Fisco e contabilità

Pnrr, ai piccoli Comuni assegnati 7,7 miliardi in 39mila interventi

I dati della mappa Ifel-Anci: finanziamento medio da 195.780 euro

di Manuela Perrone e Gianni Trovati

L’albero degli investimenti del Pnrr prova a ramificarsi in tutti i livelli amministrativi senza trascurare i Comuni più piccoli. La conferma arriva dalla rilevazione condotta per il Sole 24 Ore dall’Ifel, l’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci, attraverso la nuova piattaforma Easy lanciata la scorsa settimana.

Fin qui i Comuni risultano destinatari di fondi per 31,67 miliardi di euro, ovviamente la larga maggioranza dei 34,1 assegnati alla platea degli enti locali che comprende anche Città metropolitane, Unioni di Comuni e Comunità montane (poi ci sono le Province, escluse però da questa indagine). Il dato chiave però riguarda i municipi più piccoli, quel 70% di mini-amministrazioni che non raggiungono i 5mila abitanti: a loro sono indirizzati 7,7 miliardi di euro, cioè il 24,3% delle risorse girate ai sindaci.

La cifra è ciclopica se messa in relazione alle dimensioni di questi enti. Ma indica prima di tutto una partecipazione diffusissima, rimarcata dal fatto che l’importo medio pro capite delle assegnazioni non va oltre i 195.780 euro. Questo livello unitario si presenta più o meno in tutta Italia, in un ventaglio che oscilla dai 246.550 euro medi della Campania ai 155.049 euro della Sardegna. Più variegata è l’articolazione per settori, dal momento che le assegnazioni medie nella Missione 4 dedicata a Istruzione e ricerca valgono 931.326 euro mentre quelle della Missione 1 su Digitalizzazione, cultura e turismo si fermano a 58.005.

In ogni caso, questi numeri indicano che ai mini-Comuni sono già arrivate oltre 39mila assegnazioni di risorse, che possono abbracciare un numero anche maggiore di progetti, perché in molti casi una singola assegnazione finanzia un gruppo di interventi omogenei.

Una fotografia del genere può alimentare le critiche già avviate in queste settimane su un eccesso di «parcellizzazione» degli investimenti finanziati con le risorse comunitarie di Next Generation Eu. La sorpresa, tuttavia, appare mal riposta se si pensa per esempio che tra i filoni di intervento nazionale poi coperti ex post in forma sostitutiva dalle risorse del Pnrr c’è il «fondo per le piccole opere», quel meccanismo di finanziamenti centrali a pioggia per i microinvestimenti delle amministrazioni locali. Se un fondo esplicitamente dedicato alle «piccole opere» entra nel Pnrr, è poi complicato che il Piano non sia parcellizzato.

La copertura sostitutiva del Pnrr ha riguardato i 3,5 miliardi stanziati per questo obiettivo (cantieri per strade o riqualificazione di edifici pubblici) dal governo Conte-2 con la manovra per il 2020 (legge 160/2019) e il Dl 104/2020. Un importo del genere, pari a poco meno dell’1,6% del Pnrr, non sembra in grado in realtà di stravolgere l’agenda del Piano. E va detto che non tutti hanno guardato a questa diffusione di risorse come a un problema, perché ad esempio la Corte dei conti nell’ultima relazione semestrale al Parlamento ha giudicato il «livello elevato di partecipazione alle procedure di selezione e al loro esito favorevole» come il segno della «capacità di cogliere la portata del Pnrr» da parte dei sindaci.

Fra gli interventi nazionali finanziati ex post dal Pnrr rientra anche una parte dei nuovi asili nido promessi dal Piano. Il termine per l’aggiudicazione di questi lavori è stato appena prorogato, dal 31 maggio al 30 giugno, dall’articolo 7 dell’ultimo decreto Pa pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale (Dl 51/2023).

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