'ambito della sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici. E sempre il medico competente può suggerire l'adozione di mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus.

Elementi questi che però non consentono di risolvere il rebus formulato dal Comune istante.

La ricostruzione delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (Dlgs 81 del 2008) e in materia dei dispositivi di protezione individuale della salute dei dipendenti evidenzia che in nessuna di esse è previsto che i tamponi siano considerati Dpi.

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