Urbanistica

Efficienza energetica, sprint per le emissioni più basse delle case entro il 2030

Avanza la direttiva europea Epdb con i nuovi standard minimi degli edifici

La proposta di direttiva europea “Epbd” con le nuove regole sull’efficienza energetica degli immobili doveva approdare il 24 gennaio all’esame della Commissione ambiente dell’Europarlamento, ma è probabile che slitti a inizio febbraio: l’obiettivo è arrivare in marzo al voto finale su un testo che costituisca la posizione negoziale dell’Europarlamento in vista della trattativa con il Consiglio.

Il pacchetto fa parte della politica ambientale “Fit for 55” che punta alla riduzione della Co2 del 55% entro il 2030, rispetto ai dati del 1990. Dal 2030 in poi i nuovi edifici privati devono iniziare a “mettersi in regola” con gli obiettivi ambientali nell’ambito del New Green Deal: che in pratica significa abbattere le emissioni nocive di cui sono responsabili per il 40 per cento. Concretamente significa che «gli edifici dovranno consumare poca energia, essere alimentati per quanto possibile da fonti rinnovabili, e non dovranno emettere in loco emissioni di carbonio da combustibili fossili», ha spiegato Bruxelles illustrando la proposta di direttiva.

Ipotesi ambiziose, rispetto alle quali la presidente Ance, Federica Brancaccio spiega che «questa è la conferma della necessità di una politica industriale strutturata fatta di incentivi nel nostro settore, senza incentivi non si va da nessuna parte». Per Brancaccio, «la direttiva era nell’aria ed è anche più moderata di quello di cui si parlava. Noi non possiamo che essere favorevoli a tutto quello che si occupa delle questioni ambientali: l’efficientamento energetico è per noi uno dei temi più importanti».

C’è, però, da considerare - spiega ancora la presidente Ance - che «l’Italia ha una posizione quasi unica visto che abbiamo un patrimonio residenziale di proprietà molto frazionata e frammentata, non appartenente a grandi società che lo affittano come spesso avviene all’estero. Se a questo aggiungiamo che è anche il patrimonio più vetusto d’Europa con un grande peso dei centri storici, è chiaro che gli obiettivi della direttiva creano problemi».

La proposta di direttiva, allora, richiama per Brancaccio «l’esigenza di lavorare a una proposta strutturata di incentivi per la riqualificazione energetica degli edifici. Da mesi chiediamo una proposta di ampio respiro con obiettivi al 2030 e al 2050. È giunto il momento di sedersi attorno a un tavolo per dare una prospettiva alla politica degli incentivi, senza fermarsi alle micro modifiche sui bonus o sulle cessioni dei crediti».

Tornando alla direttiva, le proposte comunitarie introducono nuovi standard minimi. L’obiettivo è di migliorare l’efficienza energetica, classificata secondo una scala, dalla A (più efficiente) alla G (meno efficiente). A questo proposito il testo della direttiva che nel frattempo è stata assaltata da una miriade di emendamenti, sembrerebbe ora orientata per gli edifici privati a puntare sulla classe E entro il 2030 e non più come originariamente previsto entro il 2033. L’obiettivo è arrivare a zero emissioni nel 2050, con un salto ulteriore alla classe D entro il 2033.

La Commissione non ha ritenuto necessario introdurre sanzioni (come per esempio le limitazioni alle locazioni inizialmente ipotizzate) nel caso di mancato rinnovamento. Secondo gli articoli 9 e 31 della proposta di direttiva, l’eventuale scelta verrà demandata ai governi. In Francia, per esempio, una legge approvata in agosto prevede che per le abitazioni più energivore i proprietari non potranno aumentare gli affitti dal 2022 e affittarle dal 2025.

L’assenza di sanzioni non mette il settore immobiliare al riparo da effetti soprattutto nelle compravendite. Il patrimonio immobiliare italiano è molto vecchio, per il 74,1% realizzato prima dell’entrata in vigore della normativa completa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica. Alla vetustà si associa una bassa efficienza con edifici fortemente energivori.

Il monitoraggio Enea-CTI, relativo agli attestati di prestazione energetica (Ape) emessi nel 2020, evidenzia, infatti, che, in media, ben il 75,4% degli attestati si riferisce a immobili ricadenti nelle classi E, F, G. Quest’ultima, in particolare, incide per oltre un terzo (35,3%). Bassissime le prestazioni nel residenziale: secondo le stime il peso delle categorie più energivore (E, F, G) raggiunge, infatti, il 75 per cento dell’intero parco immobiliare.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©